VERDE,QUETEQUIEROVERDE Gianfranco Bettin La catastrofe ecologica, temuta e annunciata per anni, è probabilmente già avvenuta, come sempre più spesso accadimenti clamorosi o fenomeni striscianti rammentano ormai ai piu. Ma il vero pericolo, come scrive il grande Giinther Anders, "oggi consiste nell'invisibilità del pericolo". L'insidia si nasconde in ogni cosa, anche nelle più miti - pensiamo all'erba contaminata! - e soprattutto permea di sé lo "spirito del tempo", che pare votato alla deriva disastrosa. Mai, come in questi giorni del dopo Cernobyl, ci è parso chiaro che "la nostra bomba è il fiore, ossia la espressione naturale della nostra società contemporanea" e che essa non è la causa potenziale della disintegrazione, "ma la manifestazione necessaria di questo disastro, già attivo nella coscienza" (Elsa Morante, Pro o contro la bomba atomica). E ciò vale non solo per il fuoco nucleare bellico, ma anche, e forse più emblematicamente, per la polluzione quotidiana che riempie il pianeta di rifiuti, di veleni, di sprechi a massima entropia. Cernobyl è il fiore enorme e più letaie della "maledetta primavera BibliotecaGino Bianco re né a far balenare il sole che ride nel cielo plumbeo della politica, per diventare un'alternativa autentica. Questa difficoltà, nel caso italiano, appare moltiplicata da fattori diversi. Innanzitutto vi è la frammentazione del nostro sistema politico, che apre uno spettro di opzioni possibili - dall'estrema destra all'estrema sinistra - tutte intrise ormai dello spirito del catch-aliparty, del "partito-pigliatutto" che tende ad aderire a ogni domanda sociale e a rappresentarla. Ovvio, dunque, che la scel1----------------------l ta "verde", la tutela dell'ambiente, sia di- '86", una stagione che resterà a spartiacque tra due diverse fasi della nostra epoca. li dopo Cernobyl è il tempo in cui l'invisibile di Giinther Anders viene almeno intuito e in cui nessuno può essere più illuso o ingenuo, ma solo complice, oppure ottuso. È anche il tempo dei movimenti verdi, che ne hanno anticipato la venuta e che si candidano a interpretarne i problemi e le tensioni, e a proporre qualche via d'uscita. Questo, almeno negli intenti. Proprio l'esperienza più consolidata e più ricca di sfumature, quella tedesca, ha dimostrato però che, se il richiamo e la suggestione delle idee verdi sono forti, e crescono nel tempo, è altrettanto certo che non basta limitarsi a denunciaventata un ulteriore e importante capitolo del programma di ogni partito. Ma anche ammettendo che la configurazione specialistica, e radicale nel suo genere, dei verdi basti a contenere il "ritorno" verde dei partiti tradizionali, rimangono altri più seri fattori a complicare le cose. li primo, deriva da una diffusa fragilità culturale del movimento, che lo ha condotto anche di recente a discussioni a volte grevi, quasi sempre banalizzando questioni complesse, riducendole a schemini o a slogans contrapposti (è il caso del dibattito su "progresso/conservazione", per esempio, sul quale ha scritto cose notevoli, e poco riprese, Edoarda Masi). A mio parere, a fron-
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