Linea d'ombra - anno IV - n. 15/16 - ottobre 1986

DISCUSSIONEIGRACQ che è stato, ad esempio, il romanticismotedesco, il mondodi Novalis o di Nerval, non certo privo del senso del tragico,ma in cui almenol'uomo era costantemente ritujfato nelle sue acque profonde,magicamenteriaccordatocon le forzedella terra, irrigato da tutte le correnti fecondedi cui egli ha bisognocome del pane. È tempo di ripensare a questo matrimonioche è stato rotto. Nulla di ciò che può ridarci accesso a quelle immense riservedi calma da cui sale il sentimentocieco, traboccantedell'assensofiduciosoe dell'accordo,da cui scaturiscedavero l'armoniadellavita e cheperme sgorganoinesauribilmente dall'operadi Novalis e di Holderlin,come oggi dall'operadi Jiinger,nulla,ripeto, dovrebbeessere trascuratonel mondosovraccarico di tragicità un po' troppo facilmente accettata, in cui noi viviamo. La condizioneumana è certamente,ma è lungi dall'essere soltanto (come tendea farci credereun libromolto bello, ma che ha uswpato il proprio titolo) quel combattente lucido e disperato, chiuso nel proprio faccia a faccia con il mondo assurdoe con la morte e per il quale l'azione appare a volte comeuna droga; la condizioneumana è anche,per esempio, con un'immagineche simboleggiale potenti risorse naturali che restanoalla portata dell'uomofino al bordo dellacatastrofe, il guerriero ritiratosi dal mondo di Sulle scogliere di marrrw, di Jiinger,che erborizzaai marginidell'incendiodi un mondo in agonia. A questo patto rinnovato nelle circostanze più tragiche, più esaltanti della storia, con le potenze di un mondo senza età, rimasto fraternoed amico, io sono pronto a riconoscereun valore d'esempio, se solo sappiamoancoracomunicare,se ancora sappiamo aprirci a lui tra la letturadi due quotidianipolitici. È necessario su questo punto essere chiari. Non si tratta di abbandonare il rifiuto e la rivolta che sono, nell'uomo, essenziali quanto la sua stessa coscienza, non si tratta di dare a ciò che è, l'assensofarisaicoche è stato spesso quello di un Claudel. Parlerò ora, a mo' di conclusione,e in poche parole,di un movimento che sembra probabilmente alla maggior parte di voi un capitolo chiuso da tempo nella storia della letteratura, un movimentoche, secondo la formuladel suo stessofondatore, "essendo stato, e cosl valorosamente,non può più essere", ma che per me conserva sempre un valore esemplaree che si è chiamato surrealismo. Attraverso mille contraddizioni,che dopo tuttoeranoquelledella vita, ha avuto il meritofondamentale di rivendicarein ogni istantel'espressionedella totalità dell'uomo, che è nello stesso tempo rifiuto ed accettazione,separazione costantee insieme costantereintegrazione,ed ha saputo mantenenrsinel cuore di questacontraddizionenon già, come ha tentato di fare Camus, attraverso i modi conciliatorie un po' fiacchidi una moderatasaggezza,ma mantenendoal livello estremodi tensionei due atteggiamentisimultaneirichiesti da questomondo affascinanteed invivibilein cui siamo: la meravigliae il furore. Il surrealismo,almenoha saputonon diBibliotecaGino Bianco menticare,in questa Stagione all'inferno di Rimbaudche la nostra epocaha un po' come emblema,di mettere in valoreanche il movimentomeraviglioso che la chiude, movimentodi enigmaticafiducia,ma di fiducia lo stesso, tenace e lungaquanto la vita, sul quale esso sbocca: "Sì, i tempinuovi sonoper lo meno assai severi. "Nessuncantico, ma mantenerel'andatura conquistata.O dura notte! il sangue seccatofuma sul mio volto, e non ho nulla dietrodi me, se non quest'orribilealberello.La lotta spirituale è brutalecome la battagliad'uomini,ma la visionedellagiustizia è un piacere riservato a Dio. Però, è questo il momento della veglia.Riceviamo tutti gli influssi di vigoree di reale tenerezza,e all'alba,armatidi un'ardentepazienza,entreremonelle splendidecittà". Mi auguro - e sarà il mio augurio finale - che qualunque fra voi - perché in mezzo a voi certamentequalcunoun giorno scriverà - pensi a restituire all'uomoquale la nostra letteratura lo esprime, questa cosa essenzialeche oggi essa dimenticae che è, ne sono convinto, il suo respiro. (1960; traduzione di Daniele Go"et) Copyright Edizioni José Corti.

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