Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

66 STORIE/CIAFALONI aveva commerciato e lavorato alla trasformazione di tutti i prodotti della terra. Lui aveva imparato a leggere e scrivere per poter votare e aveva fatto studiare tutti i figli, che erano mezza dozzina, cioè meno della metà di quelli di un altro suo fratello. I primi, in barba alle idee del padre, hanno fatto in tempo a finire nei campi Dux. Oggi, sopravvissuti alla guerra, allo sfollamento (i più piccoli), alla nuova emigrazione, sono sparpagliati in tutte le professioni pensabili e in uno spazio geografico che va, qualche volta, dalla Corea del sud (per via dell'acciaio) al golfo del Messico (per via della Nato). Uno infatti ha scelto, come si dice, il mestiere delle armi, e fa parte di quelli che ogni sera (immagino!) pregano "l'onnipotente eterno iddio, signore del cielo e dell'abisso" di proteggere "nella cadente notte il riposo del popolo" mentre loro "per esso vegliano in armi sul mare". Cosa che una ventina d'anni fa faceva davvero, mentre io vegliavo le sonde dell'Ente nazionale idrocarburi. La marina italiana aveva deciso di addestrare un po' di piloti al volo cieco, e non c'era notte di tempesta sul canale di Sicilia che non li buttassero giù dal letto, perché il volo cieco non si fa col sereno e la luna. Per lui, ancora più che per me, andare in America (per addestrarsi sui jet di marina) doveva essere stato un tornare più che un partire. Un andare a trovare gli altri, i già partiti, i pochi ormai agiati, i molti arenati nelle cen_toLittle ltaly tra l'Atlantico e il Pacifico, e il ricordo degli altri, i morti, spariti, uccisi, sperduti da qualche parte nel continente. La maggior parte degli emigrati infatti, dal punto di vista del paese, semplicemente sparisce. Dei partiti della prima ondata, cominciata esattamente all'inizio del secolo, lunghi elenchi di nomi nei registri dei comuni di montagna, analfabeti, nullatenenti, diecine e diecine di migliaia solo nell'ambito della provincia e in pochi anni, vuoti nelle case e nei paesi, solo alcuni si sono fatti vivi. Dell'ultima ondata, l'unica che abbia visto (e vissuto) di persona, quella del secondo dopoguerra, sono tornati, in parte, e salvo i morti, gli emigrati in Europa. Gli altri, quelli andati in America, in Argentina, in Brasile, in Venezuela, muratori, contadini braccianti e qualche raro professionista compromesso col regime che aveva preso troppo sul serio l'epurazione, sono nettamente divisi in due. I professionisti hanno avuto successo, quasi tutti. I poveri sono tutti spariti, inghiottiti nel nulla. Avevano semplicemente sbagliato data e continente. Solo il figlio di una famiglia numerosa di braccianti può partire con la moglie appena sposata dall'Italia alle soglie del boom verso il Brasile pensando di andare in un paese ricco e con opportunità di lavoro. Il Brasile li ha mangiati. Per gli altri, i professionisti, è stato diverso. Si sono inseriti in uno dei gruppi forti dei paesi di arrivo, hanno trovato amici politici, hanno trovato lavoro a buon mercato, terra a buon mercato per chi sa manovrare, hanno sfruttato connazionali, spagnoli e creoli, hanno fatto i soldi, sono stati contro Peron o con Peron per pessimi motivi, per affinità ideologica o perché erano anche più a destra di.lui, tornano spesso. Ci si potrebbe scrivere un saggio sulle basi materiali della P2. BibliotecaGino Bianco Quelli degli Stati Uniti invece ormai non tornano più. Hanno fatto il gran salto. Sono tutti della prima ondata. I vecchi sono morti. I figli sanno a mala pena il dialetto e riscoprono l'italiano in questi anni. Sono stati una presenza frequente e colorata nell'immediato secondo dopoguerra, quando venivano a far mostra della loro ricchezza e della loro corpulenza con i fratelli squattrinati e segaligni. Poi gli anni e il boom li hanno scoraggiati. Non c'è gusto a venire a mostrare cose che almeno qualcuno ha in abbondanza anche qui. S-:, enso che queste storie di emigrati abbiano a che fare ... con l'America. Con quello che l'America significa per centinaia di milioni di europei, in particolare di Italiani, con quello che l'America è, con il rapporto culturale e materiale tra l'Italia e quel grande arcipelago che è l'America e che sono gli Stati Uniti, anche se si trascurano i paesi dell'America latina. Certo le storie americane degli emigrati sono una fonte di informazione ben misera. Oggi gli americani sono in giro per il mondo a milioni, spinti dal'impero, dal dollaro forte, dai finanziamenti delle fondazioni e delle università, dalle necessità commerciali delle multinazionali, dalla curiosità e dalla guerra. E gli europei, anche gli italiani, vanno a centinaia di·migliaia in America. Le università degli Stati Uniti, o dell'America latina, fanno oggi parte del cursus honorum dei giovani e meno giovani accademici e di molti tenici. Di recente, per la classe sociale che ne ha il desiderio e i mezzi, addirittura è diventato non troppo raro mandare i figli a frequentare le scuole secondarie e a prendere la prima laurea in America. Dall'America ci arriva quasi tutto, a cominciare dalle culture giovanili e dai balli per finire con i missili. Ci arrivano a migliaia i libri; ci arriva, e ci arriverà a torrenti, con i satelliti, la televisione. Non c'è confronto tra questa massa enorme di informazione dettagliata, distorta, manipolata, spettacolare o scientifica, aumentabile a volontà, verificabile di persona purché si abbia la pazienza di un giro aereo un po' contorto e con le date non rigide anche senza troppi soldi (ma neanche pochi ormai; bisogna essere professionisti non impiegati) e le distorte e vecchie storie degli emigrati e dei loro parenti. Questa è la contemporanea e colorata pluralità degli aspetti, oppure l'analisi ragionata e razionale; quelle erano le piccole patrie, la difficoltà di comunicare, gli odi, il gangsterismo, oppure il difficile trasferimento di un credo politico, la repressione. Una foto distorta, parziale e ingiallita di un particolare secondario, di un gruppo tra i molti. La coda gell'elefante, che non basta a identificare l'animale. Né si può dire che ci fosse negli emigrànti, meno ancora nei tornati, che erano quelli cui l'urbanizzazione non era riuscita, il senso universalistico della uguaglianza degli uomini. Questi emigrati sapevano di ghetto o di mafia, come tutte le diaspore. Avevano odiato i protestanti che li comandavano, gli irlandesi che li reprimevano, i negri che gli facevano concorrenza, o gli spagnoli che a sud gli imponevano

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