OTTOBRE1986 /NUMERO 15/16 LIRE 9.000 I rivistabimestraledi storie, immagini, discussioni YL (K. JASPERSEG. / CORTAZAR / D.DEANDRA CONSOLO/ GRACQ/ ALTMAN/ STRAUBEHUILLET SPED.IN ABB. POSTALEGR. IV· 70% · VIAGAFFURIO,4 · 20124 MILANO BibliotecaGino Bianco
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per lo sviluppo dei vostri affari in tutto il mondo 500 Filiali in Italia. Filiali e uffici di Rappresentanza in: Lussemburgo, Buenos Aires, Bruxelles, Francoforte s/M, Londra, Mosca, New York, Parigi, Sofia, Zurigo. CORRISPONDENTI IN TUTTO Il MONDO. Biblioteca Gino Bianco BANCO DJ: NAPOLJ: Istituto di Credito di Diritto Pubblicodal 1539
GIORGIO ARMANI Biblioteca Gino Bianco
Direttore Goffredo Fofi Gruppo redazio_nale . Mario Barengh1, Alessandro Bancco, Alfonso Berardinelli, Gianfranco Bettin, Franco Brioschi, Marisa Caramella, Severino Cesari, Grazia Cherchi, L~ca Clerici, Pino Corrias, Stefano De Matte1s, Bruno Falcetto, Fabio Gambaro, Piergiorgio Giacchè, Filippo La Porta, Claudio Lolli, Maria Maderna, Danilo Manera, Santina Mobiglia, Maria Nadotti, Antonello Negri, Gianandrea Piccioli, Roberto Rossi, Franco Serra Paola Splendore, Gianni Volpi. Direzione editoriale Lia Sacerdote Progetto Grafico Andrea Rauch/Graphiti Ricerche fotografiche Fulvia Farassino Hanno inoltre collaborato a questo numero: Adelina Aletti, Marcella Bassi, Ottavio Cecchi, Camilla Cederna, Pilin Hutter, Laura Lepetit, Gad Lerner, Maria Teresa Mandatari, Vanna Massarotti, Grazia Neri, Carla Rabuffetti, Emanuela Re, Mariolina Vatta, Emanuele Vinassa de Regny, Storiestrisce, la casa editrice E/O, la casa editrice Marsilio, le librerie Milano Libri e Feltrinelli di Via Manzoni (Milano). Editore Media Edizioni (staff editoriale: Edoardo Fleischner, Lia Sacerdote) Via Gaffurio, 4 - 20124 Milano Telefono 02/6690931-6691132 Pubblicità Media Edizioni Composizione e montaggi M. Ariazzi, A. Cassi, F. Valerio Distribuzione nelle edicole Messaggerie Periodici SpA aderente A.D.N. Via Giulio Carcano, 32 - Milano Telefono 02/8438141-2-3 Distribuzione nelle librerie PDE - Viale Manfredo Fanti, 91 50137 Firenze - Te!. 055/587242 Stampa Litouric sas - Via Puccini, 6 Buccinasco (Ml) - Te!. 02/4473146 LINEA D'OMBRA rivista bimestrale di storie, immagini, discussioni Iscrizione al tribunale di Milano in data 5.2.1983 - numero 55 Direttore responsabile: Severino Cesari Sped. Abb. Post. Gruppo IV /700/o Numero 15/16 - Lire 9.000 Abbonamenti Abbonamento annuale a sei numeri: ITALIA: L. 30.000 da versare sul c.c.p. n. 25871203 intestato a "Linea d'Ombra" o a mezzo ass. banc. intestato a Media Ediz. EUROPA: L. 50.000 - ALTRI PAESI: L. 60.000 a mezzo ass. banc. intestato a Media Edizioni. I manoscrilli non vengono restituiti. Si risponde a discrezione della redazione. Si pubblicano poesie solo su richiesta. N.B. Di alcuni dei testi pubblicati in questo numero ci è stato impossibile rintracciare i detentori dei diritti. Ce ne scusiamo e ci dichiariamo pronti ad ottemperare ai nostri obblighi. LINEDA'OMBRA anno IV ottobre 1986 numero 15/16 Sommario APERTURA 4 Karl Jaspers La bomba atomica: e il destino dell'uomo STORIE 10 30 38 44 48 49 Julio Corwzar Lynne Sharon Schwartz Nathanael West François Kahn Aleksandr Blok Mario Schellini Incubi Il ceto medio Due racconti Tre incontri a Manhattan Né sogni, né realtà e altri scritti Il cippo dell'abbondanza POESIA 26 56 Carlos Drummond de Andrade Giovanni Giudici Halley e altre poesie Poesie BOTTEGA 14 16 18 36 40 85 Vincenzo Consolo Kazimierz Brandys Jean Genet Nathanael West Robert Altman D. Huillet e J.M. Straub Per un giudizio sull'attuale romanzo italiano Attorno a "Rondò" a cura di Sandro Ferri L'intellettuale come franco tiratore a cura di Rtidiger Wischenbart Violenze Gli anni delle mele a cura di Katherine Dieckmann Materializzare le sensazioni a cura di Giorgio Baratta e Giulio Latini DISCUSSIONE 52 54 57 97 Goffredo Fofi P. Borroni, A. Ogliari, A. Sparzani Julien Gracq Ciani Stuparich Fuori dalla cornice Omero, Borges e Kublai Kan Perché la letteratura respira male La poesia di Virgilio Giotti SCHEDE 103 64 127 128 STORIE - Kazimierz Brandys (L. Rastello), Henry Roth (R.H. Cohen), J.G. Ballard (G. Fofi), Italo Calvino (B. Falcetto), Marco Lodoli (F. La Porta), Sergio Atzeni (G. Fofi), Roberto Pazzi (B. Pischedda). SAGGI - John Passmore (F. Terragni), Georges Duby (A. Tarpino), Franco Moretti (M. Barenghi), Mary Mc Carthy (L. eterici), Fiamma Nicolodi (G. Armani). CINEMA - Robert Altman (M. Nadotti), Hector Babenco (R. Scafi). PARLIAMO DI: Cernobyl (Giinther Anders), Assessorati alla cultura (P. Giacchè), Fumo al femminile (G. Cherchi), Borges e borgesiani (G. Fofi), Stefano Tamburini (G. Ascari), Festival di Bellaria (G. Fofi), Giacomo Noventa (G. Giudici), David Scher (M. Nadotti), Arabi a Roma (M. Colafato), Maria Regis (G. Cherchi), Vincenzo Cerami (S. Onofri). INCONTRI CON: Anna Maria Ortese (M. Vergani), Marco Lodoli (F. La Porta), Sergio Atzeni (G. Fofi), Luca Gasparini e Luca Pastore (G. Fofi). ANTOLOGIA: Una poesia di Carlo Emilio Gadda; Jorge Luis Borges su Orson Welles e sul dottor Jekyll e mister Hyde; Quattro poesie di Giacomo Noventa. La copertina di questo numero è di Andrea Rauch Libri da leggere Gli autori di questo numero BibliotecaGino Bianco
"AIItheNews That'sFittoPrint" VOL. XCIV •• ,. No. 31,9n ..... ~ ~l}tNtro lf-0 k ti-;t,. Copyrtl(bt, 1kl. ~ Tao. H.'.;, T 7, 1945. CITY EDmON PutlY doudy, ,e.- hum~ tod&)', CSou,dy UNI wann \offlOn,>W, =::!~~n.,i::_-.: THREE CENTS nw ~" un FIRST ATOMIC BOMB DROPPED ON JAPAN; MISSILE IS EQUAL TO 20,000 TONS OF TNT; TRUMAN WARNS FOE OF A 'RAIN OF RUIN' Biblioteca Gino Bianco 'lmpenetrable' Cloudof DustHidesCityAfter SingleBombStrikes
LABOMBATOMICAEILDESTINODELL'UOMO Kart Jaspers I. IL NUOVO DATO DI FATTO Da sempre, in fase iniziale, nuove anni di distruzione sono state dichiarate delittuose, dai cannoni fino al siluramento senza preavviso da parte dei sottomarini durante la prima guerra mondiale. Ma subito, per abitudine, la loro esistenza divenne un dato che non destava problemi. Oggi però la bomba atomica (bomba all'idrogeno, bomba al cobalto) è un evento fondamentalmente nuovo. Essa porta infatti l'umanità alla possibilità del totale annientamento per suo stesso mezzo. 