8 APERTURA/TOLSTOJ samente esclamò il fabbro, e intanto scrutava giù giù in fondo allo schieramento. Tesi anch'io lo sguardo laggiù, e avvistai, tra le due file, non so che cosa orrenda, che veniva avvicinandosi in qua. La cosa che veniva così avvicinandosi, era un uomo denudato fino alla cinta, legato ai fucili di due soldati che lo trascinavano. A pari con l'uomo, veniva innanzi un'alta figura d'ufficiale in mantello e berretto, che mi parve di conoscere già. Torcendosi con tutto il corpo, tonfando coi piedi tra la neve sciolta, il punito, sotto i colpi che da un lato e dall'altro gli grandinavano addosso, s'avanzava in qua, ora rovesciandosi all'indietro (e allora i sottufficiali, che lo trascinavano legato ai fucili, gli davano una spinta in avanti), ora cadendo in avanti (e allora i sottufficiali, trattenendolo dalla caduta, gli davano un trattone all'indietro). E intanto, senza mai scostarsi da lui, continuava a venir innanzi, con la solita andatura appena appena dondolante, quell'alto ufficiale. Era il padre di lei, col viso vermiglio e il bianco dei baffi e dei favoriti. Ad ogni colpo, il punito, in una specie di stupore, girava, aggrinzita dal dolore, la faccia verso quel lato, da cui era venuto il colpo: e, digrignando i denti bianchi, ripeteva sempre una frase, sempre la stessa. Soltanto quando mi fu vicinissimo, io distinsi quelle parole. Non diceva, ma singhiozzava: - Fratelli, abbiate pietà. Fratelli, abbiate pietà -. Ma i fratelli non avevano pietà: e quando il gruppo degli avanzanti fu arrivato ormai al mio livello, potei vedere con che risolutezza il soldato che mi stava di fronte uscì d'un passo dalla fila, e facendo fischiare in aria la verga, di tutta forza picchiò sulla schiena del tartaro. li tartaro traboccò in avanti, ma i sottufficiali lo trattennero, e un altro colpo uguale gli piombò addosso dal lato di là, e poi di nuovo di qua, e di nuovo di là ... li colonnello seguiva da presso, e, ora allungando un'occhiata alle punte dei piedi, ora al tartaro, aspirava l'aria ogni tanto, gonfiando le guance e lentamente espirando attraverso le labbra dischiuse a trombetta. Quando il gruppo ebbe oltrepassato il punto dove io mi trovavo, m'apparve in un lampo, tra le due file, la schiena del castigato. Era una cosa talmente chiazzata, umida, rossa, innaturale, da sembrarmi impossibile che quello fosse un corpo umano. - Oh, Signore ... - mormorò il fabbro al mio fianco. Il gruppo incominciò ad allontanarsi. Sempre uguali piombavano da un lato e dall'altro i colpi sull'uomo che incespicava, si rannicchiava tutto; sempre uguali rullavano i tamburi e strideva il flauto; e sempre ugualmente, con passo sicuro, si muoveva quell'alta statuaria figura del colonnello che seguiva il soldato punito. D'improvviso, il colonnello si fermò, e rapidamente s'accostò a uno dei soldati. - Te le do io, le carezze! - mi giunse fin qua la sua voce adirata. - La vuoi smettere, di carezzare? La vuoi smettere? E lo vidi, con la mano robusta nel guanto di daino, schiaffeggiare quello spaurito, gracile, piccolo soldato, perché non aveva con abbastanza forza lasciato cader la sua verga sulla rossa schiena del tartaro. BibliotecaGino Bianco - Rifornite i soldati di verghe fresche! - comandò ad alta voce, voltandosi indietro: e, in quest'atto, mi vide. Facendo mostra di non conoscermi, con cipiglio severo e cattivo, in gran fretta si rigirò di là. lo fui preso da una tale vergogna, che, non sapendo da che parte guardare, come se m'avessero colto in una azione indicibilmente obbrobriosa, chinai gli occhi a terra, e mi affrettai ad andarmene verso casa. Per tutta la strada, dentro alle orecchie, ora mi tempestava il rullo dei tamburi, e mi strideva il flauto; ora riudivo, piena di sicurezza e di collera, la voce del colonnello che gridava: - La vuoi smettere, di carezzare? La vuoi smettere? - E intanto, in cuore, quasi fisica, da arrivare fino alla nausea, mi stava un'angoscia, un'angoscia tale, che più d'una volta mi soffermai, e mi pareva che ecco, da un momento all'altro, avrei dovuto rivomitare tutto quell'orrore ch'era entrato in me a uno spettacolo simile. Mi trascinai, non so come, fino a casa, e mi coricai. Ma avevo appena incominciato ad assopirmi, che riudii, rividi ogni cosa: e balzai su. «Si vede che lui sa qualche cosa, che io non so», pensai, riferendomi al colonnello. Se io avessi saputo ciò che sapeva lui, avrei capito anche quello che avevo visto, e non ne avrei avuto tanto tormento ... Ma, per quanto ci pensassi sopra, non riuscivo a capire quel che il colonnello sapeva; e non potei dormire prima che facesse sera, e solo dopo esser andato da un amico e averci bevuto insieme fino a ubriacarmi. ~ bbene, voi forse crederete che fin d'allora io abbia giu- liil dicato che quanto avevo visto era una cosa mal fatta? Neanche per sogno. Se queste cose venivano eseguite con tanta sicurezza, e tutti le riconoscevano indispensabili, voleva dire che questa gente sapeva qualche cosa, che io non sapevo: così pensavo pur sempre, e facevo di tutto per sapere di che si trattasse. Ma, per quanto facessi, non riuscii mai, neppure in seguito, a saperlo, non son potuto entrare nella carriera militare, come avevo avuto intenzione; e non soltanto in quella militare, ma in nessun 'altra carriera: e insomma, come vedete, non sono stato buono a nulla. - Sì, sì, lo sappiamo, in che modo non siete stato buono a nulla! - esclamò a questo punto uno di noi. - Dite piuttosto: quante persone non avrebbero potuto far nulla, se non fossestato per voi! - Oh, davvero queste non sono che inezie, - con sincero disappunto ribatté Ivàn Vasìljevic. -Be', ma il vostro amore, che ne fu? - gli domandammo. -Il mio amore? Il mio amore, da quel giorno in poi, andò decrescendo. Quando lei, come spesso le accadeva di fare, con un sorriso sul viso, cadeva soprappensiero, immediatamente io mi rivedevo innanzi il colonnello là sullo spiazzo, e m'invadeva un impaccio, un disagio, per cui divenni meno assiduo con lei. E quest'amore, così, finì senz'altro in nulla ...Vedete un po' che razza di fatti si dànno, e che cosa basta a mutare e ad orientare in un senso o nell'altro tutta la vita d'un uomo! Eppoi voi dicevate .. - terminò il suo racconto. (1903; traduzione di Agostino Villa) Per gentile autorizzazione della casa editrice Einaudi.
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