114 SCHEDE/TERRAGNI na che ogni cosa esistente sia fondamentalmente buona e degna di vivere per sé. Non è esattamente la stessa concezione diffusa in Occidente, dove George Herbert nel XVIII secolo scrive. È per noi che soffiano i venti e che la terra è ben ferma, e gira il firmamento: per noi l'acqua sprizza dalle fonti, ogni cosa attorno a noi si propone il nostro bene. Le radici della distruzione della natura affondano in profondità nella nostra storia di uomini occidentali, ma solo noi abbiamo a disposizione gli strumenti morali e intellettuali per far fronte a questa grave situazione senza compromettere le conquiste irrinunciabili della libertà. Questo, in estrema sintesi, il pensiero di fohn Passmore, il filosofo australiano un cui famoso libro (uscito nella prima edizione nel 1974 con il titolo Man's responsability /or nature) viene proposto al pubblico italiano dall'editore Feltrinelli nella collana "Presenze" con il titolo La nostra responsabilità per la natura (pag. 235, L. 29.000). Il tema affrontato, nonostante siano passati 12 anni dalla comparsa del testo originale, è di sempre maggiore attualità. L'ecologia non è passata di moda ed è drammaticamente destinata a diventare una costante. Nel frattempo i movimenti verdi e i contributi dei teorici dell'ecologia politica hanno messo a fuoco le emergenze ecologiche e i loro nessi con l'industria e la filosofia della crescita illimitata. Ancora insoluto invece, anche se necessariamente sottinteso, il problema della definizione di quale morale adottare, di quale piano, anche filosofico, assumere per impostare un nuovo rapporto uomonatura, o meglio civiltà-natura. "Nel rapporto dell'uomo con gli animali, con i fiori, con gli oggetti della creazione, c'è una grande etica, per ora appena percepibile, che dovrà in futuro venire imperiosamente alla luce e che sarà compimento e corollario dell'etica umana". Le speranze di Vietar Hugo per ora sono rimaste deluse e forse -lo saranno per sempre. Saremo noi uomini capaci di stravolgere il modo in cui è stato impostato in Occidente il rapporto con la natura, e per farlo dovremo compiere una sorBibliotecaGino Bianco ta di rivoluzione metafisica che riconosca alla natura dignità e diritti, indipendentemente dal suo utilizzo da parte dell'uomo, oppure per la definizione di una nuova morale è sufficiente il tradizionale piano antropocentrico? Il problema è impegnativo e il percorso è costellato di trabocchetti. Compito del filosofo, dice Passpiore citando Locke, è di "fare il lavoro del manovale e di sgombrare un po' il campo rimuovendo i rottami che stanno sulla via della conoscenza" (pag. 183). Con questo libro dunque l'autore si è posto il problema di aiutare la risoluzione dei problemi ecologici che affliggono l'umanità. Come? Per prima cosa Passmore cerca di ripescare le origini del dominio dell'uomo sulla natura. E non può fare altro che andare a scavare nell'Antico Testamento di cui riporta due possibili interpretazioni: "la prima è che l'uomo è un sovrano assoluto, trasimacheo, che si interessa al mondo che Dio creò per lui solo per trarne profitto: la seconda è che, come il pastore platonico, l'uomo si prende cura degli esseri viventi a lui sottomessi per il loro bene, governando non con la forza e la crudeltà ma come un buon pastore, preoccupandosi di consegnare gli animali del gregge nelle migliori condizini al suo padrone, che solo può decidere del loro destino" (pag. 25). Vi si ritrovano le due concezioni dominanti derivate dal cristianesimo, quella agostiniana e quella francescana. In entrambe comunque la natura non è sacra, come lo era per esempio in alcune religioni nordiche. La prima di queste concezioni trovò rinforzo in Aristotele e in buona parte della filosofia greca. Per questo Passmore afferma che si tratta di arroganza "greco-cristiana" e non "giudaico-cristiana". Nell'Antico Testamento, osserva Passmore, è ancora "fortissima la contraddizione fra la nuova agricoltura incentrata sull'uomo e la vecchia vita nomade-pastorale, incentrata sulla natura, che molti ebrei rimpiangevano" (pag. 28). Si tratta di quella transizione al neolitico che ha fondato la moderna civiltà ancora più della rivoluzione industriale, si tratta della nascita dell'agricoltura, avvenuta tra il 10.000 e il 6.000 a.e.. Ed è in Europa che la prima concezione del dominio dell'uomo sulla natura prendere piede in Europa dove successivamente con Bacone e Cartesio, viene spianata la strada alla tecnologia. Per Cartesio "ogni cosa che vive, esclusa la mente umana, identificata con la coscienza, è solo una macchina e gli uomini, in virtù di ciò, possono manipolarla senza scrupoli... la filosofia di Cartesio è il manifesto della rivoluzione industriale" (pag. 36). Marx purtroppo non introduce da questo punto di vista alcuna novità, e nonostante gli sforzi di Engels ("i problemi ecologici dell'uomo non sono conseguenza inevitabile del processo di incivilimento, ma frutto dell'ignoranza e dell'avidità tipiche del capitalismo", pag. 40) i paesi socialisti mostrano di non avere niente da imparare dal capitale in materia di distruzione della natura. L'Oriente, da parte sua, ha ormai quasi completamente abdicato alla propria tradizione, più rispettosa della natura, considerata sacra in Giappone, mentre in Cina la notevole industriosità era basata sul principio di conformarsi alla natura. Tutto il mondo e tutte le forme di civiltà sono rimaste intrappolate dal modello di sviluppo occidentale e ovunque è filtrata la sua ideologia di dominio sulla natura. I problemi ecologici riguardano l'intero globo. Ma cos'è un problema ecologico? "Innanzitutto un problema ecologico non è la stessa cosa che un problema in ecologia. Un problema in ecologia è un problema puramente scientifico... Un problema ecologico invece, è un problema sociale di tipo particolare" (pag. 57). Questo per Passmore significa che la soluzione di questi problemi richiede un approccio interdisciplinare che coinvolga scienziati e tecnologi, ma anche politici, amministratori, sociologi, storici, filosofi, economisti, ecc... L'autore prosegue prendendo in considerazione quattro problemi ecologi: inquinamento, conservazione, preservazione e moltiplicazione. Inevitabilmente la definizione di· queste quattro categorie di problemi risente molto del tempo trascorso dalla prima stesura. Nel corso della loro analisi sorgono questioni ormai ben note: la valutazione del rapporto costi/benefici, la difficoltà di inserire in esse beni non quantificabili e quindi i possibili in-
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