1. La prima fu la bomba su Hiroshima, il 6 agosto 1945. Sentiamo: da 50.000 a 150.000 morti! Pochi giorni più tardi su Nagasaki cadde la seconda. Di fronte a tale forza distruggitrice il Giappone capitolò. Ma queste bombe, già così spaventose, erano insignificanti di fronte alle bombe all'idrogeno gettate nel frattempo, per esperimento, in territori disabitati. Sentiamo: il loro sviluppo di energia supera quello della bomba di Hiroshima di circa 600 volte. Nonostante il terrore, il mondo neppure adesso ha voluto pacificarsi, finché è divenuto chiaro che la misura e la maniera delle successive mortali distruzioni erano sfuggite al controllo. Con piena certezza gli esperti dicono che oggi è possibile provocare sulla terra la totale distruzione della vita attraverso l'opera degli uomini. Gli scienziati, quelli stessi che nel moto di sviluppo delle scienze naturali moderne hanno provocato il nuovo dato di fatto, lo hanno anche pubblicamente reso noto. Scelgo le dichiarazioni di tali uomini, fra quelli che non hanno preso direttamente parte alla costruzione della bomba atomica come tale. Nel 1955, poco prima della sua morte, Einstein sottoscrisse con altri una supplichevole dichiarazione, in cui si dice: "Per il caso di un impiego in massa di armi all'idrogeno è da prevedere la morte improvvisa di una piccola parte dell'umanità, spasimanti malattie e, alla fine, l'estinzione di tutti gli esseri viventi." Otto Hahn ha scritto: "Anche se le abituali bombe atomiche e persino le bombe all'idrogeno hanno effetti localmente limitati, ma in quell'ambito terribili, tuttavia ne deriva ancora, con queste bombe all'idrogeno, la possibilità della produzione di cobalto 60... Negli Stati Uniti è stato calcolato o valutato che dieci grandi bombe all'idrogeno, rivestite di molto cobalto, producono una attività di cobalto 60 così grande e operante per tanti anni, che la continuazione della umanità ne sarebbe seriamente compromessa dovunque le bombe siano cadute. Per adesso questi sono ancora spettri, ma resta il fatto che, oggi o nell'immediato futuro, l'umanità è realmente nella situazione di estinguersi da se stessa ... Anche senza cobalto, per i neutroni che se ne liberano, dopo le esplosioni vi sono particelle radioattive pericolose che possono essere trasportate a grandi distanze." BibliotecaGino Bianco Max Born: "Già adesso probabilmente negli Stati Uniti e in Russia la scorta di bombe A e H è sufficiente per annientare reciprocamente intere grandi città dei due paesi ... Ma qualche cosa di molto peggio è in preparazione, forse addirittura già pronta all'uso, come per esempio la bomba al cobalto, con cui si dà una polvere radioattiva che si diffonde su territori lontani e per anni uccide ogni essere vivente su questi territori." Una guerra fra grandi potenze "significa la probabilità di un generale annientamento non solo dei contendenti, ma anche dei neutrali". Thirring, sulla bomba all'idrogeno: "Una sola di tali bombe basterebbe per trasformare in pochi secondi anche città gigantesche come Londra, New York o Chicago in un mucchio di rovine fumanti, e per rendere inabitabile, per l'appestamento radioattivo, un territorio della grandezza di mezza Austria". Se questo prudente prognosticatore non preannuncia già oggi latotale distruzione della vita, tuttavia già adesso dice: "In una terza guerra mondiale non vi sarebbero né vincitori né vinti, ma solo il 98 per cento o il 100 per cento di annientati". Queste sono dichiarazioni di fisici e di chimici. Leggiamo i rapporti dei testimoni oculari degli effetti finora prodotti dalle bombe; vediamo l'immagine del fungo delle esplosioni che sale fino in cielo; sentiamo dei pescatori giapponesi, che nel 1954, molto lontani dal territorio di prova, furono investiti da sostanze radioattive, deperirono o dovettero morire. Non spetta a questo scritto di informare sulle cognizioni di scienza naturale, sulle realtà e sulle possibilità tecniche, sulle osservazioni biologiche e mediche dell'effetto delle radiazioni. C'è una letteratura grande e anche popolare scritta da esperti. 2. Né gli scienziati né noi altri sappiamo fin dove è arrivata in questo momento la produzione delle bombe atomiche. Ciascuno di noi può capire il fatto che l'America e la Russia (e a distanza, l'Inghilterra), con l'impiego di mezzi enormi aumentano di continuo la loro scorta di simili bombe e accrescono la loro forza distruttiva. Il segreto di stato copre la cosa. Non sappiamo quali aggressioni, e con quali tipi di esplosioni, siano preparate. Non è pubblicamente noto se le bombe esistenti, nel caso che siano lanciate insieme, bastino già per appestare con la radioattività l'atmosfera terrestre a tal punto che cessi ogni forma di vita. Chi dubita della possibilità che già oggi ogni forma di vita sulla terra possa essere annientata forse ha ragione. Ma tra dieci anni o anche prima ci si arriverà. Questa piccola differenza di tempo non diminuisce l'urgenza della riflessione. È da supporre che i capi di stato delle due grandi potenze siano informati, quantunque non si sappia come sia limitata e isolata, anche tra i dirigenti, la conoscenza dei segreti. Quello che i capi preordinano presumibilmente non è chiaro neppure a loro. Procedono confusamente, ma preparano quello che appare impossibile fare per tutti loro. Alla opinione pubblica non dan-
6 APERTURA/JASPERS no notizie, o forse un po' solo nelle enormi minacce di Khrusciov, che però impressionano la fantasia ma .non contengono nessuna indicazione concreta. È come se non solo il segreto militare, come sempre, ma già il pericolo della parola costringesse gli uomini di stato al silenzio. Nel mondo gira la tendenza, promossa dai governi, di far andare la cose senza inquietare i loro popoli. 3. Tuttavia l'inquietudine aumenta, ma forse in una direzione falsa. Si protesta contro gli esperimenti con bombe all'idrogeno. Si è colpiti dagli accertamenti di una radioattività accresciuta ovunque. Si lotta localmente contro la costruzione di centrali atomiche per il pericolo di esplosioni. È certo assurdo spiegare con osservazioni tutte le possibilità riguardo alle variazioni del tempo, alle distruzioni delle forme di vita (mutazioni rovinose che diverranno evidenti solo per le generazioni avvenire), alla produzione di malattie (leucemia, ecc.). Ci si può spiegare, in linea di principio, quali trasformazioni potrebbero formarsi sulla terra circa le condizioni fisiche di vita nell'insieme, giunte, attraverso milioni di anni, all'attuale equilibrio. È ben espressiva la prova già intervenuta di un aumento della radioattività, con precipitazioni su piante, su animali, sul latte in molti luoghi della terra, come conseguenza delle esplosioni di prova. Questi effetti minuscoli, praticamente ancora privi di pericolo (Thirring dice: sinora, il pericolo della radioattività, in seguito alle prove relative a bombe atomiche, è "molte migliaia di volte più piccolo dei danni prodotti dai gas di scarico delle automobili"), accennano la direttiva su cui si potrebbe procedere. Le osservazioni di questi fenomeni a ragione vengono continuamente diffuse e rese note. Con un effetto cumulativo non calcolabile, già in pochi anni, con prove di bombe in gran numero, si potrebbe superare il limite di pericolo. Si deve distinguere: Primo: sussistono pericoli sia nell'uso pacifico della energia atomica sia nei tentativi con bombe all'idrogeno in tempo di pace. Questi pericoli sembra siano considerevoli. Danni (malattie e mutazioni germinali) possono nascere attraverso una continua assimilazione di elementi di radioattività, in sé in un primo tempo insignificanti. Ma questi pericoli sono problemi particolari e, come altri pericoli, vengono esaminati e combattuti. Anche se centinaia di migliaia di uomini dovessero soccombere per i danni da essi provocati, la rovina.sarebbe tuttavia limitata, e si presume che, con continua cura, sarebbe