62 DISCUSSIONE/GRACQ sione dell'autore o per lo meno libertà d'intervento sorvegliata dell'autore sui suoi personaggi, nel romanzo esistenzialista; espulsione dello stesso personaggio e in generale di tutto ciò che non concerne il campo diretto dello sguardo, nelle opere più tipichedel nouveau roman. In effetti - in quell'arte molto vecchia e molto elaborata che è da decine di secoli la letteratura - tutto avviene come se l'originalità fosse ricercata fin d'ora nello stesso modo in cui la ricercherà un giorno ancora lontano il cinema: sopprimendo successivamente il rilievo, poi il colore, poi il suono, e ottenendo per un breve istante la stessa sensazione di mai visto che proverebbeun uomo normale divenendo di colpo daltonico, ipermetrope o cieco da un occhio. Ed è certo che il segno meno non è meno produttivo in arte del segno più - dopo tutto l'arte è scelta - ed è altrettantocerto che la pittura moderna ha come prezzo l'uso di tecniche che, nella loro quasi totalità, sono tecniche che privano di acquisizioni già raggiunte: ~oppressione dellaprofondità del rilievo, del volume che ruotanello spazio.Non è il fatto che queste tecniche siano impoverenti ciò che pare rovinoso, ma il fatto che siano delle tecniche, e che venga loro sacrificato tanto, e con tanta leggerezza. Ciò che giustifica una tecnica è soltanto la possibilità di mettere in valore un temperamento, di captarlonell'unico canaleche lo renderà efficace,come una condottaforzatache captaacque impetuose e le invia alla loro turbina; la tecnica non pone problemi di verità: non c'è una tecnica vera o meglio tutte le tecniche sono vere; essa pone innanzitutto.un problema di rendimento. Quante volte la letteraturacontemporaneaci dà la sgradevole impressione di uno scrittore che possiede del talento contro la propria tecnica, il cui talentoci fa disperatamentesegno attraverso tetre nebbie grigiastre che si accumulano nel suo libro solo per renderlo regolare, perché quello scrittore in fondo ha più l'orgoglio del proprio sistema che non l'orgoglio del proprio talento. Ed è questa una scelta che, anche a breve termine, non paga. "Definisco giornalismo, diceva Gide, tutto ciò che domani sarà meno interessantedi oggi". In un'opera, la tecnica è anche ciò che sarà a breve termine meno interessante di tutto ciò che tecnica non è. Tutto ciò che tecnica non è, vale a dire tutto ciò che non è trasmissibile: il tono, la voce, il movimento inconfondibile come il modo di alzare il naso o di accendere una sigaretta, tuho ciò per cui uno scrittore dopo secoli emergeancoradi colpo dallapaginascritta per dirci: "Eccomi qua!". La seccatura,con le tecniche, è che sono tutte così perfettamente plausibili e legittime. Esse non sono mai rifiutate; piuttosto, passano di moda, abbandonano a poco a poco il campo dell'attenzione. E più sono sistematiche, più sono applicate e servite in buona fede, prima diventano fastidiose. Sartre, che fu.il primo, alla fine di questa prima metà del secolo, a far sfociare una concezione dell'uomo in una sistematica del romanBibliotecaGino Bianco zo, non sottovalutavaquantodi passeggeropotesse averela forza d'urto così ottenuta. "Un libro, egli scriveva, ha la sua verità assolutanella propria epoca. I libri che passano da un'epoca all'altrasono frutti morti... Dopo di noi il diluvio. Siamo per una morale e per un'arte del finito". La seccatura, e l'errore, è che il diluvio molto spesso non aspetta questo dopo di noi. Per ciò che riguarda il romanzo esistenzialista, sono bastati meno di dieci anni - neppure il tempoper Sartre di terminare il suo. Là dove lo ritroviamo sempre, là dove egli rimarràsenz'altro, è là dove ha smesso di ricordarsi con tanto accanimentodi dover esserecaduco, là dove ha parlato per il proprio tempocome per tutti gli altri, vale a dire, in buona sostanza, dove ha parlato soltantoper sé. Ne La nausea, per essere esatti. Se dunquecerchiamodi coglierei tratti che rischianodi segnaredurevolmentelanostra letteratura,lasceremodapartequesto aspetto rituale e faticoso, un po' meccanico, di rivoluzione permanente che ha preso, apparentemente,da qualchedecennio. In · letteraturacome in storia esiste una grande difficoltà, una difficoltà quasi insormontabile: non è tanto per gli storici e per i critici, il fatto di accorgersi che si sta producendounarivoluzione,quanto di cogliere a tempo il momento, difficileda riconoscere, in cui una rivoluzione si stabilizza, in cui unarivoluzion~cessa di essere rivoluzionaria.La liberazionedi energia che avviene in una risoluzione infatti è talmente grande, impregna tanto a lungo di passione e di forza travolgenteil vocabolarioche la esprime, che le parole, qui più che altrove, sopravvivono indefinitamente alla cosa significata, di modo che, ancora per molto tempo, in una società che si va raffreddando, le parole d'ordine e il vocabolario del tempo dell'eruzionerimangono vivi e presenti. Vi è stata, lo sapete, un'epoca della storia di Francia in cui le monete avevano questo curiosoesergo: Repubblicafrancese - Napoleoneimperatore". Ebbene,mi chiedo a volte ( dal momento che, dopo tutto, le opere in letteratura sono i fatti con i quali non si può barare all'infinito,e il linguaggiodella critica è quello che le ha lasciato in eredità la rivoluzionedell'altrieri) se non siamo entrati in uno di quei periodi che non osano o che non sanno ancora dire il proprionome, simboleggiati,se vogliamo, da quelle curiose monete.Bisogna perdonare molto agli scrittori perché non sempre sanno ciò che fanno, e molto anche ai critici perché sanno enunciare chiaramente solo ciò che han fatto gli scrittori dell'antivigilia. Così si presentanopiù di una volta, nella storia come nella letteratura, quei momenti di grossi malintesi, in cui le trombe suonano ancora la carica mentre le truppe sono già al momento del silenzio. rTI na delle prove più evidenti del diminuito assenso alla l..lcondizione propria dell'uomo e del mondo nel quale viviamo, mi sembra essere il deperimento lento e continuodella poesia. È da qualchedecennioormai - dopo la fiammatadel sur-
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