Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

con la sorella, né con suo marito. Ha una sola amica con la quale condivide l'impegno della rivista, ma quando lei rinuncerà al lavoro per seguire suo marito in America e salvare il matrimonio, non riuscirà a capirla. Janna non ha un rapporto neanche con la propria casa, che è per lei "il posto in cui mi preparavo per l'ufficio, o mi riposavo dopo il lavoro" (p. 13). Sembra non essere mai veramente in contatto con se stessa; la sua vita è in qualche modo fittizia, perfetta e levigata come la coperina della rivista. Le piace scrivere storie romantiche e fare lunghe immersioni nella vasca da bagno. Maudie è il suo opposto. Tenacemente attaccata alla vita e alla sua casa, irngombra di ciarpame, giornali, stracci, escrementi di gatto, ma sua. Ll resisterà fino alla fine, nascondendo anche a se stessa i segni della malattia, rifiutando di farsi portare all'ospedale. La sua fragilità è solo apparente e il tremito che la scuote è un tremito d'orgoglio e di dignità. È sopravvissuta alla miseria, all'infelicità, alla solitudine, ma non ha bisogno di compassione e non accetterà l'irruzione di Janna nella sua vita finché non riuscirà a riconoscerla come amica. Ma per questo Janna dovrà superare una serie di prove difficili, il disgusto per la sporcizia e il puzzo di gatto, l'orrore per la vecchiaia e la malattia, sopportare "il ribollire della sua antica rabbia"; dovrà sedersi a prendere il tè con Maudie da tazze sporche e ascoltare le sue storie. Perché è Maudie che conduce il gioco e che saprà con i suoi racconti e il suo "lezzo dolce e penetrante" legare a sé Janna, riuscendo a colmare il vuoto della sua esperienza umana e affettiva, e infine a fare di lei una persona vera. Alla morte della vecchia Maudie, la mutazione di Janna sarà completa; è una donna capace non solo di confrontarsi con la vecchiaia, la malattia e la morte, ma di percepire il tempo in maniera diversa, di provare il piacere della vita come solo sanno intensamente i vecchi e i bambini. Ciò che narra l'apologo di Jane Somers non è nuovo ai lettori di Doris Lessing: la vera emancipazione, la costruzione di sé passa attraverso un doppio confronto, con la parte rimossa dentro di sé, e con la realtà esterna. Non solo la politica o la psicoanalisi, come in Martha Quest o nel Taccuino d'oro; né l'esperienza mistico-apocalittica di Brieflng for a descent into hell o Memoirs of a survivor; o la follia emancipatrice di The fourgale city e L'estale prima del buio, i vari strumenti di mediazione con l'inconscio e con il reale utilizzati altrove, bensì l'incontro con una realtà umana e esistenziaBibliotecaGino Bianco le finora sconosciuta, e soprattutto il contatto materiale con un corpo, il suo disfacimento, la sua merda, a restituire a Jane Somers l'altra metà di sé. Ma se il mondo di Maudie è quello della realtà, e quello di Janna la finzione, esso ha bisogno di essere autenticato dalla scrittura. Il diario in cui Janna registra in prima persona la parola di Maudie, i suoi luoghi monologhi inframmezzati da risate e da vecchi motivi del music hall diventa il luogo dove Janna costruisce il suo percorso di autoidentificazione, il luogo della sua verità: la lenta maturazione della propria incapacità di amare, l'accettazione della propria solitudine e finalmente la percezione dell'esistenza dell'altro. · LAGABBIADEIMARGINALI Bruno Pischedda Di sicuro e positivo impatto presso un pubblico largo che ormai da alcuni anni segue con calorosa attenzione la produzione comico-satirica di Stefano Benni, l'ultimo suo romanzo Comici spaventati guerrieri (Feltrinelli, pp. 198, L. 16.000) si caratterizza tuttavia per un insieme di elementi tutt'altro che gratuitamente ludici o quietistici. Principale artefice di una cupa drammatizzazione del dato esistenziale e sociale è l'anziano, ma irriducibile, prof. Lucio Lucertola. In quanto umorista per sua Stefano Benni (Archivio Feltrinelli). SCHEDE/PISCHEDDA espressa definizione, oltre che filosofo per la tormentata elaborazione di una teoria dello "Inizio finale", il personaggio può facilmente essere inteso come trasposizione autobiografica dell'autore stesso, seppure nelle forme di una dolente autoironia. Il romanzo viene così ad assumere alcune movenze di tipo apertamente metanarrativo: di specifica riflessione cioè sui modi e sulla funzione del genere comico nei suoi rapporti con il tragico quotidiano. "L'inizio finale", ovvero i "Prolegomeni a una teoria della conclusione delle partenze", è uno studio che pare proporsi di accertare le residue possibilità di positivo sviluppo antropologico interne a una società sconvolta dalla tecnologia massificante e dal business, in un momento storico foriero oltretutto di epocali trasmutazioni. "lo non so", dirà una sera il professore, ormai ubriaco "come un savoiardo", al suo giovane amico Lupetto, "quando i tempi diventano orrendi, se è la fine o l'inizio di una nuova era radio- . sa". Complessivamente il romanzo pare comunque inclinare verso l'apocalisse, collocandosi da questo punto di vista in una linea di continuità con il testo narrativo precedente, Terra! (1983). Analogo è d'altra parte l'impianto comico-surreale che sostiene il racconto. Abbandonati gli spazi interstellari, si tratta qui di dar forma a una città, emblematicamente ridotta a giungla minacciosa, popolata da oggetti e animali antropomorfizzati quanto da personaggi animalizzati. Ciò che risulta in tal modo è un universo testuale totalmente panico, in cui si muovono un po' smarriti e patetici i nostri "cavalieri antiqui". E dove è appena il caso di notare come la riduzione animalizzante della più parte dei protagonisti positivi corrisponde con evidenza all'intento (romantico) di avvicinarli al loro fondamento di natura. Di una natura presso cui sola possono manifestarsi quegli slanci primordiali di amicizia, sentimento e solidarietà, messi in pericolo dall'incombenza totalizzante del nuovo moloch. Si aggiunga che a ulteriore incremento di un quadro fantastico siffatto, Benni interviene sfoderando la gamma dei suoi artifici più distintivi, individuabili soprattutto in sede di invenzione linguistica. Proseguendo infatti nello sviluppo narrativo di moduli espressivi assai felicemente sperimentati in campo satirico (testo più valido a questo riguardo resta Non siamo stali noi, del 1978), l'autore ci offre una serie ininterrotta di trovate neologistiche e metaforiche, di iperboli esilaranti e di cumulazioni descrittive eteronome e cadenzate. Ma è l'aspetto dialo85

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