Linea d'ombra - anno IV - n. 17 - dicembre 1986

Camillo Golgi, tali obiettivi sarebbero stati impensabili anche per un genio come lui. Cajal, dopo aver concluso la propria ricerca, nella monumentale opera dedicata al sistema nervoso dei vertebrati, ha anche dimostrato che le cellule nervose, che nella nostra specie ammontano intorno a centomila miliardi, sono unità separate, fra loro comunicanti attraverso collegamenti elementari, detti sinapsi. Il numero di queste ultime è dell'ordine di dieci alla quindicesima. Contemporaneamente alle scoperte di Cajal sulla struttura e l'organizzazione dei centri nervosi e dei circuiti neuronali del sistema nervoso centrale dei vertebrati, sono nate altre due branche delle neuroscienze, che in poco tempo hanno consentito importantissimi sviluppi. Una è la neurofisiologia, che ha sfruttato a fondo la scoperta e l'utilizzazione dell'oscilloscopio, rendendo così possibile la registrazione dei potenziali d'azione delle singole cellule nervose e scoprendo come l'impulso nervoso si trasmette dalla cellula nervosa fino al termine dell'assone. La seconda è la neurofarmacologia, che è andata sviluppandosi fin dagli anni trenta, partendo dalle scoperte relative alla natura chimica dei neurotrasmettitori. In questi ultimi anni, in entrambi i settori si sono conseguiti importantissimi risultati, sui quali in questa sede, per ragioni di spazio, non possiamo dilungarci. Non ci è neppure consentito di soffermarci su un'altra recente apertura nel campo delle neuroscienze, che si avvale delle tecniche della biologia molecolare. Numerosi biologi, biochimici, biofisici, genetisti, immunologi hanno unito le proprie forze a quelle di altri esperti nei tradizionali settori della neuroanatomia, della neurofisiologia, della neurofarmacologia, con entusiasmo e dedizione lodevoli. A malincuore debbo rinunciare a citare i più significativi risultati raggiunti in tutti questi settori per poter dedicare il poco tempo che mi rimane a quella parte delle neuroscienze che si occupa di tematiche di grande interesse non solo per i neuroscienziati, ma anche per gli studiosi di scienze umane, che è poi l'obiettivo del mio intervento. Da quando gli esseri umani sono diventati consapevoli della propria esistenza, il primo problema che hanno dovuto affrontare è stato quello della conoscenza, di come ci si arriva, e di tutto ciò che a essa è legato. Questo problema è stato per lungo tempo il Problema centrale delle neuroscienze. Se anche non siamo in grado, oggi né in un futuro ragionevolmente prevedibile, e forse mai, di risolvere il cosiddetto problema mente/cervello, si registrano comunque dei progressi nei tentativi effettuati in un campo che era una volta considerato off-limits. Riferirò sommariamente i risultati che considero più significativi. Il primo cambiamento di rilievo, rispetto al passato, è la rinuncia ad affrontare il problema nella sua terribile complessità. Non ci poniamo più domande sulla natura della mente, del pensiero, e così via. Il problema è stato disarticolato nelle più semplici componenti, più adeguate a una sperimentazione. L'approccio di maggior successo, che ha consentito di individuare, per così dire, il filo di Arianna, e addentrarsi negli aspetti più profondi e misteriosi della mente, si deve al BibliotecaGino Bianco SCIENZA/LEVIMONTALCINI39 neurofisiologo Stephen Kuffler. Questo grande scienziato, di cui ho l'onore di essere stata anche amica, ha scoperto che l'insieme degli impulsi nelle cellule dei gangli della retina non portano al cervello dati sensoriali grezzi ma una versione organizzata dell'input visivo originario. L'effetto di tale scoperta è stato descritto dal neurobiologo e filosofo Gunther Stent, nell'importante libro Paradossi del progresso. In quanto segue utilizzerò ampiamente la sua prefazione. Kuffler, come sottolinea Stent, ha scoperto che la funzione delle cellule dei gangli della retina non è solo di trasmettere al cervello l'intensità della luce, ma anche di riportare il livello di contrasto luce/oscurità esistente fra due regioni concentriche che circondano ogni cellula retinale. Tale scoperta risale al 1953, ed è stata fatta presso la Johns Hopkins University. In anni successivi, i due illustri allievi David Hubel e Torsten Wiesel, usando la medesima tecnica elettrofiosiologica hanno allargato la ricerca di Kuffler e hanno scoperto in che modo l'informazione, che raggiunge le cellule dei gangli della retina, viene convogliata verso mete superiori, poste fra gli occhi e la corteccia cerebrale occipitale. Hanno scoperto che, proprio come le cellule dei gangli della retina eliminano con una distruzione selettiva alcune delle informazioni captate dai loro campi di ricezione, anche le cellule nervose dei centri visivi superiori, compresa la corteccia occipitale, si comportano allo stesso modo. Perciò, come dice Stent, "ogni fase della trasformazione comporta una distruzione selettiva di informazioni secondo un programma preesistente nel cervello." Questo primo importante passo all'interno del codice sensoriale, compiuto grazie all'indagine sul sistema visivo, ha esercitato una profonda influenza sulla ricerca filosofica, fino a quel momento trascurata. Farò ancora riferimento all'eccellente analisi di Gunther Stent, che ha sottolineato il contributo della neurobiologia nel campo delle scienze umane, in particolare sulla concezione filosofica dell'uomo e del suo universo. Fra i sistemi filosofici in auge in passato, quello che ha forse avuto un maggior seguito è stato il positivismo. Esso, infatti, ha esercitato un grande fascino sugli studiosi del cervello umano fino alla metà del nostro secolo quando cominciò a declinare. Parallelamente, un sistema filosofico alternativo, noto come strutturalismo, ha attratto un sempre maggior numero di filosofi. Vale la pena di ricordare che il principio fondamentale del positivismo, così come lo hanno formulato David Hume e gli enciclopedisti francesi, è che, dal momento che l'esperienza è l'unica fonte di conoscenza, il metodo empirico scientifico è l'unico in grado di rendere intelligibile il mondo. Secondo tale punto di vista la mente, alla nascita, è una tabula rasa sulla quale andrà gradualmente imprimendosi una rappresentazione della realtà, derivante da successive esperienze. Nonostante le sue inadeguatezze, questo sistema filosofico ha aiutato "ad affermare l'esistenza delle scienze umane, insistendo sul fatto che qualsiasi compren-

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