Linea d'ombra - anno IV - n. 15/16 - ottobre 1986

8 APERTURA/JASPERS Opera come diversivo il fatto che l'attenzione venga rivolta verso realtà laterali, che sono invero di natura grave ma non di importanza assoluta. - Opera come limitazione, il fatto che la realtà venga trattata isolamente, mentre conserva il suo peso solo in correlazione con il tutto dell'esistenza umana e con i problemi dell'uomo relativi a se stesso - Procura dimenticanza, l'imbarazzo del momentaneo benessere proprio della prosperità economica. I metodi che servono da diversivo e da protezione e che procurano dimenticanza non si realizzano spontaneamente. Potrebbero essere superati solo attraverso una totale riflessione, che produca anzitutto una conversione nel singolo uomo. Con essa l'umanità potrebbe essere colta come da una ondata, non solo di paura, non solo di indignazione contro tutto quello che sospinge al declino, ma anche di ragionevole volontà. Questa indagherebbe sulla totalità della nostra umanità, della nostra vita, dei nostri impulsi. Dalla eterna origine potrebbe cominciare di nuovo quello che noi dobbiamo essere per essere degni di vivere. Solo qualora la coscienza del fatto nuovo giungesse ad influenzare la vita, anche la consueta politica, coi suoi interessi e coi suoi scopi, potrebbe mutarsi in una nuova politica, all'altezza délla minaccia distruggitrice. Che questo avvenga non potrà mai provocarlo uno scritto. Ma la comunicazone del puro pensiero, se molti procedono su vie simili, può destare attenzione e ben predisporre. 4. Descriviamo lo stato attuale, che, nel parlare come se si sapesse, desta l'impressione di una volontà di non sapere. Quello che necessariamente ci rende stupiti quando lo leggiamo, sprofonda subito sotto altri fatti sensazionali. Quello che forse al momento non si mette in dubbio, non lo si fa tuttavia penetrare nel proprio cuore come così mostruoso. Ci sorprendiamo del fatto che, quello che è certo, tuttavia non lo prendiamo propriamente come certo. Non sappiamo però ancora nulla della realtà delle cose. Qui sapere significa persuadersi che si tratta del fatto estremo per noi, da cui tutto quello che noi siamo e dobbiamo essere dovrebbe essere mutato, per così dire, in una situazione tutta diversa. Si potrebbe domandare: se i primi Cristiani hanno creduto alla fine del mondo ed erano sicuri di ciò senza saperlo, anzi addirittura sbagliando - oggi si deve ancora credere quello che si sa, perché quello di cui ci si impossessa come realtà divenga un momento della pratica della nostra vita. Lo si lascia stare, come se non riguardasse nessuno, non essendo ancora acuto, in questo momento, qui e adesso. Come il malato dimentica il suo carcinoma, il sano dimentica che deve morire e il fallito che non c'è più via di scampo, forse così ci comportiamo anche noi di fronte alla bomba atomica, e, nascondendo l'orizzonte della nostra esistenza, continuamo ancora per un tratto spensieratamente? Il meglio sarebbe non sapere nulla del pericolo atomico. BibliotecaGino Bianco Ci si difende: sotto la minaccia della catastrofe totale non si può fare né politica né progetti. Vogliamo vivere, non vogliamo morire. Se però subentra quella sciagura, tutto è finito. Non avrebbe senso di pensarci. È come se questa fosse una di quelle cose di cui, per decenza, si tace. C'è il pericolo, infatti, che renda la vita insopportabile. Ma questa insopportabilità è quello che, solo, può portare all'evento che cambi il dato di fatto stesso così minaccioso. Quale concetto volutamente cieco della vita! L'allontanarsi del possibile va contro la ragione. Chi è consapevole di sé vuole sapere quello che si può sapere. E quale cattiva politica! Oggi ci vediamo ineluttabilmente all'ombra della grande catastrofe. Trattare una reale possibilità, non ancora ponderata in nessun modo, come se scomparisse nel caso che la si escluda, è come seguire il contegno dello struzzo. Che quella catastrofe sia stabilmente davanti agli occhi come una possibilità, anzi come una probabilità, è oggi una potente risorsa per la conoscenza di se stessi in genere, e in pari tempo l'unica possibilità per il rinnovamento politico e quindi per la difesa dalla catastrofe. Quello di cui qui si tratta dovrebbe penetrare nella vita quotidiana di tutti gli uomini, come invito alla riflessione. Qui è l'orizzonte degli eventi reali in cui ci dobbiamo porre. Non possiamo semplicemente sopportare quello che viene. La volontà di non sapere è già essa stessa la sciagura. La nostra speranza è che tutti gli uomini lo sappiano e che questo sapere sia fatto cosa propria e abbia delle conseguenze. Se ci si impossessa del sapere, questo può da solo prevenire la sciagura. Non solo rende possibile isolatamente un comportamento opportuno ma, molto di più, consente che l'uomo muti se stesso e la sua vita e che la sua struttura venga coniata a nuovo. (dalla prefazione a La bomba atomica e il destino dell'uomo, 1958; edizione italiana Il Saggiatore 1961).

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