Jean Gene/ a 16 anni e in una foto Aufort/Rush. BibliotecaGino Bianco L'INTELLETTUALE COMEFRANCOTIRATORE INCONTROCONJEANGENET a cura di Riidiger Wischenbart L'adesione alla rivolta Sembra che lei si sia trovato a Beirut un anno fa (1982), al momento del massacro di Sabra e Chatila. Come c'era arrivato? e cosa ha visto? Non c'ero per caso, vi ero stato invitato dalla "Revue d'études palestiniennes". Siamo partiti insieme per Beirut io e la signora Leila Chahid. Le dico, se vuole, cosa è accaduto durante il mio soggiorno. Siamo arrivati il 12 settembre 1982, prima a Damasco e poi per via di terra a Beirut. Abbiamo visitato la città. Desidero rettificare la dichiarazione del generale Sharon, secondo il quale a Beirut erano state distrutte solo una trentina di case. Se si tiene alla cifra 30, direi che forse non erano più di 30 le case che non erano state colpite, che tutta la città di Beirut era stata colpita. Se non era la facciata sud della casa, era quella nord o uno dei lati, e a volte il centro. Ma tutte le case erano state toccate, meno trenta, se Sharon tiene proprio a questa cifra. Dunque quel lunedì vedo Beirut, e il martedì viene assassinato Gemayel. Di questo si attribuisce la responsabilità tanto alla CIA che al Mossad. La verità non la so più di lei, probabilmente. Il giorno seguente l'esercito israeliano varcava il passaggio del museo, passava per altri punti a Beirut ovest e occupava, fra l'altro, i campi di Sabra e Chatila. La ragione di quest'azione era, è stato detto, che si voleva impedire un massacro. Eppure il massacro c'è stato. Dire che gli israeliani lo abbiano voluto è difficile, non ne sono affatto sicuro. Però hanno lasciato che accadesse. Ed è accaduto in qualche modo sotto la loro protezione, giacché erano loro a illuminare i campi. Se si fa questo, è per riuscire a distinguere amici e nemici, per aiutare i propri alleati, quelli che hanno compiuto materialmente il massacro. Lei si è trovato nei campi di Sabra e Chatila poco dopo che il massacro era avvenuto. Cosa ha potuto vedere? Sono stato a Chatila la domenica. Vorrei che si avesse chiara la topografia dei luoghi. Ho tentato di arrivare a Chatila prima di domenica, ma era impossibile, perché le vie di accesso erano bloccate dai carri israeliani. È stato obbligatorio aspettare che il massacro fosse accaduto, che tutti fossero morti o moribondi o feriti perché gli israeliani se ne andassero e permettessero all'esercito libanese di occupare i campi, per seppellire i morti, per ragioni igieniche, per curare eventualmente i sopravvissuti. È allora che ho potuto entrare, quando l'esercito israeliano ha passato il potere a quello libanese: c'è stato un momento di confusione tra le dieci e le dieci e un quarto della domenica che mi ha permesso di poter entrare. Dopo la visita a Chatila lei ha avuto modo di parlare con dei Palestinesi, dei Libanesi.forse anche cristiani, che erano stati testimoni del massacro? Certamente. Ho parlato con le poche parole arabe e inglesi che conosco, e a volte in francese, con i sopravvissuti, coi feriti, con le donne ... C'è stata un'inchiesta parlamentare israeliana sulle responsabilità del massacro. Le sue osservazioni coincidono con quei risultati? Lo scopo della mia visita e lo scopo di quell'inchiesta non coincidono. Per quel che ne ho capito e che me ne hanno detto anche alcuni israeliani, scopo dell'inchiesta era salvare l'immagine di Israele. Dell'immagine, me ne frego completamente. Non ero lì per quello: andavo per capire una realtà politica e umana. Dunque non posso dilungarmi sullo scopo dell'inchiesta israeliana. Prima il massacro, poi l'inchiesta che cancella il massacro, mi spiego? Cos'è che l'ha spinta a impegnarsi cosìfortemente per l'OLP? Prima d'ora, era sta-
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