Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

In ciò consiste la terribile forza di testimonianza del libro. A un mondo dominato dalla morte e dalla paura la giovane oppone un desiderio di vita e una volontà, al limite dell'umano, di non lasciarsi schiacciare e di non abbrutirsi nell'odio e nella disperazione. È la scoperta del "segreto della vita" a darle la capacità di godere delle piccole gioie che l'esistenza ancora le offre, e di continuare ad avere fiducia e speranza nonostante l'orrore che la circonda. Di qui deriva il suo atteggiamento, che può apparire sconcertante di fronte alle persecuzioni a cui non cerca di sottrarsi, nella convinzione che il suo dovere sia quello di non preoccuparsi della propria sopravvivenza e di seguire il destino del suo popolo: "Vorrei trovarmi in tutti i campi che sono sparsi per tutta l'Europa, vorrei essere su tutti i fronti; io non voglio per cosl dire 'stare al sicuro', voglio esserci, voglio che ci sia un po' di fratellanza tra tutti questi cosiddetti 'nemici' dovunque io mi trovi" (p. 228). Non si tratta di rassegnazione o di masochismo, è uno stato di calma interiore e di felicità, la convinzione di possedere il vero significato dell'esistenza: "Si deve accettare la morte, anche quella piìl atroce, come parte della vita. E non viviamo ogni giorno una vita intera, e ha molta importanza se viviamo qualche giorno in piìl o in meno?" (p. 136); "La maggior parte degli occidentali non capisce l'arte del dolore... il dolore ha sempre preteso il suo posto e i suoi diritti, in una forma o nell'altra. Quel che conta è il modo con cui lo si sopporta e se si è in grado di integrarlo nella propria vita e, insieme, di accettare ugualmente la vita" (pp. 136-7). E infatti il suo fiducioso abbandono alla vita e la sua accettazione del destino diventeranno piìl puri e convinti proprio nel campo di lavoro di Westerbork, dove visse qualche mese prima della partenza per Auschwitz dove morrà il 30 novembre del 1943. Ma qual è il segreto di Etty? Credo che consista nella visione sacra della vita che è venuta maturando. E che è il risultato di un lavoro interiore che fa fiorire, da un fondo passionale e fantastico (quella "intensità demoniaca ed estatica" che sente di avere e che la _spaventa), la capacità di attingere alle energie psichiche piìl profonde: "Se dopo un laborioso processo che è andato avanti giorno dopo giorno; riusciamo ad aprirci un varco fino alle sorgenti originarie che abbiamo dentro di noi, e che io chiamerò 'Dio', e se poi facciamo in modo che questo varco rimanga sempre libero, 'lavorando a noi stessi', allora ci rinnoveBibliotecaGino Bianco remo in continuazione" (p. 220). C'è una frase nel diario che dice: "Temprato - distinguerlo da indurito". È cosl. Etty sa che, se non si è persa l'identità e la speranza, si può continuare ad amare la vita anche nell'universo concentrazionario; ma prima bisogna avere imparato a diventare "semplici", rinunciando alle soddisfazioni parziali (materiali) e frustrando l'egoismo (la bramosia), combattendo il male prima di tutto entro di sé; se è vero che il nazismo è solo una delle tante incarnazioni di un male piìl grande che ci riguarda tutti (e che, sembra chiaro anche se Etty non lo nomina, è l'istinto di morte): "li marciume che c'è negli altri c'è anche in noi... e non vedo nessun'altra soluzione, veramente non ne vedo nessuna altra, che quella di raccoglierci in noi stessi e di strappar via il nostro marciume... È l'unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove" (pp. 99- 100). Che non sia una posizione moralistica è chiaro in quest'altra frase: "Ma le cose che ci accadono sono troppo grandi, troppo diaboliche perché si possa reagire con un rancore e con un'amarezza personali" (p. 167). Ma qual è, domando ancora, il suo segreto? Il suo non è certo un diario da cui si possa tentare di ricavare i