Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

DISCUSSIONE ILSESSODI DIO Maria Schiavo Né la morte di Dio riannunciata nella ripresa eclettica di motivi nietzschiani e heideggeriani da parte del pensiero debole, né la ripresa appassionata della presenza di Dio, in chiave moderna e adattata al nostro tempo da parte del cattolicesimo più illuminato, sono in grado di eludere un problema che, prima che religioso, nella cultura occidentale è simbolico. Quello del sesso di Dio: almeno nella sua apparizione terrena, quale ci viene tramandata. Morto o più che mai vivo, insomma, il Dio occidentale che ci proviene dal mondo ebraico ripropone il quesito della natura sessuale in cui ha scelto di manifestarsi. E come nella vita cosi nella morte l'apparenza umana che ha voluto assumere non può essere stata senza conseguenze per l'ordine e le strutture di questo mondo. Per questo il libro di Luisa Muraro, Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, pp. 216, L. 14.000) nel presentarci una lontana eresia del '300 può risultare cosi attuale, cosi ricco di spunti e di possibilità di meditazioni sul presente. Una frase di Ernst Bloch suona cosi: "Il meglio della religione è che essa suscita eretici". Ed è vero che le eresie hanno il potere di mettere in luce quanto il pensiero ufficiale, all'ombra del quale esse crescono, ha ignorato o più o meno deliberatamente soppresso. L'eresia di cui si occupa nel suo libro Luisa Muraro conserva intatto questo inquietante potere. I protagonisti della vicenda sono tre. C'è Guglielma, la figura principale, figlia della regina Costanza di Ungheria, che tra il 1260 e il 1270 venne a vivere a Milano, all'età di circa cinquant'anni, facendo dimenticare le sue origini, la sua parentela con i regnanti di Boemia. Accanto a lei, la figura di Andrea Saramita, suo devoto, ma anche teorico che sembra ubbidire e nello stesso tempo ispirarsi liberamente all'insegnamento di Guglielma. È lui infatti l'autore delle tesi che verranno considerate i principali capi d'accusa durante il processo intentato dall'Inquisizione, qualche tempo dopo la morte della donna, contro di lei e i suoi devoti, che erano diventati numerosi. Andrea Saramita considerava Guglielma l'incarnazione dello Spirito santo in un corpo di donna. Ma a quanto pare, queste cose non furono mai affermate direttamente da Guglielma, che tuttavia lasciò che il Saramita le teorizzasse. Le contestava, più o meno duramente, si scherniva, ma lasciava anche che circolassero, pur senza mai pronunciare in prima persona affermazioni di divinità. Alla sua morte il culto da lei ispirato si accrebbe. L'altra figura, la terza, che nel gruppo assume le funzioni di sua vicaria in terra è suora Maifreda, che nel 1300 decide di celebrare una messa, il giorno di Pasqua: avvenimento di grande significato simbolico, decisione molto rischiosa dal momento che la Chiesa, allora come oggi, proibiva alle donne di officiare. Andrea Saramita ha nei confronti di queste due donne, Guglielma e Maifreda, come teorico e devoto, un atteggiamento che non saprei definire altrimenti (almeno, per quanto il libro di L. Muraro lascia intuire e per quanto, interpretando, forse io vi aggiungo) se non che come atteggiamento riparatore. Infatti le idee di cui si proclamerà autore davanti ai giudici, nel processo che lo coinvolgerà insieme a suora Maifreda, sono il tentativo appassionato di introdurre nella dottrina cattolica ciò che, per prevalenza del maschile, vi mancava. Cristo era sceso in terra e si era incarnato nel corpo di un uomo. Delle persone BibliotecaGino Bianco della Trinità era il Figlio che si era immolato. Ma ora lo Spirito santo, l'altra persona della Trinità. si manifestava in un corpo di donna. Qualcosa di nuovo rispetto a un Dio che fino a quel momento solo attraverso il Padre e il Figlio aveva scelto di manifestarsi. Quella eresia dava dunque espressione alla divinità attraverso il corpo di una donna. Ma non più mediatamente come nel caso della Vergine, che solo accogliendo Dio nel suo ventre aveva potuto accedere al divino, ma immediatamente. Il Sararnita dichiara infatti che Guglielma è di essenza divina. Le pagine in cui Luisa Muraro ripercorre quanto i devoti che erano nati intorno a Guglielma lasciano intravedere della sua figura di donna, capace di insegnare ed illuminare, sono molto belle. Blazena, il suo primo nome, in slavo vuol dire felice, donna che rende felici, e questa luce indirettamente si coglie nelle parole di chi parla ancora di lei. Andrea Saramita scelse di dedicarsi a Guglielma, prima, a Maifreda, dopo, e questa scelta, le sue teorizzazioni si inquadrano certamente nel tempo in cui queste figure vissero. Ma le idee sono chiare, ferme, alHenry Moore, Madre col figlio, 1933.

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