Linea d'ombra - anno IV - n. 15/16 - ottobre 1986

104 SCHEDE/COHEN c'è di individuale e personale nelle tragedie storiche e nei fenomeni naturali lo affascina. Sarà un amore assoluto, inarrestabile, testardo, la molla di una guerra privata all'evidenza e alla convenzione, di uno sforzo - faustiano, appunto - per "trasformare la propria biografia in destino"; durante gli anni dell'occupazione tedesca Toro metterà in scena la sua suprema finzione: parallelamente alla sua attività nell'esercito nazionale clandestino inventerà una finta organizzazione partigiana, allo scopo di affidare a Tola missioni senza importanza in cui la sua attenta regia avrà escluso ogni pericolo per la ragazza. Ma una sorte beffarda è in agguato e la finta cellula sfugge dalle mani di Toro, acquista consistenza ed autonomia fino ad inserirsi nel complesso gioco politico di alleanze ed ostilità con cui viene preparata la liberazione nazionale. È una faccenda di cui è bene non anticipare l'esito, per non guastare la "suspense" di cui le pagine di Rondò sono ricche e perché si tratta solo di alcune linee di un intreccio difficilmente sintetizzabile in poche parole. Ciò che si può dire è che la battaglia del protagonista è battaglia della ragione contro la presunta ineffabile necessità dell'ordine naturale, per una "normalità" governata dall'immaginazione e da un'etica razionale, in contrapposizione alla meccanicità impazzita dei processi storici, battaglia condotta con determinazione maniacale, in cui il segno della follia che accompagna gli atti di Toro ("il testimone invisibile ed onnipresente delle mie azioni") si rivela uno strumento in possesso della ragione che si scontra con mostri e follie impersonali ben più terribili dell'inclinazione fantastica del giovane venuto dalla provincia (''ero stato colpito alla nuca perché aiutavo a rialzarsi un uomo caduto a terra!" È il primo incontro con il nazionalsocialismo). La vita di Toro è una sfida all'idea stessa che ci siano leggi ineluttabili dell'esistenza, un tentativo razionale in chiave fantastica di organizzazione dell'universo mondano e ultramondano, concepito da una mente che ha imparato (in carcere!) "a pensare secondo fatti immaginari", che ha diviso la storia della sua vita BibliotecaGino Bianco in tre epoche, delle quali l'ultima ("la chiamo metaforica perché solo in questi anni ho incominciato a sentire l'artificiosità delle condizioni del mio modo di vivere su questa terra - delle condizioni, vale a dire cose, eventi, sentimenti, forme o ancora delle varie circostanze immaginarie che in effetti finiscono per costituire una sorta di metafora. È questa metafora a trasferire poi il vero contenuto o senso su un piano di significati riprodotti, più accessibili alla mente.") è quella in cui si condensano e si rendono comprensibili, attraverso una rielaborazione coscientemente intessuta di invenzione, i significati delle epoche precedenti. Brandys scopre in parte il suo gioco, rivela l'ambiguità e la parziale intercambiabilità dei termini astratti (come "verità", "libertà", "individualità"...) di cui fa uso; nel suo "razionalismo capace di sognare" non rinnega, ma anzi porta oltre i suoi esiti prevedibili la tendenza al trascendente propria della sua formazione culturale; il suo, come quello di Tom, è uno sforzo di dare ordine "alle cose terrene, umane e mortali o, se vogliamo, non terrene, non umane e immortali". Impresa condotta con una maestria impressionante, coinvolgendo il lettore e costringendolo ad entrare nella vicenda con le sue proprie capacità di organizzazione e ordinamento dei dati fomiti dalla memoria; Brandys sembra in grado di orchestrare persino il ricordo che chi legge avrà di ciò che è narrato, costringe chi si accosta al suo libro a farsi interprete di cenni e indizi, a muoversi in quel plesso di fatti, considerazioni, emozioni che si raggrumano intorno a poche immagini e sensazioni sciolte dall'ordine cronologico che dovrà essere ricostruito dal lettore, come se la memoria del narratore fosse la sua personale memoria, come se protagonista fosse lui. Prodigi di una tecnica narrativa che fa affiorare dall'interno della coscienza di chi legge una trama inesauribile e compatta, spasmodica e tesa, una tecnica che costituisce una conferma per assurdo dell'idea di Milosz secondo cui "l'uomo può essere raggiunto soltanto di sbieco, attraverso tutto quello che ne costituisce il prolungamento e il continuo mascheramento, ossia nel suo momento storico". Il momento storico, in questo caso, sarà quella "età metaforica" in cui, nella capacità di sfidare il passato con la fantasia, si specchia l'interno, illusorio, ordine dell'universo. Un inno all'artificio, quindi, all'artificialità come sola alternativa individuale ad un secolo in cui tutto corre per inerzia e senza ragione. Artificio: c'è nel romanzo una definizione dell'epoca in cui si svolgono i fatti che sembra piuttosto, e senza sbavature, una definizione di "romanzo": "ricca di eventi, ma anche di decisioni vitali, di scioglimenti in un certo qual modo teatrali e inoltre di azioni disinteressate". Artificio anche come possibilità di opporsi, dominandole, al terrore che la forza delle parole, sfuggite al controllo della ragione, incute: la figura di Cezar, il grande attore che, ossessionato da quel terrore, è trascinato alla perdizione della viltà, del collaborazionismo, fino alla morte, si rivela centrale in un breve passo in cui Brandys, quasi per caso e senza nominare Cezar, identifica il trapasso da un periodo storico a un altro con un mutamento del linguaggio, con la nascita di nuove parole. La battaglia del protagonista narrante, Tom, e quella di Brandys presentano almeno un denominatore comune, opera e funzione entrambe di una memoria che, frantumata dall'impatto con il tempo storico, riannoda i propri brandelli in successioni determinate dall'affiorare di una sensazione, da un'attesa, da un'ipotesi e soprattutto ordinate secondo un progetto di architettura fantastica. L'ALTRAFACCIADI LADYLIBERTY Regina Hayon Cohen Avete certamente seguito le imponenti e multicolori manifestazioni del centenario di Lady Liberty, come ormai tutti la chiamano, i discorsi celebrativi, le professioni di orgoglio di numerosi personaggi del mondo politico, artistico e culturale, di gratitudine per il caloroso invi-

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