confinata in ristretti limiti. Secondo: in caso di guerra, sussistono pericoli di distruzione in proporzioni finora non conosciute. Le bombe, giungano alla meta attraverso aeroplani o attraverso missili, annientano immediatamente ogni forma di vita in quello spazio, per una circonferenza già ingrandita dalle superbombe. In una più ampia circonferenza segue il lento morire dei colpiti a morte. I soBibliotecaGino Bianco pravvissuti, in quanto territorio imprecisamente delimitato, in decorso di tempo notano malattie o nascite mostruose nella nuova generazione. Colpendo questa sciagura grandi città e intere regioni, si parla oggi concordemente della distruzione di intere civiltà nel caso di una nuova guerra mondiale. Anni addietro Einstein disse: "Non so quali armi verranno impiegate nella prossima guerra, so però quali verranno impiegate nella guerra ancora successiva: le frecce e l'arco." Terzo: sussiste il pericolo del declino dell'umanità e di ogni forma di vita, assommando gli effetti fino all'appestamento annientatore dell'intera atmosfera terrestre. Comune a tutt'e tre i pericoli è l'incertezza sulla misura in cui esistono. Ma l'immaginazione è salita di grado in grado, divenendo ogni volta fondamentalmente diversa: catastrofi locali e particolari; declino della civiltà; declino dell'umanità. Contro il primo pericolo vi sono mezzi tecnici di prevenzione e di garanzia. Contro il secondo c'è la salvezza di un resto, con provvedimenti difensivi tecnicamente portati al massimo sviluppo, tali che, con successo, possano tornare vantaggiosi a una piccola parte. Contro il terzo pericolo, che è senz'altro l'estremo, non c'è nessun mezzo tecnico. Che cosa sia possibile al suo cospetto deve essere il tema di questo scritto. 4. Questo terzo pericolo viene accresciuto nascondendolo. Dal dato di fatto propriamente nuovo, che investe tutto quello che è avvenuto e avviene, l'attenzione viene deviata verso i pericoli grandi ma antecedenti ad esso. Le esagerazioni degli effetti finora ottenuti dalle prove effettuate con le bombe e le speculazioni sulle loro possibilità provocano una falsa tranquillità, con la confutazione della paura che si dimostra infondata. Per ora, nella sfera delle possibilità riconoscibili non si presenta il fatto che la reazione a catena delle precise sostanze in cui consiste la materia possa investirla come tale e quindi distrugga con calore atomico l'intero globo terrestre, come un incendio distrugge foreste e città. L'idea immaginosa che un uomo solo, premendo un bottone, possa far esplodere il globo terrestre, è irragionevole ancora oggi come lo è stata ieri. È anche uno sviamento il fatto che la paurosa eccitazione sia deviata verso i pericoli della produzione e dell'impiego pacifico della energia atomica. Non vi è nessuna "macchina sicura all'estremo" non si può escludere sia pure un solo incidente (un incidente simile si è verificato già nel 1957 nella fabbrica di plutonio di Windscale, in Inghilterra, e in questa forma potrà difficilmente ripetersi, ma resterà possibile in altre forme). Ma viene probabilmente comunicato che, attraverso controlli, è possibile raggiungere un alto grado di sicurezza. I pericolosi prodotti di scarico non sarebbero da temere, potrebbero essere sotterrati in pozzi profondi e resi innocui. Il giudizio scientifico è fondato criticamente solo se nelle osservazioni si fa attenzione alle quantità (la semplice comunicazione "aumento della radioattività" può essere priva di ogni
importanza). Alcuni pensieri sulle possibili conseguenze naturali delle radioattività non sono ancora una conoscenza di realtà effettive. Con la confutazione di opinioni erronee, lo stato di fatto vero e proprio entra solo illusoriamente nella luce del problematico. Con la confutazione di false fantasie anche quello che è già possibilità reale cade nella sfera del fantastico. Così, la disposizione degli animi oscilla qua e là, fra esagerazioni in luogo inesatto e rasserenamento laddove si impone la più grande inquietudine. 5. Quello che gli uomini di scienza comunicano, sicuri nel loro giudizio sui fatti, non è speculazione, ma realtà vera. Le loro affermazioni un uomo ragionevole non può leggerle senza avvertirne la enormità. A tutte lettere hanno scritto per l'umanità l'ammonimento. Finora l'uomo come singolo poteva togliersi la vita da se stesso. Poteva uccidere e essere ucciso in combattimento. Si potevano sterminare popoli interi. Ma adesso tutta l'umanità può essere annientata dagli uomini. Che questo avvenga non è solo entrato nel novero del possibile. Per una considerazione puramente razionale è probabile che ciò avvenga. Dirlo sembra insensato. Ma noi esitiamo. Dobbiamo pensarci. Con la premessa che le comunicazioni fatte dagli scienziati in quanto esperti sono giuste - un dubbio al riguardo non è neppure possibile - in conseguenza è da provare che quel deprimente giudizio di previsione emesso dall'intelletto si imponga, ma che non sia neppure l'ultimo. Verosimiglianza non è certezza; e, soprattutto, qui non si tratta solo di una necessità naturale, conoscibile e ineluttabile, ma di quello che gli uomini faranno e di quello che è possibile venga dalla loro libertà. Il fatto che il conoscere la verosimiglianza del totale declino divenga efficace, è l'unica strada su cui possa divenire inverosimile e addirittura impossibile, in definitiva, quello che oggi è ancora verosimile. Per questo è necessario occuparsi rettamente della conoscenza del dato di fatto. lo posso sapere qualche cosa; ma se, per così dire, incapsulo questa conoscenza e non la valorizzo, io vivo come se non sussistesse. Quotidianamente dobbiamo pensarvi, se una conoscenza deve portare in noi delle conseguenze. La mostruosa minaccia delle bombe all'idrogeno oggi non appare ancora acuta. Ancora non mi riguarda personalmente, qui e adesso. Cioè ne ho conoscenza, se vengo interrogato al riguardo, ma penso che ci voglia del tempo. No, non c'è molto tempo. Al massimo si tratta di un decennio. Forse la dilazione è molto più corta. Forse il momento decisivo è molto vicino. Il. IL COMPITO DEL NOSTRO PENSIERO DI FRONTE A QUESTO DATO DI FATTO 1. Oggi, per il futuro della umanità, la bomba atomica è BibliotecaGino Bianco APERTURA/JASPERS7 più minacciosa di tutto il resto. Finora c'erano, invero, immaginazioni irreali della fine del mondo. La aspettativa di questa fine, già per la generazione allora vivente, fu l'errore, attivo eticamente e religiosamente, di Giovanni Battista, di Gesù e dei primi Cristiani. Ma adesso noi stiamo di fronte alla reale possibilità di una tale fine. Non più un fittizio declino del mondo, soprattutto non un declino del mondo, ma l'uccisione di ogni forma di vita su tutta la superficie terrestre è la realtà possibile su cui sin da ora si può contare - con la accelerazione di tutti gli sviluppi - già nel prossimo futuro. Le espressioni supplichevoli degli scienziati devono scuotere. Come si può restare tranquilli quando si sente quello che è indubitabile? In questa situazione il riflettere è poco, ma è premessa per tutto ciò che viene dopo; serve per orientarsi - per vedere che cosa avviene - per raffigurarsi quello che è possibile e le conseguenze degli eventi e delle azioni - per chiarire la situazione nelle direttive evidentemente in atto - in definitiva, per apprendere che il nuovo brutale fatto spinge il nostro pensiero sino alla radice dell'essere umano, fino lì dove diventa problema l'uomo, che cosa egli sia e possa essere. La situazione originaria dell'uomo è che noi ci troviamo al mondo, e non sappiamo di dove veniamo e dove andiamo. Questa situazione è resa nota, diversamente da quanto prima lo fosse, con la possibilità della autodistruzione totale. Essa mostra un aspetto cui prima nessuno aveva pensato. Dobbiamo sincerarci di noi stessi nella nuova situazione. Con la nostra ragione non siamo in grado di raggiungere le ultime cause, ma siamo bene in grado di chiarire l'essere per noi e quello che noi vogliamo. 