Linea d'ombra - anno IV - n. 15/16 - ottobre 1986

68 spetto. Nell'alternanza fra i compiaciuti appelli alla morigeratezza della amministrazione pubblica e la normale tirchieria del potere (privato), può darsi che i bilanci si siano contratti, ma non si sono partoriti grandi risparmi di attività. Che si sia trovato il modo, proprio nel settore cultura, di raddoppiare la ·produzione dimezzando le spese? O invece è proprio questo il momento di gridare allo spreco? Assegnando a "spreco" un orizzonte sempre economico ma pià vasto, a raccogliere dentro anche il consumo, si dovrebbe ammettere che il fenomeno è soltanto adesso concreto e preoccupante. Anche perché "sprecare" non ha a che vedere con l'esperimento o l'avventura: è piuttosto un'azione che ha il senso e il ritmo di una cieca e sventurata regolarità. Ieri lo "scandalo" dell'effimero era sciupio dichiarato e qualche volta provocatorio, aveva il pregio del rischio e qualche volta diventava investimento. Attraverso grandiosità esibizioniste e roboanti cadute pareva sempre mirare in alto, seppure con ironia, e badava dunque a non farsi prendere sul serio. Qualche volta ci si poteva illudere a non farsi prendere. Dello spreco o scandalo di ieri - sia detto senza rimpianti - si è persa almeno la fantasia o la sua frenetica imitazione, lo spontaneismo o la possibilità della casualità, talvolta l'incidente dell'allegria ... In rapida successione, dalle aggregazioni delle Feste, ai baracconi dell'Effimero, alle strutture dell'Assessorato, la parabola della politica culturale sembra conclusa. Certo come già la Festa anche l'Effimero non è morto: peggio, è amministrato. t diventato l'orologio del tempo libero piuttosto che la sua irregolarità. Dà soltanto assuefazione piuttosto che sballi. Si organizza in spreco culturale dell'attività culturale, imbrigliando i contenuti e le funzioni a vantaggio di un'amplificazione del ruolo, producendo un imbroglio che sfida ancora una volta i soliti indovini della sociologia da giornale. (Ieri sarebbero corsi a pacificare questa involontària contraddizione!) Oggi l'attività spettacolare e culturale è programmata e facilitata come un videogioco, decentrata come una cabina telefonica; è diventata il simbolo o il feticcio della modernizzazione urbana, come ieri il palo del telegrafo in mezzo alla campagna. A prescindere da quanto sopra (e il prezzo è lo stesso, a dispetto dell'inflazione e dei ragionieri d'assalto), il cultural/game è diventato uno spreco in sé e per sé, una cifra fissa e stanca, una tassa per una sorta di lussuosa inappetenza. Intanto se la classica legge econoBibliotecaGino Bianco mica dello spreco vuole ché continui a piovere sul bagnato, la seconda condizione è politica ed è quella per cui lo spreco si serve sempre accompagnato dal consenso. Pertanto di fronte a un litorale culturale gestito se non con rigore, con ordine, il cittadino, anche quello più probo e repubblicano, si è convinto che il Culturale fa sempre Bene. E allora non c'è niente di male se qualche ambizione altisonante si è spenta, se l'arrembaggio di iniziative variopinte e confuse si è disciplinato in servizio e magari abbassato di tono. Oggi sul bagnasciuga del secondo riflusso si possono vantare allineate tante minuscole realtà funzionali: se ieri soltanto le città imperiali gonfiavano la loro mongolfiera estiva, oggi tante e tutte sono le cittadine che espongono l'agenda farcita della loro stagione d'arte, spettacolo e varia umanità. Si tratta in generale di piccoli e medi momenti di piccola e media inventiva, che sembrano avere in comune due cose (eccetto il Comune): il postulato per cui l'impegno (elevato) è inversamente proporzionale al senso, e il corollario per cui la cultura, non avendo senso proprio, deve affidare la sua esigenza produttiva ad altro assessorato. Essendo in estate e anche in Italia, magari al Turismo. E cosl "dicesi culturismo quell'investimento particolare che non necessariamente rafforza la cultura, ma le fa venire i muscoli, con finalità essenzialmente estetiche e niente affatto aggressive". L'attuale assessore al culturismo sa coniugare meglio il Servizio con l'Investimento. Sa cosa ci si deve aspettare da un buon programma estivo, sa quanto può chiedere a un discreto contenitore. Innanzitutto non occorre farsi illusioni: quello che cont,a è partecipare. Non c'è pià qualcosa che decisamente attrae e sposta il flusso di curiosità e interessi. Anche perché il turista culturale è sinceramente obeso e non ha (forse non ha mai avuto) effettive curiosità. Soltanto che l'offerta è comunque un obbligo, anche in assenza di domande. Tutti sanno che succede dovunque qualcosa di spettacolare e di artistico. Resterebbero inspiegabilmente delusi se un venerdl di mezza estate, in un paese qualunque di media Italia, non stesse per cominciare un'antichissima gara con l'archibugio o una rassegna di video-clips. A seconda delle tradizioni· o inclinazioni del posto (almeno fino a ieri), ovvero a seconda del settore oggi rimasto disponibile e non già impegnato dai paesi limitrofi, occorre individuare il contenuto trainante di una estate comunque tutta ripiena. Non si può correre il rischio di avere dei vuoti sull'unico contenitore che conta: il calendario. E cosl può capitare che in una città marinara si sposti l'annuale raduno delgi alpini e che un piccolo paese di montagna sia costretto a ripiegare sulla sagra del pesce azzurro o d'altura. Ma il meglio ciascuno lo può rintracciare a pochi passi da casa. Per parte mia vi consiglio, sul piano dell'arcaico, il percorso illustrativo della battaglia del Trasimeno, a due passi da Tuoro, con tarlto di comici sospese nel vuoto che cinemascopizzano fette di boscaglia o di canneto; e nel riquadro, aiutati dalla didascalia, i più fantasiosi possono indovinare le figure romane e cartaginesi mancanti e farsi da soli il resto del fumetto che manca: il territorio - d.o.c. - lo mette la Provincia. Inutile dire che la passeggiata è, in quanto tale, ecologica e che i punti terapia si raddoppiano. Sul piano del postmoderno si può azzardare la Sagra del Fantasma, dalle parti di Spoleto, che è un vero capolavoro di innovazione sul tessuto soltanto un po' forzato di castellani e castellane d'epoca - non importa più quale. Pare l'innesto abile tra la scacchiera umana di Marostica in sedicesimo e i più televisivi giochi di quiz degli ultimi trent'anni: preceduti da alfiere e coppia cortigiana di rappresentanza, i ragazzi delle frazioni di un piccolo comune raffigurano i "capoccioni". Ma non si rifanno a qualche leggendaria battaglia a zuccate, come qualche culturista sprovveduto prova a immaginare: si rivelano invece come baldi "esperti" di materie varie e attualità e, sia pure in rigorosa calzamaglia di filanca antica, lavorano per cosl dire in smoking. Sulla piazza scompartita come un gioco dell'oca, avanza l'aquila più intelligente fino alla porta del Castello: l'aprirà e scaccerà da n dentro il Fantasma che incombe sul loro domani. E su quello di tutti.

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