Linea d'ombra - anno IV - n. 17 - dicembre 1986

po identico - nella sua metafora psicofisica - alla debolezza, alla dipendenza, al bisogno d'affetto che ho sempre respinto come modo di stare al mondo. Perché ho sempre avuto paura di chi chiede protezione, di ciò che è piccolo, debole, con occhi grandi, di chi suscita negli altri stucchevoli tenerezze, solleticandone malcelate libidini di potere. Ho sempre diffidato di chi vuole costringere qualcuno ad ingollare anche il più squisito dei cibi, solo perché preparato "con tanto amore", di chi vuole forzare un altro a felicità non richieste. Così aborrivo andare in giro con Alvaro che, seduto sempre storto nel passeggino, pareva non accorgersi del mondo circostante, attratto solo in modo coatto dalla fibbia che lo teneva saldo e con cui armeggiava come con un favoloso e sempre nuovo gioco. Aborrivo che gli si facessero complimenti, con quelle voci estranee e un po' in falsetto, e che mi si chiedesse se era maschio o femmina. Forse mi vergognavo a farmi vedere con lui, sentivo sempre, sotterranea, la tentazione di giustificarlo, di giustificare me per ciò che certamente si intravvedeva a fior d'acqua: a cavalluccio sulle spalle portavo il simulacro del mio disagio, il nemico debole. E se ora vagheggio di allontanarlo ancor più da me, fra mani forse meno amorose di quelle di mia madre, ma certo competenti, Alvaro io non l'ho mai odiato: l'ho temuto. ~ ono le undici di sera e da tre ore ormai tengo la mano E;.il del bambino, cerco di alleviarne l'agitazione cantandogli motivi della mia infanzia, melodie che, dai primi viaggiper l'Italia assieme a Bruno, non avevo più riaccennato. Tu mi incitavi, Bruno, a coprire con la mia voce passionale e un poco enfatica il rumore della macchina, io eseguivo con un eccesso di partecipazione. Erano i primi anni Sessanta e tu l'esperienza trasgressiva. Come sono diventate lunghe, da allora, le nostre serate prima del suo arrivo, Bruno: io leggevo sino a tardi, tu mi venivi ad augurare la buonanotte con occhi ormai intagliati fra le rughe e scomparivi su in mansarda. Oggi ci diamo il cambio attorno a chi ci risospinge a parti già altrove e con altri ottemperate. E tu, Luca, che da Alvaro - tuo tiranno involontario, evocatore di fantasmi - vuoi separarti non solo in uno spazio che pur sempre allamadre ti riporta, ma in un'anonima perpetuità chiusa a ripensamenti, quale dilazione concederai a noi, genitori a scadenza? Pur se all'insidia del sequestro tu togliessi quel senso di imminenza, pur se la proroga fosse vitalizia, quanto ci resterà di vita, e quali forze, e chi dopo di noi con lui? n u mi insegni, Luca, che mai nella vita si smette di paga- li re. Non di pace fra noi, ma di una lunga tregua s'è trattato, dunque. E io credevo di risarcirti in lui per la presenza - non per l'amore - che ti sottrassi nell'adolescenza. Come quando venivo al pomeriggio ad aiutarti a fare i compiti per l'indomani, come quando dissi a papà che la vetrata in corBibliotecaGino Bianco STORIE/CAZZOLA37 ridoio l'avevo rotta io col gomito, così mi illudevo, col prendere il bambino, di alleviare in te le paure più incalzanti. "Puoi contare su di me" ti sono andata ripetendo in questi anni. Ora tu non mi consenti più di dimostrartelo, ma esigi un atto sacrificale estremo e nuovamente "O lui o me" dice ogni tuo gesto. Dei due, lui è il più indifeso e tu il più cosciente della propria debolezza, dell'incapacità di affrontare lutto e malattia coalizzati. Quando eri bambino, con ostinazione ripudiavi i giocattoli rotti, anche i più desiderati ed il tuo amore un po' ossessivo per il criceto si capovolse nel giro di minuti in negazione senza appello: il tempo di averglifatto male in un gioco di carezze e inseguimenti. Chi vorrà oggi il tuo giocattolo rotto se tu lo togli a me e quanto tempo passerà in un'attesa disadorna ad imparare soltanto diffidenza e a non capire ilperché del tradimento di Lella e mio? In questi anni di passaggio le forze non mi mancheranno: come vorrei che tu mi stessi afianco anche soltanto con qualche visita e regaloper Alvaro, con lettere e telefonate; al primo squillo ti racconterei delle sue esplorazioni nel giardino (dove ha scoperto ieri con eccitazione e grida acute una grossa tartaruga), di ogni suo progresso che ti rassicuri. Ma tu mi accusi di volerti riavvolgere così nei legami della dipendenza e dellagratitudine, intromettendomi d'arbitrio nella vita di un adulto, di voler essere, di nuovo, l'unica donna presente - a intervalli d'anni - a ogni tua svolta. E mi rispondi con azioni, gesti, scelte che il mondo del di fuori - ignaro dei nostri linguaggi e sempre bisognoso d'ordine - bolla come ingratitudine. Di che cosa dovresti essermi grato? Di avere fatto violenza a una tua scelta radicale, di averne spuntato la dirompente forza negativa col diluirla in tempi lunghi? Tempi nei quali tu sapevi in che città, in quale via e - secondo le ore - in quale stanza si aggirava l'incolpevole tua fonte d'ansia. Se all'inizio sono intervenuta per te, per darti un po' di requie, ora lo faccio per lui, ma anche per me. Non sono un 'eroina, Luca, così come tu non sei un reprobo; io e il bambino, noi ora ci amiamo; tu lo hai visto come da me non si separa nel prendere il mangiare e il sonno e nello scoprire il mondo circostante. E quando tu vieni a trovarmi, lui ti corre incontro e ti rovescia sul letto ripetendo il vecchio rito e siede a cavalcioni sui tuoi fianchi e batte con gioia le palme delle mani sul tuo petto e grida e tu ridi e metti in salvo gli occhiali e lo alletti con i tuoi baffi e con moine e ammicchi maliziosi.

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