2. Solo un altro singolo problema è equivalente alla bomba atomica, come problema dell'esistenza dell'umanità senz'altro: il pericolo del totalitarismo (non già il problema della dittatura, del marxismo, della teoria razziale), con la sua struttura terroristica distruggitrice di ogni libertà e di ogni dignità umana. Lì è perduta l'esistenza, qui l'esistenza degna di essere vissuta. Alle due possibilità estreme veniamo oggi a conoscenza di quello che vogliamo, come vorremmo vivere, a che cosa dobbiamo essere disposti. Ambedue i problemi pare che appartengano a uno stesso destino. Almeno, sono uniti fra loro in maniera praticamente indivisibile. L'uno non si può risolvere senza l'altro. La soluzione di ambedue, però, esige da parte dell'uomo forze che devono emergere da unaprofondità tale, che egli stesso si modifichi nel suo apparire morale, razionale e politico, in una misura che divenga svolta di tutta la storia. 3. È da meravigliarsi del fatto che l'evidente realtà finora non sia stata propriamente riconosciuta dagli uomini sulla terra in genere e, anzitutto, dagli uomini della Russia e dell'America. Per questo, nel modo di pensare non si è ancora verificata la rivoluzione che, riflettendo sui fatti, appare inevitabile.
8 APERTURA/JASPERS Opera come diversivo il fatto che l'attenzione venga rivolta verso realtà laterali, che sono invero di natura grave ma non di importanza assoluta. - Opera come limitazione, il fatto che la realtà venga trattata isolamente, mentre conserva il suo peso solo in correlazione con il tutto dell'esistenza umana e con i problemi dell'uomo relativi a se stesso - Procura dimenticanza, l'imbarazzo del momentaneo benessere proprio della prosperità economica. I metodi che servono da diversivo e da protezione e che procurano dimenticanza non si realizzano spontaneamente. Potrebbero essere superati solo attraverso una totale riflessione, che produca anzitutto una conversione nel singolo uomo. Con essa l'umanità potrebbe essere colta come da una ondata, non solo di paura, non solo di indignazione contro tutto quello che sospinge al declino, ma anche di ragionevole volontà. Questa indagherebbe sulla totalità della nostra umanità, della nostra vita, dei nostri impulsi. Dalla eterna origine potrebbe cominciare di nuovo quello che noi dobbiamo essere per essere degni di vivere. Solo qualora la coscienza del fatto nuovo giungesse ad influenzare la vita, anche la consueta politica, coi suoi interessi e coi suoi scopi, potrebbe mutarsi in una nuova politica, all'altezza délla minaccia distruggitrice. Che questo avvenga non potrà mai provocarlo uno scritto. Ma la comunicazone del puro pensiero, se molti procedono su vie simili, può destare attenzione e ben predisporre. 4. Descriviamo lo stato attuale, che, nel parlare come se si sapesse, desta l'impressione di una volontà di non sapere. Quello che necessariamente ci rende stupiti quando lo leggiamo, sprofonda subito sotto altri fatti sensazionali. Quello che forse al momento non si mette in dubbio, non lo si fa tuttavia penetrare nel proprio cuore come così mostruoso. Ci sorprendiamo del fatto che, quello che è certo, tuttavia non lo prendiamo propriamente come certo. Non sappiamo però ancora nulla della realtà delle cose. Qui sapere significa persuadersi che si tratta del fatto estremo per noi, da cui tutto quello che noi siamo e dobbiamo essere dovrebbe essere mutato, per così dire, in una situazione tutta diversa. Si potrebbe domandare: se i primi Cristiani hanno creduto alla fine del mondo ed erano sicuri di ciò senza saperlo, anzi addirittura sbagliando - oggi si deve ancora credere quello che si sa, perché quello di cui ci si impossessa come realtà divenga un momento della pratica della nostra vita. Lo si lascia stare, come se non riguardasse nessuno, non essendo ancora acuto, in questo momento, qui e adesso. Come il malato dimentica il suo carcinoma, il sano dimentica che deve morire e il fallito che non c'è più via di scampo, forse così ci comportiamo anche noi di fronte alla bomba atomica, e, nascondendo l'orizzonte della nostra esistenza, continuamo ancora per un tratto spensieratamente? Il meglio sarebbe non sapere nulla del pericolo atomico. BibliotecaGino Bianco Ci si difende: sotto la minaccia della catastrofe totale non si può fare né politica né progetti. Vogliamo vivere, non vogliamo morire. Se però subentra quella sciagura, tutto è finito. Non avrebbe senso di pensarci. È come se questa fosse una di quelle cose di cui, per decenza, si tace. C'è il pericolo, infatti, che renda la vita insopportabile. Ma questa insopportabilità è quello che, solo, può portare all'evento che cambi il dato di fatto stesso così minaccioso. Quale concetto volutamente cieco della vita! L'allontanarsi del possibile va contro la ragione. Chi è consapevole di sé vuole sapere quello che si può sapere. E quale cattiva politica! Oggi ci vediamo ineluttabilmente all'ombra della grande catastrofe. Trattare una reale possibilità, non ancora ponderata in nessun modo, come se scomparisse nel caso che la si escluda, è come seguire il contegno dello struzzo. Che quella catastrofe sia stabilmente davanti agli occhi come una possibilità, anzi come una probabilità, è oggi una potente risorsa per la conoscenza di se stessi in genere, e in pari tempo l'unica possibilità per il rinnovamento politico e quindi per la difesa dalla catastrofe. Quello di cui qui si tratta dovrebbe penetrare nella vita quotidiana di tutti gli uomini, come invito alla riflessione. Qui è l'orizzonte degli eventi reali in cui ci dobbiamo porre. Non possiamo semplicemente sopportare quello che viene. La volontà di non sapere è già essa stessa la sciagura. La nostra speranza è che tutti gli uomini lo sappiano e che questo sapere sia fatto cosa propria e abbia delle conseguenze. Se ci si impossessa del sapere, questo può da solo prevenire la sciagura. Non solo rende possibile isolatamente un comportamento opportuno ma, molto di più, consente che l'uomo muti se stesso e la sua vita e che la sua struttura venga coniata a nuovo. (dalla prefazione a La bomba atomica e il destino dell'uomo, 1958; edizione italiana Il Saggiatore 1961).
