Linea d'ombra - anno IV - n. 15/16 - ottobre 1986

Roger Blin dirige I negri nel 1959 (foto di Ernest Scheidegger). to abbastanza raro che lei prendesse partito cosi concretamente per un gruppo o movimento politico, come le Pantere nere negli USA o la Rote Armée Fraktion in Germania. Mi ha spinto prima di tutto la mia storia personale, che non voglio raccontare. Non è interessante, e se si vuole saperne di più si possono leggere -i miei libri. Ma posso dire che i miei libri (ho smesso di scrivere più o meno da 30 anni) erano parte di un sogno o di una fantasticheria. Sopravvivendo a questo sogno o fantasticheria, per ottenere una qualche pienezza di vita devo entrare nell'azione. Lei ha citato le Pantere nere, la Baader-Meinhof e i Palestinesi. Le risponderò in breve che sono intervenuto quando mi è stato chiesto di intervenire. Le Pantere nere sono venute a Parigi, mi hanno chiesto di recarmi negli Stati Uniti, e l'ho fatto immediatamente. A chiedermi di intervenire in favore della Bader è stato Klaus Croissant. E sono stati i Palestinesi a chiedermi di recarmi in Giordania dieci anni fa. Ed è stata la signora Chahid a chiedermi di recarmi a Beirut un anno fa. Evidentemente mi sono messo nella direzione di chi si ribellava, ma è stato del tutto naturale, perché io stesso sento il bisogno di mettere in questione tutta la società. · Genet come ribelle, come combattente? Ma non è poi cosi facile decidere di recarsi in Libano come combattente o anche come testimone, come qualcuno che poi scrive su questi problemi. Senta. Nel 1967 - non so chi fosse all'origine della guerra, se Nasser o Israele non voglio determinarlo - ero in Inghilterra. Ho preso un treno per la Francia, e nel mio scompartimento c'erano solo inglesi. Ho chiesto loro: "dov'è che state andando?" e mi hanno risposto: "ad aiutare Israele". Erano tutti ebrei. Suppongo che lei trovi ragionevole che degli inglesi si recassero ad aiutare Israele in un momento di pericolo. Perché dunque chiedermi per quale motivo mi sono recato ad aiutare un popolo in pericolo? Ci sono tra i Palestinesi, le Pantere, la Baader-Meinhof e me delle affinità. Ed è normale che io vada ad aiutarli. Non posso aiutarli molto, perché un uomo di 73 anni non può aiutare molto un popolo giovane che si ribella. Ma infine, nella misura in cui posso farlo, lo faccio. Quali affinità ci sono tra l'OLP, le Pantere nere, la Baader-Meinhof e lei? Quali affinità ci sono tra gli inglesi e gli ebrei che entravano in guerra nel '67? Nel suo libro Quatre heures à Chatila, e anche nei precedenti, lei ha parlato della bellezza che era presente in ciò cui ha assistito. Anche di quella bellezza che ha un certo posto macabro e tragico in ciò che accade in Libano. Questa è per me un altra delle ragioni per chiederle perché è andato in Libano. Sono stato anche nelle banche, ma non ho mai visto una banca che fosse bella. E mi chiedo se la bellezza di cui lei parla - per me è ancora un problema, un problema su cui continuo a interrogarmi - e della quale ho parlato in questo libro, non nasca dal fatto che i ribelli hanno ritrovato una libertà che avevano perduto. Sono abbastanza chiaro? Si, un po' ... In cosa consiste questa bellezza, e questa libertà? La bellezza dei rivoluzionari la si vede in una certa disinvoltura, a volte perfino insolenza, nei confronti del popolo che li ha umiliati. Non dimentichi che lei sta parlando con un uomo vissuto 73 anni in Francia, in un paese che ha avuto un impero coloniale immenso. Personalmente sono stato schiacciato, per ragioni che non tengo a spiegarle, dal concetto di Francia. E molto naturalmente sono andato verso i popoli in rivolta che hanno chiesto la mia adesione. La bellezza di cui parlo, e sulla quale non bisogna insistere molto (temo che ci si possa sbagliare), questa bellezza risiede nel fatto che degli ex schiavi si liberino della schiavitù, dalla sottomissione, della servitù per conquistare una libertà nei confronti della Francia, o dell'America per i neri, o per i Palestinesi di Israele e del mondo arabo in generale. Ma non è questa una speranza vana, qualcosa di impossibile e disperato in un mondo come quello attuale in cui la politica è decisa da due grandi superpotenze? Lei mi pone domande difficili, che esigono risposte basate su una riflessione, e non mi dà il tempo per riflettere. Per rispondere, dovrei rifletterci sopra per quattro o cinque giorni. Lei parla di superpotenze. È vero. Ma il gioco tra queste due superpotenBibliotecaGino Bianco 19

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