Linea d'ombra - anno IV - n. 15/16 - ottobre 1986

che, con meno prevedibile coincidenza, a uno sgonfiamento della complessiva operazione che Bellaria ha rappresentato nei due scorsi anni. Bellaria ha avuto successo, insomma, e ha voluto - lei come i filmak:er - goderne spalancandosi a Roma e alla miseria complessiva della creatività cinematografara e televisiva come a quella della critica. C'era perfino, non è una boutade, un omaggio a Lamberto Bava (e perché non, l'anno prossimo, una retroINCONTRI UNASTORIAMAGICAEMISTERIOSA IncontroconAnnaMariaOrtese a cura di Martina Vergani spettiva dedicata ad Alvaro Vitali e ai_ 1-----------------""T""------------------1 suoi registi?). Sconcerta la voluttà con cui una diversità - unica prospettiva di successo a lunga scadenza di una manifestazione, e lo stesso vale per i filmak:er - corre a svendersi per venire accettata. Accettata in cosa? Nella acida zuppetta della crisi del cinema, dell'illusione colorata e della miseria corporativa del cosiddetto mondo dello spettacolo? Che cosa non si fa, per un piatto di lenticchie di un articolo su "Repubblica"! O di un convegno inutile ma con i rappresentanti di tutto, in cui tutti rivendicano e nessuno ha proposte, tutti abbaiano e nessuno parla né di osso né di polpa, ma in cui, attorno a un argomento serio, tutti vociando si ritrovino, eguagliati e pareggiati al minimo comun denominatore di una comune miseria: "artisti" e "funzionari"; "dilettanti" e "professionisti", i padroni. i servi, e gli smaniosi di emergere. Bellaria somigliava quest'anno - a tutti i livelli - a ogni altra manifestazione consimile. ~ stata accettata e ricuperata con una rapidità che peraltro dimostra l'insicurezza degli uni (i ricuperanti) e degli altri (i ricuperati), la loro speculare mancanza d'identità e personalità. Una manifestazione superflua come quasi tutte, ma ora, per quel che pareva volesse essere, un tantino patetica. Dovremo dunque mettere una pietra anche sopra Bellaria e il fenomeno, per un tempo nuovo e soprattutto diverso, dei filmak:er? D'ora in poi, dovranno valere considerazioni singole: su quest'opera, su quest'autore; e a mare, o meglio in palude ogni speranza di "scuola",gruppo,proposta "altra". / I J , ì I Quasi in fondo a Rapallo, c'è una grande casa rossa, i contorni delle finestre sottolineati in giallo scuro. Anna Maria Ortese abita n. Il viaggio è stato disagevole: pioggia e vento; l'estate sembra finita di colpo. Né io, né Laura Lepetit sappiamo per certo come arrivare a Rapallo, se sia meglio seguire la freccia Ventimiglia o quel-. la Livorno; per caso e distrazione seguiamo quella giusta. In pochi minuti si arriva da Genova, e senza più dire una sola parola, come i cavalli che cercano una stalla, davanti alla dicitura, fine secolo "Farmacia anglo-americana", si citofona al nome Ortese. Il numero civico del viale è il 19, il mare è a pochi passi e manda un vento forte di burrasca. Siamo in ritardo di un'ora e io ho paura che lei non risponderà al suono del citofono e la casa rossa resterà n inutile e misteriosa a proteggere misteriose parole e pensieri segreti. Dal piccolo portone chiuso a metà, lei esce vestita di nero con una fascia celeste sulla fronte a fermarei capelli. Ha paura più di noi: di tutto, del vento del traffico di una conversazione, di me, che non sa chi sono. Pensavamodi invitarlaa colazione. Non mangio mai a mezzogiorno, ma vi accompagno, c'è un piccolo ristorante qui vicino. Laura è allarmata. I libri, non abbiamo preso i libri. Sono rimasti in macchina. Vado io a prendere il pacco giallo e arancio che contiene le copie di Silenzio a Milano. Da un vicolo stretto a pochi passi dalla sua casa, si arriva in un ristorante; un cane lupo mangia un osso, vicino al grande banco del bar, e finge di non accorgersi di noi. Prima di guardare la lista apro il paccodei libri. La copertina è perfetta, e così il libro. Grazie, mi piace molto. Oggi è stata una brutta · giornata. Mi hanno portato a vedere una casa, ma nemmeno un terremotato andrebbe a viverci! Una sorella, più grande, e sempre triste. Il desiderio di luce e silenzio, necessario per scrivere, sono i segreti pensieri espressi a voce alta. Il dolore: è un BibliotecaGino Bianco gioielliere: che vuole dominare dall'alto il luccichio del suo avere e che la costringerà ad allontanarsidalla sua casa. Parla in un bellissimo italiano. Ha il timore di non esprimersi correttamente, mi pare una civetteria questa sua paura, ma subito spiega gli studi interrotti alla terza classe elementare e le lunghe battaglie condotte sui dizionari solitariamente. Leggo molto e soprattutto rileggo, come ritrovare vecchi amici che non sono cambiati e sono sempre lì per farti compagnia. Non riesco moito a leggere la nuova e industriale produzione di romanzi, leggo Canetti, le sorelle Bronte geniali, una poesia di Emily Dickinson scritta con parole così semplici, ma capace di darmi ogni volta un'emozione fortissima e stupefacente. La Morante, una montagna, un genio. La critica maschile teme il genio femminile, quando è aswluto. Una donna, quando è grande scrittrice e sa andare in fondo alle cose, mette la sua mano su dolorose e mai rimarginate ferite. Amo le grandi scrittrici. Abilmente Laura Lepetit riesce a portare la conversazionesui suoi libri. Quando mi rileggo non mi piaccio mai, non mi sembrano belli. Alla nostra agitata reazione sorride, divertita.Ha un sorrisodolce e ironico. "Il cappello piumato è la più bella storia d'amore, che io abbia mai letto". Laura è categorica in questa sua affermazione, e dopo una breve discussione Anna Maria Ortese conviene che forse quel libro non è poi tanto male. Sto scrivendo un nuovo. libro. Una 77

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