lineamenti di una teoria psicologica o filosofica in qualche modo organica, anche se è ricchissimo di analisi e di riflessioni sui fenomeni psichici. Le citazioni e i riferimenti a Jung e alla psicologia e al pensiero orientali sono piuttosto sobri e scarni, ma si sa che il libro non riporta per intero il diario di Etty e quindi, con molta probabilità, dal testo originale dovrebbero apparire molto piìl corposi ed espliciti i suoi punti di contatto con una cultura latamente junghiana. Il libro è pieno di dichiarazioni d'amore, di invocazioni a Dio ("la parte piìl profonda di me"), di amore per la vita, in un'atmosfera quasi di preghiera, con accenti che vanno dal misticismo orientale alla pietas cristiana e che sono poi, soprattutto, le manifestazioni di un'anima innamorata degli uomini e della natura: "Ecco, una persona deve avere pazienza. Il suo desiderio dev'essere come una nave lenta e maestosa che naviga per oceani infiniti, e rwn cerca un luogo in cui gettar l'ancora. E d'un tratto, inaspettatamente, lo trova per un momento." (p. 106); "Perché non si potrebbe provare un grande e tenero trasporto amoroso per una primavera, per tutti gli uomini? E si può anche fare amicizia con un inverno, con SCHEDE/PIANTINI una città o con una campagna" (p. 105). Non ultimo motivo di interesse del diario, le doti letterarie della Hillesum. L'aspirazione e il desiderio di diventare una scrittrice percorrono in continuazione le sue riflessioni. Non le mancavano certo i requisiti per esserlo: intuito, fantasia, percezione profonda dei fenomeni spirituali. Non è però sicura della sua vocazione, e si tormenta e si interroga. Questa ricerca ci offre, tra l'altro, un'originale e lucida proposta di poetica personale. La sua fervida fantasia (non a caso è Rilke lo scrittore che ama di piìl) le presenta romanticamente il lavoro letterario come totale ri-creazione spirituale dell'esperienza: "In qualche parte di me c'è un'officina in cui dei titani riforgiano il mondo". Come è riuscita con la "semplicità" e la "pazienza" a disciplinare e rasserenare il suo tumultuoso mondo interiore, cosl si attende dal fiducioso abbandono alla vita e alle cose la realizzazione del suo "talento" creativo, senza piìl pretendere di anticipare con la fantasia quello che deve essere una conquista graduale. C'è una pagina finissima in cui capisce di aver trovato la propria strada. Guardando delle stampe giapponesi l'ha colpita la sproporzione tra la piccolezza dei disegni e il vasto spazio vuoto circostante: "Mi sono resa conto che è cosl che voglio scrivere: con altrettanto spazio intorno a poche parole... non un vuoto, ma uno spazio che si potrebbe piuttosto definire ricco d'anima ... Non sarà un silenzio vago e inafferrabile, ma avrà i suoi contorni i suoi angoli la sua forma: e dunque le parole dovranno servire soltanto a dare al silenzio la sua forma e i suoi contorni, e ciascuna di loro sarà come una piccola pietra miliare, o come un piccolo rilievo, lungo strade piane e senza fine o ai margini di vaste pianure" (pp. I 16-7). Lo spazio "ricco d'anima", se il destino le concederà mai di scrivere in futuro, potrebbe allora essere riempito dalle persone e dalle loro storie, perché Etty ormai ha imparato a penetrare le anime che incontra: "Mi piace aver contatto con le persone... Mi sembra che la mia intensa partecipazione porti alla luce la loro parte migliore e piìl profonda, le persone si aprono davanti a me, ognuna è come una storia ... La vita mi confida cosl tante storie. Mio Dio, mi hai concesso il dono di poter leggere, mi concederesti anche quello di poter scrivere?" (p. 232). Etty Hillesum morl a 29 anni. Non ha potuto lasciarci le creazioni umane e letterarie che sicuramente avrebbe potuto darci. Ma quello che il suo diario ci ha conservato è già tanto: una lezione di vita. 89

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==