24 Jeanne Moreau in Querelle. BibliotecaGino Bianco In un'intervista che lei ha rilasciato a Hubert Fichte ha detto, verso la fine, che quando lei parla mente sempre un tantino. Non so se era solo un gesto ironico, una battuta. Cercherò di spiegare. C'era una parte di scherzo, però nel profondo è questo che io provo. Non sono vero che con me stesso. Non appena parlo, sono tradito dalla situa. zione, semplicemente a causa della comunicazione. Sono tradito dalla scelta delle paro. le. Quando parlo a me stesso, da solo, non mi mento. Non ne ho il tempo, non vale la pena che mi racconti delle storie, sono troppo vecchio anche per mentire. Ed è nella solitudine che io accetto di stare con i Palestinesi. Non è quando dico sì a Leila, o par. to con lei, non è in quel momento; è quando sono solo, e quando decido in solitudine. E là, credo di non mentirmi. Violenza e brutalità In questi ultimi anni lei ha taciuto, non ha pubblicato né è apparso in pubblico. Contemporaneamente si è occupato di questioni politiche molto concrete. E contemporaneamente si assiste anche a una risproposta delle sue opere teatrali, in particolare di Il balcone e di I negri. Anche di I paraventi. Si, I paraventi. Chéreau, Neuenfels, Peter Stein hanno messo in scena le sue opere. Questo le interessa ancora? No. Sono davvero molto lontano da tutto questo. Non mi interessa. Ero contento di fare la conoscenza di Stein, un uomo intelligente. Si è sempre contenti di incontrare qualcuno di intelligente. Ero contento di andare a Berlino perché è una città che mi piace, innanzittutto per la sua popolazione prussiana, il popolo, i Berlinesi, che sono persone piene di humour, molto più che a Monaco, per esempio ... Ero contento di tornare a Berlino perché Berlino è anche una parte della mia giovinezza, ci ho abitato quando avevo 22, 23 anni. Poco, ma abbastanza per ritrovare le mie passeggiate lungo la Spree, tre mesi fa. Ero contento, ma ... Chéreau, sì... Neuenfels, non ho visto quello che ha fatto. Non ha visto lo spettacolo? No. Ho visto quello di Stein e quello di Chéreau. Ma quando Chéreau mi ha chiesto di poter fare I paraventi gli ho detto: lei è libero di fare quello che vuole, ma non conti su me per un qualsiasi consiglio, o per dirle come vedo io le cose. La stessa cosa ho detto a Stein. Non mi interessa più, e anzi sentire le cose che ho scritto mi irrita. I paraventi è il mio ultimo lavoro e risale più o meno al '56. È passato molto tempo, sa, e nel frattempo ho fatto dell'altro. Le ho fatto questa domanda perché nei suoi lavori teatrali la violenza ha sempre avuto un ruolo importante, l'atteggiamento dell'uomo difronte alla violenza. Ma è anche qualcosa di molto diverso se lo si paragona alla violenza concreta subita dalle persone che possono morirne. Mi pare che lei faccia confusione tra due parole, una confusione che ho sottolineato in un articolo che ho pubblicato su "Le Monde" cinque o sei anni fa sulla violenza e la brutalità. Mi pare che lei confonda la violenza e brutalità. Con lei sarò brutale, cerchi di non offendersi. Se adesso io la colpissi, così, per impedirle di cadere, sarei senza dubbio violento, però le impedirei di cadere. È una cosa diversa, non crede? Se invece sono brutale semplicemente per capriccio, per gioco, questo non porta a niente. Ma se sono violento ... Prendiamo un uomo e una donna che debbono allevare un bambino, insegnargli l'abbicì, il bambino piagnucola, si annoia, e la madre insiste, A, B, C... La madre fa una violenza sul bambino, gli insegna qualcosa quando lui preferirebbe giocare. Ma si tratta di una buona violenza. Se però la madre, irritata, gli dà dei ceffoni, e può accadere in ogni momento, allora è brutale. Temo che nella scelta delle parole lei confonda la brutalità degli Israeliani, per esempio, con la violenza dei Palestinesi, che è buona, quantomeno ai miei occhi. Fanno violenza non solo agli Israeliani, fanno violenza al mondo arabo, al mondo islamico in generale e penino al mondo occidentale che li rifiuta. Lei ha probabilmente ragione sulla confusione dei termini da me fatta, ma intendevo tornare soprattutto alla differenza dalla brutalità e dalla violenza rappresentate sul-
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