126 formale non fine a se stessa, ma funzionale all'impegno semantico. Per l'artista d'inizio secolo, il presente costituiva un dato necessario e ineludibile, il "materiale" di partenza, cui conferire, nelle parole di Eliot, "una forma e un significato". I narratori "postmoderni" dimenticano spesso questa lezione, soffermandosi sul richiamo erudito o su di un'ironia compiaciuta e a se stante. Con Babenco, ciò non accade: il difficile rapporto tra fantasia e realtà, immaginazione sensibile e ragion critica costituisce anzi l'unico vero tema del film, caratterizzandone sia l'intreccio che l'impianto formale. Le molte vicende evocate da Pulg diventano una, e la scelta è significativa; parallelamente, i due protagonisti si diversificano all'estremo, dando vita a due opposti emblematici che· muovono progressivamente verso una riconciliazione e una sintesi. Luis Molina (nella grande interpretazione di William Hurt) incarna il mondo della sensibilità e della fantasia assoluta. "Io non spiego i miei film", egli dice, "sciupa tutto l'effetto". La sua è un'identificazione acritica, che sconfina nella creatività. Eppure, Molina non è un personaggio del tutto positivo: il suo ricorso alla fantasia nasconde una fuga, che lo induce a disinteressarsi del presente e a subirlo, di fatto, in maniera passiva. Ma il film narrato denuncia questa scelta: Molina si ide,;itifica con una "diva" bellissima e stereotipata, raccontando il suo amore per un biondo eroe nella Parigi occupata dai nazisti. Egli si abbandona acriticamente al kitsch, proiettando quegli stessi valori nella sua vita privata. In principio, Molina è soltanto superficialità: è la cultura estetica fine a se stessa, e per questo votata a un edonismo sterile. Pertanto, il suo ricorso ai film e alla fantasia assume un significato diversivo analogo a quello che abbiamo discusso nèl romanzo di Puig; Molina e i suoi seguaci sono moderne reincarnazioni dell'esteta di fine secolo, per il quale, come ricorda Lukàcs, "tutto è soltanto atmosfera: non c'è niente che possa essere più d'uno stato d'animo, ed è una schiavitù opprimente, la più crudele automutilazione dell'anima. La passività assoluta non BibliotecaGino Bianco potrà mai essere principio di vita". Eppure, ciò che in Pulg costituisce una meta è soltanto l'inizio del film di Babenco: una situazione critica e negativa che si evolve verso una prospettiva diversa. Difatti, il film narrato da Molina si rivela uno strumento di propaganda nazista, un chiaro esempio di come fantasia e sentimenti possano assolvere una funzione consolatoria, di connivenza con il potere; nel passato e nel presente: poiché la Diva ha il volto di Sonia Braga, protagonista di innumerevoli telenovelas che vengono prodotte da regimi simili a quello dell'Argentina di Babenco per sedurre un pubblico femminile di scala mondiale. L'omosessualità di Molina acquista dunque un significato più ampio: Luis incarna una cultura che tradizionalmente conosciamo come "femminile", ne possiede la forza ed i limiti. "Se il mondo fosse composto soltanto da donne e da amanti", egli dice, "non vi sarebbero torture né violenze". Ma siccome cosl non è, Molina resta un emarginato: un sognatore debole e passivo, che cede alle pressioni della polizia politica accettando di spiare Valentin. D'altra parte, la razionalità "maschile" e l'impegno assoluto di Arregui sono caratterizzati da una sterilità analoga. I film, e con essi il mondo della fantasia e degli affetti gli sembrano inutili, perché "non servono alla Causa"; non solo, ma egli non può trarne piacere, perché "mi è troppo facile decostruirne il meccanismo". "Perché domandi sempre una spiegazione?" gli rimprovera Molina. Valentin è un'idealista; ma guardando soltanto al mitico futuro della "Causa", egli dimentica il presente e ciò che di concreto è possibile fare. Ancora una volta, il film narrato si rivela significativo: i nazisti si credono "buoni", possiedono gli stessi connotati tradizionalmente positivi degli eroi di Hollywood; i loro ideali sembrano altrettanto puri, e le certezze dello spettatore diventano ambigue. Paradossalmente in Babenco, l'eroe nazista è in buona fede; e il più crudele esponente della polizia politica, quello che uccide Molina alla fine del film, è un poliziotto negro. L'ideologia può rendere ciechi, i suoi stereotipi deformano la realtà tanto quanto quelli della fantasia. L'unico criterio di verifica si trova dunque nel presente: ogni ideologia è portatrice di morte, quando non esita a distruggere il presente per un futuro migliore; perché non c'è futuro che non si costruisca sul presente, non c'è sociale che non rimandi a un privato vivibile. Questi sono i presupposti dai quali muove Babenco stesso: la sua sintesi si concretizza proprio in un presente assunto come criterio primo, quello della realtà sociale e privata a un tempo della cella e dell'amicizia fra i due. Il ritmo del film è costituito dal progressivo riavvicinamento tra i due estremi. Valentin, avvelenato dai suoi carcerieri, scopre con terrore di non voler essere un martire; Molina, in procinto di essere scarcerato si accorge che la sua vita fuori è inutile e priva di senso. La simbiosi, evocata simbolicamente dall'incontro sessuale dei due, genera una nuova e comune idea di individuo completo: "chi non umilia nessuno, ma nemmeno si lascia umiliare da nessuno". Un individuo pacifico e sensibile, ma anche critico e non passivo. Questo messaggio ci giunge da un regista argentino, da un paese in cui le condizioni di vita sono ancora drammatiche. Babenco non cade mai in facili ricorsi all'impegno: la critica all'ideologia cieca costituisce anzi uno dei temi centrali del film. D'altra parte, il difficile approccio al mondo della fantasia e dell'evasione rappresenta un avvertimento per la nostra cultura occidentale, sempre più tesa verso una superficializzazione dei valori, un'esteriorizzazione edonistica della vita estetica. L'esempio di Babenco è una condanna implicita di tanto scetticismo sterile, complementare, e forse complice, al neomanierismo tipico dei giorni nostri: due aspetti di un unico male.
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