Einaudi Il piacere del romanzo storico: JeanLévi Il GrandIemperatore e i suoai utomi La Cina di duemila anni fa e il suo primo imperatore, teorico e fondatore dello Stato totalitario. La pittura d'insieme di una società raffinata e crudele, di inquietante attualità. «Supercoralli», pp. 293, L. 24000 LallaRomano Romanzdoifigure In questo particolarissimo romanzo, le immagini e la scrittura, rimandandosi a specchio, creano un unico, intenso clima poetico e «storico». «Supercoralli», pp. vn-237, L. 25 000 GiovanGniudici Salutz (1984-1986) Un antico ideale di poesia per la storia di una passione moderna: il canzoniereromanzo di Giovanni Giudici. «Supercoralli», pp. ro6, L. 16000 JaroslaSveifert Vestitdailuce Poesie1925-1976 Un'antologia del Premio Nobel 1984, con l'inedito Mozart a Praga. A cura di Sergio Corduas. «Collezione di poesia», pp. XXIII-213, L. 12000 ArnaldBoagnasco Torino Unprofilosociologico Torino fuori dai miti: le risorse, i ritardi, le prospettive di una società in trasformazione. «Nuovo Politecnico», pp. vm-88, L. 5500 MarcelPloera Laranambigua Il caso esemplare della controversia scientifica che oppone Volta a Galvani: che cosa decide il destino di due teorie rivali? «Biblioteca di cultura storica», pp. xxr-209, L. 26 ooo GuidoCavalcanti Rime Questa edizione critica e commentata, a cura di Domenico De Robertis, arricchisce la prestigiosa collana di classici italiani, diretta da Gianfranco Contini. «Nuova raccolta di classici italiani annotati», pp. xxvn-280, L. 35 ooo Memordiaell'antico nell'artietaliana A cura di Salvatore Settis lii.Dallatradizione all'archeologia Dal reimpiego alla memoria storica, dalla continuità d'uso alla conoscenza «archeologica»: si conclude con il terzo volume l'indagine piu organica mai tentata sull'esperienza dell'antico nell'arte italiana. pp. 539, L. 85 000 AntoniFoaeti Intrappoclaoltopo UnaletturadiMickeyMouse Ligio alle leggi, amico dei potenti, attento al decoro: chi è davvero Topolino? « Saggi», pp. xrv-289, L. 25 ooo Successi: PaoloVolponi Contestoafronte Poesiepoemetti Seconda edizione. Premio Internazionale Mandello 1986. DanielDeelGiudice Atlantoeccidentale Terza edizione. Premio Comisso per la narrativa. GiuseppFeiori Il cavaliedre iRossomori VitadiEmilioLussu Terza edizione. Premio Comisso per biografia. Biblioteca Gino Bianco TEATRO DELL'ELFO ABBONAMENTO STAGIONE 1986/1987 SEI SPETTACOLI A SCELTA TEATRO DI GENOVA GLENGARRY GLEN ROSS COMPAGNIA TEATRO DELL'ELFO IL SERVO COMPAGNIA TEATRO DELL'ELFO COMEDIANS (comici) IL GRUPPO DELLA ROCCA SCHWEYK LA COMPAGNIA DEL COLLETTIVO TEATRO DUE L'ISTRUTTORIA COMPAGNIA BARBERIO CORSETTI (GAIA SCIENZA) IL LADRO DI ANIME COMPAGNIA BARBERIO CORSETTI IN COLLABORAZIONE CON STUDIO AZZURRO E TEATRO DELL'ELFO PROLOGO COMPAGNIA TEATRO DELL'ELFO ELDORADO NUOVA SCENA con Leo De Berardinis LA TEMPESTA NUOVA SCENA con Leo De Berardinis IL CANTICO DEI CANTICI di Salomone MAGAZZINI PRODUZIONI GENET A TANGERI FALSO MOVIMENTO RITORNO AD ALPHA VILLE Abbonamento a sei spettacoli a scelta su dodici - Lire 70.000 ridotto Lire 55.000 (Riservato ai circoli aziendali e agli aderenti ad ARCI, AGIS, ENDAS, CICA, AGLI). Prezzi al .botteghino: posto unico Lire 16.000, ridotto Lire 13.000 L'abbonamento è in vendita: TEATRO DELL'ELFO Via Ciro Menotti, 11 -Tel. 716791 - ore 15.30-19.00 Nei negozi Surplus di: e.so Garibaldi, 7 - e.so di Porta Ticinese, 103 Via Panfilo Castaldi, 41 - Via L. Mancini, 1 L;ELFO .. :rf ~--~ _.-';'~~_;:--:.;.~•~
INCUBI Julio Cortazar i-:, isogn aspettare, lo dicevano tutti, bisogna aspettare, perl.ilché non si sa mai in casi come questo, anche il dottor Raimondi sosteneva che bisognava aspettare, a volte si verifica una reazione e specialmente all'età di Mecha, bisogna aspettare signor Botto, sì dottore ma sono già passate due settimane e non si sveglia, due settimane che è come morta, dottore, sì lo so, signora Luisa, è un classico stato cli coma, non si può fare altro che aspettare. Anche Lauro aspettava, ogni volta che tornava dall'Università sostava un momento in strada prima di aprire la porta, pensava oggi sì, oggi la troverò sveglia, avrà aperto gli occhi e starà parlando con la mamma, non può durare tanto, non può morire a vent'anni, sarà sicuramente seduta sul letto e starà parlando con la mamma, invece bisognava continuare ad aspettare, sempre uguale figlio mio, il dottore tornerà nel pomeriggio, tutti dicono che non si può fare niente. Venga a mangiare qualcosa, sua madre resterà con Mecha, lei deve nutrirsi, non si dimentichi degli esami, intanto diamo un'occhiata al telegiornale. Tutto lì era passeggero, l'unica cosa che durava senza cambiamenti, l'unica cosa esattamente uguale giorno dopo giorno era Mecha, il peso del corpo di Mecha in quel letto, Mecha debolissima e leggera, ballerina di rock e tennista lì sopraffatta e sopraffacendo tutti da settimane, una complicata malattia virale, è in stato di coma, signor Botto, è impossibile fare pronostici, signora Luisa, la si può soltanto alimentare e offrirle tutte le possibilità, a quest'età si ha tanta forza, tanta voglia di vivere. Ma lei non è in grado di aiutarsi, dottore, non si rende conto di niente, è come, ah Dio mi perdoni, non so più che cosa dico. Neppure Lauro era del tutto convinto, era come uno scherzo di Mecha che gli aveva sempre fatto i peggiori scherzi, si vestiva da fantasma in mezzo alle scale, gli nascondeva un piumino in fondo al letto, si divertivano tanto tutti e due, si tendevano dei trabocchetti, giocavano a fare ancora i bambini. Complicata malattia virale, il brusco crollo un pomeriggio dopo la febbre e i dolori, di colpo il silenzio, la pelle grigiastra, la respirazione lontana e tranquilla. L'unica cosa tranquilla tra medici e strumenti e analisi e visite finché gradualmente il cattivo scherzo di Mecha si era rivelato più forte, e li soggiogava tutti cliora in ora, le grida disperate della signora Luisa che poi cedevano a un pianto quasi nascosto, a un'angoscia vissuta tra la stanza da bagno e la cucina, le imprecazioni del padre divise tra l'ora del telegiornale e