84 RICORDODI MARIAREGIS Grazia Cherchi Quando ho saputo che Maria Regis era morta (il 9 maggio scorso) ho avuto, sia pure per un attimo, un moto di stupore. Eppure sapevo che Maria aveva un cancro al pancreas, già in metastasi. Insieme a Edoarda Masi ero andata a trovarla l'inverno scorso in una clinica torinese: magrissima, quasi scarnificata, cercava di evitare, come sempre, il discorso sulle sue condizioni fisiche; il suo unico desiderio era di tornare al più presto a Milano. Si sentiva sempre più sola e isolata a Ostia, dove era andata ad abitare (per ragioni climatiche su richiesta dei medici) una decina d'anni fa. Avevo sempre pensato Maria indistruttibile: seppure sofferente dalla metà degli anni '60 di una malattia incurabile come la sclerosi a placche, che le bloccava a volte le gambe a volte l'apparato digerente a volte la vista, era stata sempre capace di riprese incredibili, dovute a una straordinaria forza di volontà e a un altrettanto straordinario stoicismo di fronte al dolore. Con la sofferenza - non solo fisica ma anche psichica - Maria aveva un rapporto, cosl mi pareva, quasi ironico. Non bisognava prendersi troppo sul serio, darsi troppa importanza sembrava dire quando tagliava corto e cambiava discorso sui temi della malattia o dei malesseri esistenziali. I suoi giudizi sul piano politico erano spesso drastici e dettati da una sorta di impazienza-insofferenza (e impaziente lo era a volte anche con le persone, quando ad esempio ribadivano un punto di vista già dichiarato: non importa se giusto o sbagliato, era già stato detto!). Dal passato (dagli anni Trenta?) le era rimasto un fondo di diffidenza (a volte ingiusta, spesso eccessiva) verso comportamenti che non le risultavano subito chiari, ed era facile che vi vedesse complotti o misteriose quanto improbabili manovre a livello internazionale. Che donna coraggiosa era Maria! La ricordo nei primi tempi delle sue "Edizioni Oriente" quando era ben lontana l'esplosione del culto per la Cina e c'era ben poco a sinistra del Pci: insieme al marito Giuseppe faceva in due stanze quei "Quaderni" delle Edizioni Oriente (siamo BibliotecaGino Bianco nel '63 a Milano) che sia pure con accenti pesantemente didascalici e propagandistici facevano "passare" qualche verità sulla Cina e sull'Urss che nessun organo di stampa ospitava. Anche allora era sempre pronta a interrompere il lavoro per una battuta, una divagazione su tutt'altro, per poi tornare ad arrabbiarsi su un articolo "revisionista" (cosl si diceva allora) e poi tornare a commentare un bel romanzo che aveva letto la sera prima (era un'appassionata lettrice di narrativa e ogni tanto dava l'impressione di romanzare anche certe fasi della sua vita). E che donna intelligente. Il suo naturale, ironico scetticismo era in perenne contesa col desiderio che per una volta - una volta almeno! - la minoranza ce la facesse.' Esperta come pochi di cose cinesi, era stata ad esempio tra i primi a intuire, quando era ancora impensabile, l'ascesa di Deng Xiaoping (e non a caso, per metterci in guardia, aveva pubblicato un suo scritto su "Vento dell'Est", la polemica e importante rivista che aveva fondato nel 1965). E poi la curiosità di Maria, una delle Nel prossimo numero un intervento su Mao-Tse-Tung a IOanni dalla scomparsa. persone più vivaci e curiose che abbia conosciuto. Tutto, letteralmente tutto, la interessava, la stimolava: un dibattito, un film, un concerto, come anche fare un buon pranzo, bere un buon whisky, senza nessuna delle fisime straccione di tanta sinistra. E poi il fascino di Maria. Preferiva forse la compagnia degli uomini e con gli uomini (ovviamente di qualità) si illuminava subito e la sua bellezza delicata e zingaresca tornava maliziosamente ad accendersi. E ho visto tanti amici restarne incantati. Ma aveva anche grandi amiche tra le donne, da tutti pretendendo spregiudicatezza, senso dell'umorismo, indipendenza di giudizio. Altrimenti, come ti faceva capire che si annoiava! Infine, due piccoli episodi. Il primo - lo raccontava spesso - risale agli anni '50. In un pranzo a Mosca con dirigenti sovietici chiese con aria innocente e svagata (era bravissima ad assumerla!) perché nelle librerie moscovite non c'era nessun romanzo di Dostoevskij. Dopo qualche tergiversazione, un dirigente le rispose che dipendeva dal fatto che Dostoevskij era un autore reazionario. "Ma guarda che strano! - replicò con stupore sornione Maria - E pensare che io sono diventata comunista leggendo Dostoevskij!". Il secondo è dei primi anni 70. Maria era stata convocata in questura (succedeva spesso in quegli anni ai militanti della nuova sinistra) dove fu trattenuta, quella volta, solo poche ore. Approfittando del fatto che il funzionario che la interrogava si era momentaneamente allontanato, Maria passò veloce dall'altra parte del tavolo mettendosi a sfogliare tre dossiers intestati a compagni. Al funzionario che rientrato all'improvviso la rimproverava, "Se permette, si tratta di persone più care a me che a lei", aveva risposto con un tranquillo sorriso.
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