Linea d'ombra - anno IV - n. 15/16 - ottobre 1986

na. Cosl." Fece il giro del tavolo e si fennò davanti a Charlie. "Ora mettiti al mio posto. Sei Eugene Klingspiel, capo della Gargantua! Pictures. Hai un libro-paga di trecentoquarantaseimila dollari alla settimana. I divi ti prosciugano secco. Nessuno va più al cinema, stanno tutti a casa a sentire la radio. Hai un mucchio di scrittori parassiti che ogni mercoledl prendono la paga puntuali come orologi. Arriva un tizio chiamato Charlie Baer. Si contenta di poco, vuole solo toglierti la camicia di dosso. Che gli dici, tu?" Afferrò i bordi della scrivania guardando Charlie fisso negli occhi. "Cinquecento o mi licenzio," ripetè Charlie. Gli occhi di Mr. Klingspiel scintillarono. La mangusta era seduta comodamente, aspettando la prossima mossa del cobra. "Cerchiamo di ragionare, adesso" disse Mr. Klingspiel. "Ci compro quattro sceneggiatori con quel che do a te." Charlie si alzò. "Ma ecco quel che farò. Trecento..." "Mr. Klingspiel," disse Charlie, "dimenticavo di dirle. La Metro ..." "Come?" Mr. Klingspiel fremeva come un cerbiatto. "La Metro mi ha offerto quattro e cinquanta ieri." "Ah, le cose stanno così?" disse Mr. Klingspiel. "Sarebbe questa la tua lealtà. Uno ti raccoglie dal marciapiede ... quattro e venticinque!" "Senta," disse Charlie glaciale, "sono uno scrittore di copioni, non un venditore ambulante." E si mise il cappello.· "Un momento," disse Mr. Klingspiel. All'improvviso gli si schiarì la faccia. "Gli dò una lezione io a quelli della Metro. A partire dal quindici Charlie Baer prende cinquecento dollari a settimana dalla Gargantua! ... garantisce Eugene Klingspiel in persona! E se avessi qualche difficoltà voglio che tu venga ... Dove vai?" "Pranzo," disse Charlie, e sorrise brevemente. "Sa com'è: una tazza di latte con delle gallette." Mr. Klingspiel ruttò e annaspò in cerca del bicarbonato. TORTURA Durante la nostra convivenza, Saniette accettava le mie imprese più disperate un poco alla maniera in cui si guardano le meravigliose acrobazie di un acrobata. La sua indifferenza era tanto eccitante che le mie esibizioni divenivano sempre più disperate. Una tragedia con un morto solo non è niente a teatro - perché non due morti invece? Perché non cento morti? Con un'idea siffatta in mente le mostravo i miei organi più interni: portavo il cuore e i genitali avvolti attorno al colo. A ogni spettacolo stavo bene attento alla sua reazione - un sorriso o una lacrima. Sebbene recitassi la parte del buffone, non volevo STORIE/WEST Ho dimenticato i tempi in cui riuscivo a ricordare una storia trascorsa con una donna diversamente da una sequenza di pose treatrali - pose che assumevo, pur sapendo di essere ridicolo, perché riuscivano a divertire. Tutto quel recitare avevo uno scopo solo per attirare la donna. Se mi fosse stato possibile suscitare interesse con la mia prestanza fisica, avrei odiato di meno. Ma mi parve indispensabile contrapporre idee bizzarre, motti saggi e spiritosi, una condotta stravagante, l'Arte, ai muscoli, ai denti, ai capelli dei miei rivali. Questa gran mostra di intelligenza altro non era se non un derivato dell'istinto di piacere. Il caso è analogo a quello di un uccello chiamato Amblyomis Inomata. E dire che l'Inomata è cugino dell'Uccello del Paradiso. Ma poiché gli manca il piumaggio sgargiante del cugino è costretto a esteriorizzare le sue piume interiori. L'Intomata pianta un giardino e vi costruisce una casa di fiori per compensare le allegre piume del suo congiunto. Naturalmente la femmina dell'Inomata ama perdutamente il suo artista sciattone; e però, mentre la signora Uccello del Paradiso, nell'incontrare un'amica può dire, "Caro, mostra la coda," la signora Inomata, con sua gran confusione, non è in grado di motivare il suo amore. In un momento particolare soltanto potrà chiedere al signor lnomata di esibire delle piume interiori. Quel che è peggio è che l'Uccello del Paradiso non ha alcun merito per la qualità della sua coda: gli è cresciuta così. Invece l'Inomata è ritenuto personalmente responsabile della sua perfonnance artistica. C'è stato un periodo in cui sentivo di essere davvero uno spirito raro. Allora esprimevo autenticamente la mia personalità confessando con gioia infantile i particolari della mia vita interiore. Ben presto, tuttavia, per interessare l'uditorio, mi parve necessario abbreviare le mie lunghe effusioni e renderle, sforzando l'immaginazione, spettacolari. Ah, quante energie se ne vanno nella ricerca, e nella fuga dall'originale! A causa di donne come Saniette, acquisii l'abitudine al pensiero bizzarro. Ora trasformo ogni cosa in intrattenimento fantastico e l'eccitazionale è diventato un'ossessione. (traduzione di AlessandraContenti) essere frainteso; ero un buffone tragico. un disegno di Nathan Weinstein, amico di West (1920). BibliotecaGino Bianco 39

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