una rapida occhiata al giornale, la rabbia incredula di Lauro interrotta dalle andate all'università, dalle lezioni, le riunioni, questa boccata cli speranza ogni volta che tornava dal centro, me la pagherai, Mecha, queste cose non si fanno, disgraziata, te la farò pagare, vedrai. Lei era l'unica tranquilla oltre l'infermiera che tesseva, il cane lo avevano mandato a casa di uno zio, il dottor Raimondi ormai non veniva con i colleghi, passava verso sera e quasi non si fermava, anche lui sembrava sentire il peso del corpo di Mecha che li BibliotecaGino Bianco opprimeva ogni giorno un po' cli più, li abituava ad aspettare, l'unica cosa che potevano fare. L'idea dell'incubo cominciò quella stessa sera in cui la signora Luisa non trovava il termometro e l'infermiera, meravigliata, andò a comprarne un altro alla farmacia dell'angolo. Ne parlava perché un termometro non si perde così se non quando lo si usa tre volte al giorno, si stavano abituando a parlare a voce alta vicino al letto di Mecha, non c'era ragione clicontinuare a bisbigliare come al principio perché Mecha era incapace di sentire, il dottor Raimondi era sicuro che lo stato clicoma la isolava da ogni sensibilità, si poteva dire qualunque cosa senza che nulla cambiasse l'espressione indifferente di Mecha. Parlavano ancora del termometro quando si sentirono gli spari all'angolo della strada, forse più lontano, dalle parti di Gaona. Si guardarono, l'infermiera alzò le spalle perché gli spari non erano una novità nel quartiere né altrove, e la signora Luisa stava per dire ancora qualcosa sul termometro quando videro un fremito passare nelle mani di Mecha. Durò un secondo, ma tutte e due se ne accorsero e la signora Luisa gridò e l'infermiera le tappò la bocca, il signor Botto arrivò dalla sala e tutti e tre videro come il fremito si ripeteva lungo tutto il corpo di Mecha, un veloce serpente che correva dal collo fino ai piedi, un movimento degli occhi sotto le palpebre, la lieve contrazione che alterava le fattezze, come una voglia di parlare, di lamentarsi, il polso più frequente, il lento ritorno all'immobilità. Telefono, Rairnondi, in fondo niente cli nuovo, forse un po' più di speranza, benché Raimoncli non abbia voluto dirlo, Vergine santa, che sia vero, che mia figlia si svegli, che finisca questo calvario, mio Dio. Ma non finiva, un'ora dopo ricominciò, e più cli prima, era come se Mecha sognasse e il suo sogno fosse inquieto e disperato, l'incubo andava e veniva e lei non poteva allontanarlo; stare al suo fianco e guardarla e parlarle senza che nulla cli quanto la circondava la raggiungesse, percorsa da quell'altra cosa che in qualche modo costituiva il lungo incubo di tutti loro lì senza una possibile comunicazione, salvala, Dio mio, non lasciarla così, e Lauro che tornava da una lezione e restava anche lui accanto al suo letto, con una mano sulla spalla della madre che pregava. ffl erso sera ci fu un altro consulto, fu portato un nuovo Mapparecchio con ventose ed elettrodi che si fissavano sulla testa e sulle gambe, due medici amici di Raimondi discussero a lungo in sala, si dovrà aspéttare ancora, signor Botto, il quadro non è cambiato, sarebbe imprudente pensare ad un'evoluzione favorevole. Ma sogna, dottore, ha gli incubi, lei stesso l'ha vista, comincerà di nuovo, lei sente qualcosa e soffre molto, dottore. È tutto a livello vegetativo, signora Luisa, non c'è coscienza, glielo assicuro, bisogna aspettare e non lasciarsi impressionare, sua figlia non soffre, so che è penoso, sarà meglio che la lasci sola con l'infermiera finché non ci sa-
rà un'evoluzione, cerchi di riposarsi, signora, prenda le pillole che le ho dato. Lauro rimase ad assistere Mecha fino a mezzanotte, a tratti leggeva gli appunti per gli esami. Quando si sentirono le sirene pensò che avrebbe dovuto telefonare al numero che gli aveva dato Lucero, ma non poteva farlo da casa e non era il caso di uscire proprio dopo le sirene. Vedeva le dita della mano sinistra di Mecha muoversi lentamente, un'altra ·volta gli occhi sembravano girare sotto le palpebre. L'infermiera gli consigliò di andarsene dalla stanza, non c'era niente da fare, solo da aspettare. "Ma sogna", disse Lauro, "sogna di nuovo, la guardi". Durava come le sirene lì fuori, le mani sembravano cercare qualcosa, le dita tentavano di trovare un appiglio sul lenzuolo. Ora la signora Luisa era di nuovo lì, non poteva dormire. Perché - l'infermiera era quasi irritata - non aveva preso le pillole del dottor Raimondi? "Non le trovo", disse la signora Luisa come smarrita, "erano sul comodino, ma non le trovo". L'infermiera andò a cercarle, Lauro e sua madre si guardarono, Mecha muoveva appena le dita e loro sentivano che l'incubo era ancora lì, che si prolungava interminabilmente come se si rifiutasse di raggiungere quel punto in cui una specie di pietà, di compassione estrema l'avrebbe svegliata, come tutti noi per riscattarla dalla paura. Ma continuava a sognare, da un momento all'altro le sue dita avrebbero ricominciato a muoversi. "Non le vedo da nessuna parte, signora", disse l'infermiera. "Siamo tutti sconcertati, non si da più dove vanno a finire le cose in questa casa". D a sera successiva Lauro rincasò tardi, e il signor Botto gli fece una domanda quasi evasiva senza smettere di guardare la televisione, nel bel mezzo della cronaca della Coppa. "Una riunione con gli amici", disse Lauro mentre cercava qualcosa con cui farsi un panino. "Quel gol è stato stupendo", disse il signor Botto, "meno male che ritrasmettono la partita, così vediamo meglio queste azioni da campioni". Lauro non sembrava molto interessato al gol, mentre mangiava guardava per terra. "Saprai quello che fai, giovanotto", disse il signor Botto senza distogliere lo sguardo dalla palla, "ma fai attenzione". Lauro alzò gli occhi e lo guardò quasi sorpreso, era la prima volta che suo padre si lasciava andare a un commento così personale. "Non farti problemi, vecchio mio", gli disse alzandosi per tagliare corto. L'infermiera aveva abbassato la luce della lampada e Mecha si vedeva appena. Sul