che sia una carriera più adatta per un uomo". Aggiunsi che non mi sarebbe piaciuto per niente viaggiare su e giù per l'America a dare concerti.Egli mi fece i nomi di alcune pianiste, e poiché neanche questomi convinse disse che lo sorprendeva che una ragazza intelligente potesse dare una risposta cosl sciocca senza neanche rifletterci un po'. Mi sentii offesa e per qualche settimana fui fredda con lui. Egli si comportò con la sua solita compostezza,aspettando che il mio malumore passasse. Dopo questo incidente, all'incirca una volta all'anno mi faceva la stessa domandacon la stessa gravità e io gli davo la stessa risposta. Una volta mi capitò di sentirlo che diceva a mia madre: "Dice che è una carriera per uomini". "È ridicolo" gli rispose mia madre, indignata. "È ridicolo" consenti Mr. Simmons. Verso la fine del mio ultimo anno allemedie superiori (una scuola locale, moltomediocre rispetto alla Scuola di Musica e Belle Arti a Manhattan), i miei genitorimi annunciarono che per il diploma volevano regalarmi un pianoforte nuovo, un mezzacoda, e potevo scegliermeloda me. Visitammo i pochi negozi di pianoforti di Brooklyn, perché io potessi farmi un'ideadei vari strumenti.Passaidalle ore a studiarele differenze fra i Baldwin e gli Steinway, i più usati dai professionisti, perché per quanto riguardava il pianoforte, al contrario che per la scuola, io volevo il meglio. Gli Steinway erano brillanti di suono e i Baldwin erano più pastosi, gli Steinway classici e tradizionali, i Baldwin romanticamente fuori del tempo; gli Steinway austeri, i Baldwin sensibili al tocco. D'altra parte, gli Steinwayerano scattanti,a paragonedell'arrendevolezzadei Baldwin; gli Steinway erano robusti e costanti, mentre i Baldwin avevanoun'inquietantemutevolezzadi timbro.Mi piaceva fare delle classificazioni,ma alla fine decisi che il Baldwin era il mio pianoforte,ricco, denso e misterioso,per niente affine al mio modo di suonare, anzi, ora che vi riflettevo, piuttosto somiglianteallo stile di Mr. Simmons. Avevoprogreditoun bel po' dal tempoin cui avevorifiutato di frequentarela scuoladi Manhattan.E poiché avevo scelto di comprarmiunBaldwinvolli cheprovenissedirettamentedalla Casa, la ditta Baldwin al centro di Manhattan.Mia madre disse che potevamochiedere aMr. Simmonsdi accompagnarci per darci un parere su una spesa cosl grossa,e a me parve una buona idea, eccettoper il fatto che i miei genitori erano superflui. Noi due, io e Mr. Simmons, potevamo decidere da soli. Con una certa cautelai miei genitori espresserola loro riluttanza. Forse non era giusto, suggeri mia madre, chiedere a Mr. Simmons di rinunciarea un sabato pomeriggiopar farci un favore. Non ci volle un maestrodi logica per farle rilevare la sua contraddizione.La loro riluttanza mi irritava, ma non volevo darci peso, ancheperché sapevoche non avevaniente a che fare con Mr. Simmons personalmente. Con gli anni, i miei genitori avevano finitocol considerarloun esempiodi correttezBibliotecaGino Bianco STOAIE/SCHWAATZ za morale; evidentemente,quella combinazionedi onestà, cli simpatia e di colorenero lo poneva in una categoria più unica che rara. Il favore lo chiesi io stessa a Mr. Simmons, il quale acconsenti,pur esprimendoanche lui, con cautela,una certa riluttanza, che io, ancorauna volta, ignorai.Mi vedevo nell'immaginazione che passeggiavonel salone della Baldwin con Mr. Simmons,conversandocon raffinatezzasullepiù sfumatedifferenze fra un Baldwin e un altro; e volevo che questa fantasia diventasserealtà. D l sabato pomeriggio arrivò. Ero eccitata. Ero già stata a Manhattan da sola o con degli amici, ma il pensiero di percorrerela CinquantasettesimaStrada,e mescolarmia della gente sofisticata, insieme ad un uomo maturo, visibilmente non parente, discorrendocon lui come con un vecchio amico, mi faceva sentire leggera e iridiscentecome una bolla di sapone. Mr. Simmons venne a prendermi con la sua macchina e mi gustai l'emozione della mia propria disinvoltura mentre mi accomodavosul sedile anteriore parlando da intima amica con un uomo maturo.Mi chiedevo se all'arrivo avrebbe fatto il giro intorno allà macchina per venirmi ad aprire lo sportello, cosa che a quel tempo si faceva nei confrontidelle signore, e io avevo ormai quasi diciassette anni. Invece, senza nemmeno alzarsi, egli aspettòche io fossi scesa e poi chiuse lo sportello dal cli dentro, come certo faceva coi suoi figli e comemio padre facevaconme.Percorremmola CinquantasettesimaStrada, dove la signorilità era cosl diffusa che ne sentivo l'odore: fragranti pellicce, cuoi raffinati, scie cli profumi. La gente ci guardava con interesse. Che cosa meravigliosa!Mi pareva cli poter volare, tanto ero euforica. Che importava che Mr. Simmonsmi conoscesseda quando avevoundici anni, che mi avesse vista fare i capriccicome una mocciosae avesse sentitomia madrecomandarmia bacchetta... Sicuramentevedevaora ladeliziosacreatura adultache all'improvvisoero diventata, e sicuramente era deliziato di scortarmi per la Cinquantasettesima Strada.Avrei volutoprenderlo a braccettoe offrirecosì unquadro benlifinito a tuttaquella gente sofisticata,ma c'eranodelle coseche non ero ancoracapace di fare.Mi pareva di poter volare, ma in realtà riuscivo appena ad accordare il mio passo al passo lungo e sveltodi Mr. Simmons,mentre quasi tutti ci osservavano. Egli mi parlava arnichevolemente,come sempre, ma sembravaa disagio.E sebbene fossimogià in aprile portava il cappotto abbottonato alto e la falda del cappello abbassata. Nelle vetrinedellaBaldwin c'eranoinmostra dei pianoforti magnifici, levigati, scintillanti. Attraversammo il vestibolo ed era come entrare in un palazzo, con un commesso che ci scortava al piano di sopra. Il Paradiso!E tutt'altro che piccolo. 33
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