dici della q11alitàdella vita (al posto del reddito pro-capite Passmore propone il grado di sospetto reciproco tra gli appartenenti ad una comunità). Nodi particolarmente delicati sono quelli della relazione tra libertà e coercizione, ovvero come indurre i cittadini a non inquinare ("Non c'è dubbio che un regime di imprese completamente libere non è compatibile con il controllo dell'inquinamento" (pag. 74), e quello della competenza territoriale, ovvero l'inquinamento non rispetta i confini geografici e quindi come indurre uno stato a non scaricare i propri rifiuti inquinanti sul territorio del vicino. Quest'ultima questione relativa ai problemi politici internazionali non è stata assolutamente affrontata in tanti anni (a questo proposito è ormai famoso il caso dei laghi norvegesi uccisi dalle piogge acide a causa degli scarichi industriali britannici, meno famoso invece quello della Svizzera che ha piazzato un deposito di scorie radioattive nel Cantone dei Grigioni, che fa parte del bacino idrografico italiano). Ma soprattutto si incontra una riflessione sul controverso ruolo della scienza: "Si è tentati di rifiutare l'idea che solo la scienza e la tecnologia possano risolvere i problemi ecologici, perchè equivale un po' a chiamare il diavolo come esorcista... Tuttavia la soluzione di un problema ecologico normalmente dipenderà dalla precedente soluzione di un problema di ecologia" (pag. 60). Il tentativo di Passmore è dichiaratamente quello di mantenere tutto entro i confini della tradizione occidentale e all'interno del modus analitico. "La tendenza dominante della scienza occidentale è stata quella analitica e atomista... La scienza non è intrinsecamente atomista" (pag. 184), questo per dire che l'ecologia non deve essere vissuta come una fuga verso il misticismo olistico, "L'ecologia infatti, per quanto molti suoi adulatori vogliano dimostrare il contrario, è un serio tentativo scientifico, subordinato all'aiuto del computer come delle altre innovazioni tecnologiche, di capire una cosa che per gli scienziati è ancora misteriosa, e cioè come le popolazioni rispondano ai cambiamenti ambientali" (pag. 186). Insomma, secondo Passmore, la considerazione delle interrelazioni e delle strette connessioni esistenti nei cicli biologici non può essere un motivo di rinuncia alla loro comprensione (è quella che oggi alcuni autori chiamano "la sfida della complessità"). Nel concludere Passmore afferma che non c'è bisogno di una nuova etica, basta guardare meglio '.in quello che già abbiamo a disposizione: "Le maggiori cause dei nostri disastri ecologici, a parte l'ignoranza, sono avidità e mancanza di lungimiranza, che in parte coincidono... Eppure la nostra società, che ufficialmente condanna l'avidità, in pratica approva la massima di Orazio: 'Cerca di far soldi, se è possibile con mezzi giusti altrimenti con qualsiasi mezzo'" (pag. 197); "Se la crescita economica è definita come utilizzazione più efficiente delle scarse risorse, quindi come maggior risparmio, allora quello che si intende comunemente per crescita economica può in realtà costituire una recessione. (pag. 200); "un ostacolo (all'ecologia) è rappresentato dall'idea che continuerà per sempre un flusso costante di prodotti sempre più perfezionati che rimpiazzeranno quelli vecchi e fuori moda... L'unico modo soddisfacente, in certi casi, sembra essere la rivalutazione dei prodotti di una volta" (pag. 78). Questa ultima affermazione vale anche per le idee. In sostanza Passmore ripropone la vecchia figura dell'uomo che amministra e coopera con la natura, su un piano tradizionalmente antropocentrico e occidentale. "L'Occidente moderno lascia aperte molte più possibilità della maggior parte delle altre società; le sue tradizioni intellettuali, politiche, morali, sono complesse, diversificate e fruttuosamente discordi... Se fra un secolo gli uomini vivranno peggio di oggi, non sarà perché le tradizioni occidentali hanno confuso loro le idee : l'avidità, l'ignoranza, la mancanza di lungimiranza non sono invenzioni occidentali" (pag. 204). Una difesa strenua e appassionata di una tradizione che andrebbe criticata più a fondo. Le acquisizioni della complessità non sono sufficienti per dare all'uomo occidentale quella visione di rispetto che la natura merita. Passmore si rifiuta di estendere la nozione di diritto a tutto ciò che non è umano. La natura non ha diritti, e BibliotecaGino Bianco SCHEDE/TARPINO cosl gli animali, ma siamo noi che possiamo conferirli, e sarebbe bene che lo facessimo anche in un'ottica strettamente antropocentrica. In questo libro non si ha, e non si potrebbe avere, alcuna eco di quel salto di paradigma che molti invocano oggi, come garanzia della stessa sopravvivenza del genere umano. Forse oggi si ha una migilore percezione dell'urgenza dei problemi ecologici e della necessità di invertire la rotta. L'allarme è maggiore. Certo non basta il suggestivo appello di Passmore a "un atteggiamento più sensuale nei confronti del mondo, in cui riusciremo solo vivendo ogni singolo momento come un oggetto di piacere immediato, invece di cercare costantemente il potere e la sicurezza che la ricchezza ci dà" (pag. 198). Sarebbe già un significativo passo avanti se il messaggio di questo libro venisse accolto dai difensori estremi della civiltà occidentale che, nonostante le promesse elettorali, amano prima di tutto la ricchezza. Ma la colpa non è solo dei politici. La critica dei consumi sfrenati non è un argomento di grande presa, soprattutto tra i giovani, e questo non è di buon auspicio. Rimangono quindi di grande valore molti dei segnali, lanciati 12 anni fa da Passmore, che oggi possono costituire una base di dibattito per un movimento verde alla ricerca di una teoria morale e politica. La. rwstra responsabilità per la natura pur essendo un libro noioso e di non facile lettura, offre dei lineamenti teorici criticabili ma solidi e anche una bibliografia straordinariamente ricca e aggiornata al 1980. Una solidità che certamente manca a gran parte dei partecipanti ai movimenti ecologici occidentali, divisi tra pragmatismo e radicalismo, tra nostalgici della rivoluzione comunista e amanti del patinato, tra integralismo erodista e passione per le tecnologie innovative, tra elogio delle fuga e abnegazione della militanza. Un dibattito sulle idee, oltre che sulle iniziative a breve termine, non sarebbe poi male visto che, e su questo possiamo certamente essere d'accordo con Passmore, uno dei responsabili dei nostri mali è la mancanza di lungimiranza. 115
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