divano la signora Luisa si tolse le mani dal viso e Lauro la baciò sulla fronte. - È sempre uguale - disse la signora Luisa - Sempre così, figlio mio. Guarda, guarda come le tremano le labbra, poverina, cosa vedrà, Dio mio, come è possibile che duri tanto, che... - Mamma. BibliotecaGino Bianco STORIE/CORTAZAR - Ma non è possibile, Lauro, nessuno se ne rende conto come me, nessuno capisce che è continuamente in preda a un incubo e che non si sveglia... - Lo so, mamma, anch'io me ne rendo conto. Se si potesse fare qualcosa Raimondi l'avrebbe fatto. Tu non puoi aiutarla rimanendo qui, devi andare a dormire, devi prendere un calmante e dormire. La aiutò ad alzarsi e l'accompagnò fino alla porta. "Che cosa è stato, Lauro? ", si fermò bruscamente. "Niente mamma, degli spari lontano, lo sai". Ma cosa sapeva in realtà la signora Luisa, perché parlare ancora? Ora sì, era già tardi, dopo averla lasciata nella sua stanza sarebbe andato fino al negozio e da lì avrebbe chiamato Lucero. Non trovò la giacca azzurra che gli piaceva indossare di sera, si mise a cercarla negli armadi del corridoio, tante volte sua madre l'avesse appesa lì, infine decise di mettersi una giacca qualsiasi perché faceva fresco. Prima di uscire entrò un attimo nella stanza di Mecha, quasi prima di vederla nella penombra senù l'incubo, il tremore delle mani, l'ospite occulto che scivolava sotto la pelle. Le sirene fuori suonavano di nuovo, avrebbe dovuto uscire solo più tardi, ma allora il negozio sarebbe stato chiuso e non avrebbe potuto telefonare. Gli occhi di Mecha si muovevano sotto le palpebre come se cercassero di farsi strada, di guardarlo, di voltarsi dalla sua parte. Le accarezzò la fronte con un dito, aveva paura di toccarla, di contribuire ad accentuare quell'incubo con uno stimolo esterno. Gli occhi continuavano a muoversi nelle orbite e Lauro si allontanò, non sapeva perché, ma aveva sempre più paura, l'idea che echa potesse alzare le palpebre e guardarlo lo fece indietreggiare. Se suo padre se ne fosse andato a dormire avrebbe potuto telefonare dalla sala a bassa voce, ma il signor Botto stava ancora ascoltando la cronaca della partita. "Sì, di questo parlano molto", pensò Lauro. Si sarebbe alzato presto per telefonare a Lucero prima di andare all'Università. Da lontano vide l'infermiera che usciva dalla stanza portando qualcosa che brillava, una siringa o un cucchiaio. .-:,ersino il tempo si mescolava o si perdeva in quest'atte- Msa continua, con notti di veglia o giorni di speranza per compensarle, i parenti o gli amici che arrivavano a qualunque momento e si alternavano per distrarre la signora Luisa o per giocare a domino con il signor Botto, un'infermiera che sostituiva l'altra che aveva dovuto andarsene per una settimana da Buenos Aires, le tazzine da caffè che nessuno trovava perché erano sparse per tutte le stanze, Lauro che appena poteva usciva e se ne andava a qualsiasi ora, Raimondi che non suonava neanche più il campanello prima di entrare per le cure di sempre, non si nota nessun peggioramento, signor Botto, è una malattia per la quale non si può fare altro che alimentarla, le sto rafforzando l'alimentazione per sonda, bisogna aspettare. 11
12 STORIE/CORTAZAR Ma lei sogna continuamente, dottore, la guardi, non riposa quasi più. Non è così, signora Luisa, lei pensa che siano sogni, ma sono reazioni fisiche, è difficile spiegarle, perché in questi casi ci sono altri fattori, insomma, non creda che sia cosciente di ciò che sembra un sogno, può darsi che tanta vitalità e questi riflessi che manifesta siano un buon segno, mi creda, la sto seguendo da vicino, lei, piuttosto, signora Luisa, deve riposarsi, venga a farsi misurare la pressione. A Lauro riusciva sempre più difficile ritornare a casa per il viaggio dal centro e per tutto quello che succedeva alla facoltà, ma più per sua madre che per Mecha appariva a qualunque ora e si fermava un po', si informava sulle cose di sempre, chiacchierava con i vecchi, inventava argomenti di conversazione per sottrarli in parte dai loro crucci. Ogni volta che si avvicinava al letto di Mecha si ripeteva la stessa sensazione di impossibile contatto, Mecha così vicina e come se lo chiamasse, i vaghi segni delle dita e quello sguardo che dall'iQterno cercava di uscire, qualcosa che perdurava, un messaggio di prigioniero attraverso le pareti della pelle, la sua chiamata insopportabilmente inutile. A tratti lo vinceva l'isteria, la certezza che Mecha riconoscesse più lui che sua madre o l'infermiera, che l'incubo raggiungesse il suo momento peggiore quando lui era lì a guardarla, che era meglio andarsene subito visto che non poteva faJulio Cortazar (foto di Giuliano Spagnul). re niente, che era inutile parlare, stupidina, cara, smettila di tormentarti, su, apri una buona volta gli occhi e smettila con questo scherzo da quattro soldi, stupida d'una Mecha, sorellina, sorellina, fino a quando ci prenderai in giro, mattacchiona, furbacchiona, smettila di fare la commedia e vieni che ho tante cose da dirti, sorellina, non sai niente di quello che succede, ma te lo racconterò lo stesso, Mecha, dato che non ti rendi conto di niente te lo racconterò. Era tutto pensato come tra folate di paura, un volersi aggrappare a Mecha, neppure una parola avoce alta perché l'infermiera o la signora Luisa non lasciavano mai Mecha sola, e lui lì che aveva bisogno di parlarle di tante cose, così come Mecha forse gli parlava dal canto suo, dagli occhi chiusi e dalle dita che disegnavano lettere inutili sul lenzuolo. Dra giovedì, non perché sapessero che giorno era né perché a loro importasse, ma l'infermiera lo aveva detto mentre prendevano il caffè in cucina, il signor Botto si ricordò che c'era un telegiornale speciale, e la signora Luisa che sua sorella aveva telefonato da Rosario per dire che sarebbe venuta il giovedì o il venerdì. Gli esami di Lauro erano certamente già iniziati, era uscito alle otto senza salutare, aveva lasciato un bigliettino in sala, non era sicuro ·di rientrare per la cena,
