76 Lavorare a Torino, dove pure ci sono ~lte iniziative, non dev'essere facilissimo... Luca P. - Torino è una città fuori dai grossi giri produttivi e commerciali, non ci si riesce a vivere per poi poter fare altre cose. Nel campo del video ci sono molte persone e molti gruppi, c'è dunque molta concorrenza, e non si tenta affatto di raggrupparsi,di organizzarsi. Luca G. - Io vengo da Bergamo, abito a Torino da otto anni, e mi ci sent.o ancora molt.o ai margini. Ci sono cooperative buone, ma isolate, chiuse su se stesse, e non c'è molt.o coraggio di rompere questi giri, di uscire da· queste logiche. Neanche per progetti non commerciali, sui quali sarebbe necessario muoversi insieme, non isolatamente. Si parla di una notevole apertura della Rete Ili della Rai-1V torinese, e uno di voi due già lavora per una 1V privata... Luca P. - Videogruppo per me è soprattutto uno stipendio, e mi permette di non dover fare la coda alla Rai. Si tratta però di una struttura molt.o piccola, e le strutture piccole non possono sostenere progetti piìl ambiziosi, mentre oggi ci sarebbe il bisogno e il desiderio di andare oltre. ne geografica di Torino sia perché non è facile da nessuna parte. Si rendono molt.o cont.odi questi limiti. Luca G. - Sanno anche riconoscere che dipende in parte da loro. Per esempio sono pigri, ed è per questo che sono cosl poco conosciuti a Torino. E poi le dinamiche di gruppo sono sempre le stesse, la dispersione di un gruppo dopo una prima fase di entusiasmo è un dat.o frequente. Noi li abbiamo fatti parlare e parlare, e poi abbiamo scelto. Siamo partiti da una specie di scaletta sonora, di montaggio sonoro. Abbiamo scelto le cose èhe ci sembravano più significative, e scartato molte altre. Per esempio, un ragazzo si era soffermato sul tema del suicidio, e l'abbiamo t.olto. I temi su cui ci siamo concentrati sono stati: la provincia, la cultura del rock come specifica di certe generazioni, la musica, il discorso sulla celebrità e sul successo. Luca P. - Questo metodo di lavoro ci sembra valido anche per altri progetti, quello cioè di partire da un montaggio delle interviste. Del vostro video colpisce la commistione dei ~delli: c'è ~lto cinema, sia documentario che musicale, e c'è un rapporto ~lto originale tra sonoro e ùnmagini, e nelle stesse ùnmagini tra bianco e nero e colore... Luca G. - Non ci pare di aver voluto imitare coscientemente nessuno. Questa commistione è nata dai criteri logici seguiti nell'affrontare questa materia: le voci e musica, le immagini dei ragazzi e le immaginidel loro ambiente. Luca P. - Per quanto riguarda le immagini, c'è al fondo una scelta emotiva, la necessità di rendere con ciò che avevamo un'atmosfera che nasceva dai loro discorsi. Sapevamo che tipo di atmosfera si era creata, e in base a quella abbiamo scelto gli elementi da proporre. Loro, la città, la musica - cercando. di dare all' insieme una certa unità e certamente rifiutando ogni atteggiamentodidascalico. Luca G. ·'" L'unico riferimento che abbiamo avuto presente è stato quello a Blank Generation di Amos Poe, un film del '77 sui gruppi emarginati di allora. Poe non aveva soldi per la presa diretta, ha preso la musica da dischi e ha giocato sul fuori- sincrono, con risultati tecnici che ci hanno affascinato per la libertà raggiunta nel mettere insieme musica e immaginid'ambiente. Luca P. - Si sono fatte molte cose, anche a Torino, sui gruppi di giovani musicisti, ma si finiva sempre sul didascalico, e questo ci sembrava molt.o limitante. Dagli stessi dialoghi di Orizzonti... risulta una difficoltà di previsione, di chiarezza. Ci è sembrato in definitiva più concreto rendere i discorsi dei nostri personaggi a livello di emozioni. Luca G. - Contatti con la Rai ne ho avuti, ne abbiamo avuti. Abbiamo proposto dei progetti, abbiamo mostrato ai dirigenti le nostre cose, a cominciare da Orizzonti di gloria. Ma sono rimasti sconcertati dalla povertà tecnica del film, e forse anche dal suo linguaggio. ARIAVECCHIA BELLARIA Una cosa che si apprezza ~lto del Goffredo Fofi vostro film è, oltre al carattere innovativo nell'uso del video e la commistione dei linguaggi, l'ironia che lo pervade, l'autoironia che i suoi protagonisti dimostrano di avere rispetto alla loro corulizione. Questo, in un contesto che spinge in qualche modo verso un certo pathos, una certa tristezza da cui i film torinesi sono spesso segnati. Luca G. - I protagonisti del nostro film sono ragazzi senza studi particolari, molto consci della loro condizione di emarginazione. L'autoironia è una caratteristica di molti di loro. Sono contenti di suonare, si mettono insieme per questo, e fanno della buona musica - la musica che si sente nel film è buona, anche se mal registrata. Spesso dimostrano una certa amarezza, però sanno cercarsi .e poi difendere spazi propri, non reagiscono passivamente... Luca P. - C'è in loro una certa rassegnazione. È chiaro che se uno si mette a far musica seriamente, con vera passione, pensa anche alla possibilità di avere successo, di diventare famoso, e questo non è possibile, sia per la stessa collocazioBibliotecaG- ino Bianco Dal lato opere, nulla di nuovo; da quello e da altri, una preoccupante ricomparsa del vecchio. Il fenomeno dei filmaker è stato ormai abbondantemente assorbit.o in quel quadro generale di conformistica varietà che distingue non solo i festival, ma tutta la nostra cultura, in particolare quella legata allo spettacolo. C'è posto per tutti purché tutti accettino determinate regole non scritte ma dominanti. Anche per i filmaker, e tanto più facilmente in quanto sotto questa dizione compaiono emergenti e vogliosi di emergere poco preoccupati di novità e di diversità, e con ben poco da dire che già non si sappia e risappia. La stampa si occupa ampiamente di loro; da Roma li si chiama e corteggia; committenze, per quanto consone all'opaco caleidoscopio dello stat.o assistenziale e delle sponsorizzazionr propagandistiche, ne vanno aparendo; e l'antico sogno furbo-fesso del farsi in proprio il filmetto con la speranza che qualche Spielberg o tv-boss lo noti, e commissioni il gran film da tirar fuori da quel brogliaccio con ostetrici milioni. Tutti possono farsi il loro film - la ricchezza diffusa lo permette, e quel tanto di generica competenza tecnica giovanile del tipo computeristico - ma l'ispirazione appare meno viva, più volgare, di copia e di eco. Si è assistito perfino alla inauspicata apparizione di una piccola corrente torinese che concilia senza fatica e senza pudore vecchi slogan di una recente tradizione della violenza politica con le forme della peggiore pubblicità tv, con risultati deprimentemente fascistoidi. Ed era, forse, l'unica "novità". Si è assistito insomma al forse prevedibile sgonfiamento delle proposte e a una riduzione dal già visto delle loro solo apparenti varietà. Ma si è assistito an-
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