Linea d'ombra - anno IV - n. 15/16 - ottobre 1986

zione della vita ti sembra rientrare in quel clima di conciliazione, di adattamento che per alcuni caratterizzerebbe la nostra giovane narrativa? Sl, è vero che c'è una speranza. Mentre gli altri personaggi falliscono, proprio perché vincolati a una "ideologia", a un modo di vedere le cose univoco, passionale, il protagonista non fa nulla, non possiede nulla ma in un certo senso "si azzera" e solo per questo riesce a ritrovare il semplice gesto con cui far saltare un sasso sull'acqua. Però non mi pare proprio che ci sia conciliazione, compromesso. Lui ha perduto tutto, però si intravede anche la possibilità di un "rinascimento minimale". Forse quella bambina a cinquant'anni non sarà pià scema. Lui insegna poche cose alla bambina, ma con un'attenzione, un amore per una realtà minuta, minuscola (e che forse un giorno crescerà). Vorrei aggiungere che la risposta del protagonista è la mia rispo&ta. Credo che oggi occorra mantenere le briciole, ll dove c'è una luce, una verità. Ho scritto il romanzo con l'idea non di fare un'opera letteraria: la letteratura non è un fine, ma uno strumento di conoscenza e, per qualcuno,anche di salvezza. Nel risvolto di copertina sei presentato come l'autore di una generazione. Ti ci senti? Soltanto affettivamente mi sento parte di una generazione (in fondo tu, io, i nostri coetanei... abbiamo tutti amato e visto e letto pressappoco le stesse cose). Però dal punto di vista della sensibilità, direi che oggi siamo tutti vivi e dunque sentiamo tutti le stesse cose, senza barriere anagrafiche, io, mia nonna o mio nipote di tre anni. Piuttosto mi sento vicino al mio tempo. Vorrei che tornassi sulla questione del classicismo, cui prima accennavi, soprattutto in rapporto alla scrittura. A proposito della scrittura, devo dire che sono un po' maniacale. Ho riscritto il romanzo quattro volte, proprio perché volevo trovare quella "incandescenza" della parola che, sola, potesse giustificare davvero la pubblicazione del libro. Lo ripeto: la scrittura non è un fine, è soltanto una porta; ma certo questa porta deve essere fatta bene. Credo che la verità non si possa dire in modo ingenuo: occorre forzare la realtà, la lingua stessa. Quando parlo di classicismo non intendo una sorta di archeologia, ma la capacità di avere una lingua espressiva, e fortemente unificata; una lingua che dica le cose. Negli anni settanta il linguaggio tendeva a essere troppo obliquo, trasversale, trasgressivo: la mia opinione è che oggi bisogna prenderloper le coma. tj u oteca Gino Bianco INCONTRI DAUN'ISOLA(VICINA) IncontroconSergioAtzeni a cura di Goffredo Fofi L'Apologo del giudice bandito è un'opera prima, ma prima c'è stato altro? Cosa hai scritto, come ci sei arrivato? Non c'è prima né dopo, ho cominciato a scrivere ieri, avevo dodici anni, poche decine di racconti, qualcuno a mio giudizio· pi~ ingenuo ma migliore dellJ\- pologo. Quali punti di riferimento nella tradi- . zione-letteraria sarda hai avuto presenti? Grazia Deledda. In particolare Cosima e, per quanto riguarda l'apologo, Canne al vento. Canne al vento? Oltre a uno di quei personaggi spassosi che spesso la narrativa popolare regala (Giacinto bel tonto) il libro contiene tutto il mio mondo poetico. Nobiltà sarda orgogliosa fino all'autoaccecamento ("Io non sono una paesana per seguire l'uso comune", dice donna Noemi Pintor) e quelle trame cupe cosl tipiche nei destini degli esclusi, e folletti, anime dei trapassati, paesaggi desolati pietrosi corrosi cadenti polverosi arsi dove il massimo è una serenità di cimitero. Tragedie, ebbrezze ("Allora Noemi si mise a ridere ma sentl le ginocchia tremarle e sentl nel cuore la bellezza luminosa del tramonto: era un mare di luce sparso d'isole d'oro, con un miraggio in fondo. Ella non aveva mai provato un attimo di ebbrezza simile"), penitenze, sensi di colpa, deliri ("E le ore e i giorni passavano, ed Efix nel delirio sognava di camminare, camminare coi ciechi, attraverso le valli e le tancas dell'altipiano, e sognava le feste, i soldi che cadevano davanti a lui, le donne pietose, i bei giovani sui cavalli balzani che correvano sulla costa del Monte e da lontano gli lanciavano monete e parole mordenti"), pentimenti a cui sacrificare una vita (il romanzo è la storia del pentimento di Efix, servo omicida), amore mescolato all'odio, passi biblici filtrati al setaccio della tradizione orale ("Sl, egli faceva adorare un Dio tutto d'oro: per questo è rimasto nel mondo tanto amore del denaro e i parenti, persino, uccidono i parenti, per il denaro. Persino le anime innocenti adorano il denaro"), e una visione della storia dei sardi: "Era come il mormorio lontano del mare, il muoversi della foresta al vespero: era tutto un popolo antico che andava, andava, cantando le preghiere ingenue dei primi cristiani, andava, andava per una strada tenebrosa, ebbro di dolore e di speranza, verso un luogo di luce, ma lontano irraggiungibile". Su che tipo di documentazione storica ti sei basato? La Sardegna è i sardi nella civiltà dellJ\lto Medioevo di Carnillo Bellieni, Editrice Sarda Fossataro. Muttettus cagliaritani raccolti da Raffa Garzia, Edes editore. La Sardegna dal 1478 al 1793 di Francesco Loddo Canepa, Fossataro · editore. Sardegna catalano aragonese di Francesco Cesare Casula, edizioni del Centro di ,studi sui rapporti italo-iberici. Ma son state letture di preparazione. La storia è autonoma, inventata. C'è stato un processo a Callèr, dell'inquisizione contro la cavalletta. La notizia è alla nota 49 del terzo libro citato. Quali sono i nomi della cultura sarda che sul contin.enle sorw ignorati e non dovrebbero esserlo? Esiste un muro di non conoscenza. Il mare, la lontananza anche storica, il fatto che molti considèrano i sardi come cittadini di serie b. Solo il calcio ha serie. ~ illusorio il punto di vista di chi pensa d'essere migliore d'un altro per motivi biostorici. Intelligente o scemo, veloce o lento, uomo o donna, è sempre la stessa pasta. Non è difficileda intuire. I modelli cui l'Apologo pare rifarsi sembrano più spagnoli e ispanoamericani che non italiani, perchè? I sardi son nuragici, latini, sidonesi, cartaginesi, grecocristiani, ispanoaustroitalcosmopoliti. Conosco a malapena una sola lingua,questache uso. Tra gli italiani hai avuto qualche modello o insegnamentoin particolare?

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