nel dubbio non lo aspettassero. Non venne a cena, l'infermiera per una volta riuscì a far andare la signora Luisa a riposare presto, il signor Botto si era affacciato alla finestra della sala dopo il telequiz, si sentivano raffiche di mitragliatrice dalle parti della Plaza Irlanda, improvvisamente la calma, quasi eccessiva, neppure una pattuglia, era meglio andarsene a dormire, quella donna che aveva risposto a tutte le domande del telequiz delle dieci era un fenomeno, incredibile come sapeva la storia antica, sembrava fosse vissuta all'epoca di Giulio Cesare, dopotutto la cultura rendeva di più che fare il venditore all'asta pubblica. Nessuno si accorse che la porta non si sarebbe aperta tutta la notte, che Lauro non era in camera sua, al mattino credevano che dormisse ancora dopo qualche esame o che studiasse prima di andare a fare colazione, solo alle dieci si resero conto che non c'era. "Non fartene un problema", disse il signor Botto, "sarà certamente rimasto a festeggiare qualcosa con gli amici". Per la signora Luisa era l'ora di aiutare l'infermiera a lavare e cambiare Mecha, l'acqua tiepida e la colonia, ovatte e lenzuola, era già mezzogiorno e Lauro, che strano, Eduardo, come mai non ha neppure telefonato, non lo ha mai fatto, quella volta della festa di fine corso chiamò alle nove, ti ricordi, aveva paura che ci preoccupassimo ed era più piccolo. "Povero ragazzo, starà impazzendo con gli esami", disse il signor Botto, "vedrai che arriva da un momento all'altro, arriva sempre per il telegiornale dell'una". Ma Lauro non era a casa all'una e si era perso le notizie sportive e il flash su un altro attentato sovversivo sventato dal rapido intervento delle forze dell'ordine, niente di nuovo, temperature in leggera diminuzione, piogge lungo la Cordigliera. Erano passate le sette quando l'infermiera venne a cercare la signora Luisa che continuava a fare telefonate ai conoscenti, il signor Botto aspettava che un suo amico commissario lo chiamasse per dirgli se si era saputo qualcosa, ogni secondo chiedeva alla signora Luisa di lasciare libera la linea, ma lei continuava a cercare sull'agenda e a telefonare ai conoscenti, può darsi che Lauro sia rimasto a casa dello zio Fernando o che sia tornato all'Università per un altro esame. "Lascia libero il telefono, per favore", chiese ancora una volta il signor Botto, "non ti rendi conto che magari nostro figlio sta chiamando proprio in questo momento e trova sempre occupato, cosa vuoi che faccia da un telefono pubblico, quando non è un telefono guasto bisogna lasciare il turno agli altri". L'infermiera insisteva e la signora Luisa andò da Mecha, improvvisamente aveva cominciato a muovere la testa, ogni tanto la girava lentamente da una parte e dall'altra, bisognava ravviarle i capelli che le cadevano sulla fronte. Bisognava avvisare subito il dottor Raimondi, era difficile trovarlo nel tardo pomeriggio, ma alle nove chiamò sua moglie per dire che sarebbe arrivato presto. "Sarà difficile che passi", disse l'infermiera che tornava dalla farmacia con una scatola di iniezioni, "hanno bloccato tutBibliotecaGino Bianco STORIE/CORTAZAR to il quartiere non si sa perché, sentite le sirene". Allontanandosi un po' da Mecha che continuava a muovere la testa come in un lento, ostinato gesto di negazione, la signora Luisa chiamò il signor Botto, no, nessuno sapeva niente, sicuramente neppure il ragazzo poteva passare, ma Raimondi lo avrebbero lasciato passare per via della targa da medico. - Non è così, Eduardo, non è così, gli è sicuramente successo qualcosa, non è possibile che a quest'ora non se ne sappia ancora niente, Lauro sempre ... - Guarda Luisa - disse il signor Botto - guarda come muove la mano e anche il braccio, è la prima volta che muove il braccio, Luisa, chissà che ... - Ma è peggio di prima, Eduardo, non ti rendi conto che continua ad avere le allucinazioni, che è come se cercasse di difendersi da ... Le faccia qualcosa, Rosa, non la lasci così, io vado a chiamare i Romero che magari hanno qualche notizia, la ragazza studiava con Lauro, per favore le faccia una iniezione, Rosa, torno presto, anzi chiama tu, Eduardo, chiediglielo, va', presto. In sala il signor Botto cominciò a fare il numero e si fermò, abbassò il ricevitore. Può darsi che in quel momento Lauro, cosa potevano sapere i Romero di Lauro, meglio aspettare ancora un po'. Raimondi non arrivava, forse lo avevano fermato all'angolo, forse stava dando delle spiegazioni, Rosa non poteva fare un'altra iniezione a Mecha, era un calmante troppo forte, era meglio aspettare che arrivasse il dottore. Chinata su Mecha, scostandole i capelli che le coprivano gli occhi inutili, la signora Luisa cominciò a barcollare, Rosa ebbe appena il tempo di avvicinarle una sedia e di aiutarla a sedersi come un peso morto. Il suono della sirena che veniva dalla parte di Gaona cresceva quando Mecha aprì le palpebre, gli occhi velati dalla nube che si era depositata sulla cornea in quelle settimane si fissarono in un punto del soffitto, scesero lentamente verso il viso della signora Luisa che gridava, che si stringeva il petto con le mani e gridava. Rosa faticò per allontanarla, chiamando disperata il signor Botto che ora arrivava e restava immobile ai piedi del letto guardando Mecha, tutto concentrato negli occhi di Mecha che passavano a poco a poco dalla signora Luisa al signor Botto, dall'infermiera al soffitto, le mani di Mecha salivano lentamente lungo la vita, scivolando per riunirsi in alto, il corpo sussultava in uno spasmo perché ora forse ascoltava il montiplicarsi delle sirene, i colpi alla porta che facevano tremare la casa, le grida di comando e lo scricchiolio del legno che si scheggiava sotto la raffica della mitragliatrice, le urla della signora Luisa, le spinte dei corpi che entravano alla rinfusa, tutto come a tempo per il risvegliarsi di Mecha, tutto così a tempo perché l'incubo finisse e Mecha potesse tornare infine alla realtà, alla vita bella. (traduzione di Amina Di Munno) da Deshoras, edizioni Nueva Imagen, Città del Messico 1983. 13
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