Linea d'ombra - anno IV - n. 15/16 - ottobre 1986

50 STORIE/BLOK tista. La Kommissarzevskaja poteva amare o non amare singoli rappresentantidell'arte, ma non poteva non amare l'arte stessa. L'ispirazione inquieta, la cui cupa fiamma consuma l'artista dei giomi nostri, artista che è condannato più spesso a odiare che ad amare, le consentiva di stare soltanto con i giovani; ma non c'è nulla di più terribile della giovinezza: la giovinezza canora consumò anche lei; si è capovolta la fiaccola e noi, senza conoscere dubbi, andiamo per la sua strada: e la fiamma capovolta della giovinezza è più luminosa delle vecchie candele smoccolanti. Vera Fedorovna Kommissarzevskaja aveva gli occhi e la voce di un artista. L'artista è colui per il quale il mondo è trasparente, che possiede lo sguardo di un bambino, ma in questo sguardo splende la coscienza di un uomo maturo; colui che fatalmente, perfino indipendentemente da sé, per la sua stessa natura, vede non soltanto il primo piano del mondo, ma anche ciò che si cela al di là, quella sconosciuta lontananza che è nascosta allo sguardo comune della realtà ingenua; colui, infine, che ascolta l'orchestrauniversale e le fa eco senza stonare. •· Tutto ciò è tanto semplice per l'artista, quanto incomprensibile per il filisteo, e tutto quanto è incomprensibile per il filisteo, è per lui anche inammissibile, anche odioso. V.F. Kommissarzevskaja vedeva assai più lontano di quanto possa vedere un occhio comune; non poteva non vedere più lontano, perché nei suoi occhi c'era un pezzetto di specchio magico, come in quelli del piccolo Kai nella fiaba di Andersen. Perciò quei grandi occhi azzurri che ci guardavano dalla scena ci stupivano e rapivano tanto; parlavano di qualcosa di immensamente più grande di lei stessa. V.F. Kommissarzevskaja con la sua voce faceva eco all'orchestra universale. Perciò la sua voce esigente e tenera era simile alla voce della primavera, ci richiamava immensamente oltre il contenuto delle parole pronunciate. Ecco perché lei stessa è ora diventata un simbolo per noi. Ecco perché le decine di migliaia di persone che camminavano dietro al carro funebre, decine di migliaia di persone quasi indifferenti a tutto quanto era attorno a lei, tuttavia camminavano, attratte da quel che d'ignoto che stava oltre a lei, da quel che d'inquietante e terribilmente interessante che nasconde in sé il nome Gloria. Avrebbero potuto seppellirla non uomm1, non noi, ma una legione celeste. Avrebbero potuto seppellirla alte e pallide monache sull'erta riva di un fiume, ai piedi di un monastero, nel profumo dei fiori di campo e nella luce di lunghe candele di cera. Angeli beati e ignari del peccato avrebbero potuto portar via la sua anima canora da questo "mondo di dolore e di lacrime". La· sua morte è stata purificatrice per noi. Chi vide come sulla sua tomba si apri il cielo primaverile, quando calarono la bara nella terra, in quell'attimo fu beato e radioso, e tutto ciò che era pesante, difficile e sporco si allontanòda lui. La sua anima era come il più tenero dei violini. Non si lamentava e non supplicava, ma piangeva ed esigeva, perché viveva in un tempo in cui non si può non piangere e non esigere. Fosse vissuta fra altri uomini, in un altro tempo e non in un poBibliotecaGino Bianco lo morto, sarebbe stata, forse, un turbine di g101a: ci avrebbe contagiato di un riso solenne come ora ci ha contagiato di lacrime solenni. Vera Kommissarzevskaja è la nostra fede. Non si offuscherà l'eterna giovinezza di quegli occhi; il violino di quella voce si fonde con l'orchestra del mondo; ora, dopo la morte, canta in essa, chissà dove, perché in vita non ha turbato la sua armonia; non ha ingannato, ma è stata fedele alla musica in mezzo a tutte le note stridentidella realtà del nostro tempo. (7 marzo 1910) INMEMORDIAIVRUBEL' Inavvertitamente sono scorse in mezzo a noi la vita e la malattia del geniale artista. Per il mondo restano i meravigliosi colori e i fantastici disegni rubati all'Eternità. Per pochi - gli strani racconti sulle visioni terrene di Vrubel'. Per una ristretta cerchia di persone - il piccolo volto di cera nella bara, con la frcinte affaticata e le labbra fortemente serrate. Come è corto il ponte verso il futuro! Ancora qualche decina d'anni e la memoria impallidirà: resteranno soltanto le opere, e la leggenda, che si è creata già durante la vita dell'artista. Vrubel' visse semplicemente, come noi tutti viviamo; con tutta la sua passione per gli avvenimenti, nel mondo non ne ebbe a sufficienza; e gli avvenimenti si trasferirono nel mondo interiore - destino dell'artista contemporaneo; quanto più esattamente è suddivisa in quadratini la crosta terrestre, tanto più in fondo, sotto terra, si spingono gli dei del fuoco e della luce che ci guidano. Forse per temperamento Vrubel' non era inferiore a Velazquez o ad altri eroi leggendari a lui simili; quel poco che ci è capitato di sentire su di lui assomiglia più a una favola che alla vita comune. È tutto cosl semplice e, si direbbe, banale - ma intanto a ogni pagina della vita s'intreccia il verde stelo della leggenda; e lo conferma la sua dettagliata biografia, scritta con una nobiltà e una semplicità che sanno d'antico (A.P. Ivanòv scrive proprio come si usava scrivere degli antichi maestri, e del resto come si potrebbe altrimenti? La vita unita alla leggenda è già "agiografia"). Ecco una paginetta della "Leggenda di Vrubel"', che è ormai piuttosto ampia: si dice che abbia ridipinto la testa del Demone fino a quaranta volte; un giorno un tale, trovandolo per caso al lavoro, vide una testa d'inaudita bellezza. In seguito Vrubel' distrusse questa testa e la ridipinse di nuovo - la rovinò, come è detto nel linguaggio della leggenda; tale linguaggio costringe a confermare che l'opera che ora vediamo alla Galleria Tret'.jakovskij è solo un pallido ricordo di ciò che fu creato in un attimo perduto, e afferrato dalla memoria di un'antica persona. È perduto il risultato - e basta; forse è caduto un minuscolo pezzetto di riflesso madreperla da una certa parte del volto; ma il tempo avrebbe potuto fare lo stesso; per noi artisti questo non ha importanza - è quasi indifferente; perché ciò che importa è solo il fatto che sia stata spesa dell'energia creatrice, che il fulmine sia scoccato, che il genio sia nato; il resto riguarda o

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