Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

che proponga al lettore una raffigurazione dell'individualità umana condotta in modo analitico e dispiegato. La rappresentazione del personaggio è sottoposta a una serie di procedure, per così dire, di depotenziamento, che ne riducono - secondo direzioni diverse - lo spessore umano ed esistenziale. Silenzio sul gioco degli affetti, attraverso l'adozione di modi espressivi cari alla narrativa d'azione, o a una tradizione romanzesca che media Hemingway e Robbe-Grillet con un occhio attento all'ultimo Calvino (da Tondelli a De Carlo e Del Giudice); distanziamento e sospensione dei sentimenti, grazie a un'analisi dell'interiorità condotta sul filo della memoria (Tabucchi); disinteresse per una resa realistica dei caratteri psicologici e sociologici concreti del personaggio, con un conseguente abbandono di forme mimetiche di costruzione della personalità romanzesca in favore di tecniche di ispirazione eminentemente letteraria, secondo una chiave che - di volta in volta - può essere lirica (Consolo), ironico-drammatica (Manganelli), quotidiana e dimessa (Celati) o anche comica (Benni). In tutti questi casi, nella progettazione e messa in scena delle figure narrative, gli scrittori sembrano rivelare un'incertezza di fondo. Per quanto posto ancora al centro del quadro della rappresentazione, il personaggio non è più tramite di una descrizione sicura della realtà, piuttosto - con una fisionomia spesso ritratta ellitticamente o letterariamente trasposta - attesta la difficoltà che i narratori incontrano nel mettere a fuoco l'immagine oscillante dell'uomo contemporaneo. Questo insieme di scelte espressive rispecchia una certa indecisione costruttiva, una rinuncia - o perlomeno ritrosia - a cimentarsi in un tentativo approfondito di interpretazione del presente, e altrettanto un'oggettiva difficoltà di precisare i connotati di una realtà antropologica complessa e confusa. La percezione del mondo: consapevolezza e rassegnazione Elaborare una particolare forma di percezione della realtà, costruire un'immagine del mondo, è un processo - del quale oggi troppo di frequente ci si dimentica - che costituisce parte integrante dell'operazione di scrittura. Non sarà allora forse inutile, in questo sommario tentativo di radiografia di alcuni aspetti della produzione narrativa contemporanea, procedere con piglio sperimentale a un sondaggio esplorativo di alcune visioni del mondo consegnate a tre libri apparsi nell'ultimo anno, volutamente scelti per la loro diversità sul piano delle intenzioni espressive e dunque dell'ambito del sistema letterario nel quale intendono collocarsi. Un romanzo, Rimini di P.V. Tondelli, che si presenta come un tentativo di adattare su uno sfondo autoctono- con il brillante ricorso all'idea di microcosmo balneare - i moduli· collaudati del best-seller all'americana; un'opera di genere difficilmente definibile, Dall'inferno di G. Manganelli, prodotto di uno dei migliori rappresentanti dello sperimentalismo avanguardistico; e una raccolta di racconti, Piccoli equivoci senza importanza di A. Tabucchi, di un autore che attraverso il registro di una elegante medietà espressiva tende a collocarsi originalmente nel solco di una grande e consolidata tradizione letteraria di respiro europeo. La visione del mondo che prende forma nel romanzo di BibliotecaGino Bianco DISCUSSIONE/CLERICI-FALCETTO Tondelli colpisce quasi subito il lettore per la singolare duplicità e contraddizione sulla quale risulta fondata. Nella rappresentazione dell"'universo riminese" infatti coesistono, giustapposti e non risolti, i termini eterogenei di un'ideologia manageriale, che si esprime a tutto tondo nella figura del protagonista, e più in generale pare presiedere al comportamento della maggior parte dei personaggi, e di un'ideologia apocalittica che a questa fa da contrappunto. Efficientismo e autoritarismo sono proposti come i modelli di condotta più consoni e adeguati al mondo d'oggi. Un mondo nel quale sesso e denaro costituiscono i termini prioritari nella gerarchia dei valori, e dove all'individuo è additato come compito principale quello di impegnare tutte le sue energie nel tentativo di conseguire un'affermazione personale, sulla _quale sembra riposare l'unico senso possibile della sua esistenza: "ero un uomo nuovo, nudo, solo che partivo per conquistare il mondo" (p. 21). Difficile essere più espliciti: la percezione che Bruno Bauer ha di sé ci presenta un uomo che tenta di cancellare la propria mediocrità e si protende alla ricerca del successo con una determinazione che, nella sua durezza, risulta a tratti ingenua e poco plausibile: "per anni avevo inseguito quelle luci desiderando più di ogni altra cosa di essere io un faro, un punto luminoso nella notte (...) Volevo di più, molto di più per la mia vita, volevo essere là. Volevo il successo e volevo la lotta. Volevo infrangere quei cristalli e gettarmi dall'altra parte, fra quei bagliori e bruciare" (p. 19). La raffigurazione della psicologia dei personaggi non disdegna gli effetti forti e i toni enfatizzati, e presenta al lettore una poco lusinghiera mappa delle piccole ambizioni contemporanee. Ma se il comportamento dei personaggi appare diretto da un'ideologia volta al conseguimento del successo sociale, lo sfondo di realtà sul quale si svolgono le loro vicende risulta percorso dai segnali di una crisi e dissoluzione imminente, che trova il suo culmine in un finale emblematico (dal titolo non casuale, anche se ormai un po' troppo sentito, "Apocalisse, ora"), dove l'immagine del grande ingorgo, e quella del protagonista travolto dall'onda lunga dell'isteria collettiva, vogliono suggerire il senso di una realtà ridotta a caos disordinato. E in effetti la sensazione dell'aleggiare di una minaccia di disgregazione, l'idea di muoversi in un tempo alle soglie di una rottura epocale, di una discontinuità radicale, permea tutto il libro attraverso una serie di immagini di desolazione, come quella che ci presenta uno dei personaggi minori, il sassofonista Alberto, mentre - solo - suona il suo strumento alle prime luci del mattino: "il suono del sax, la sua musica, fu come il rauco grido delle cose e degli uomini colti in quel momento bagnato, all'alba, dopo il diluvio" (p. 114). Ma la percezione della crisi non produce nessun effetto sui modelli di comportamento preposti: il romanzo non dà voce a nessuna forma di ripensamento critico. Ambizioni manageriali e fremiti apocalittici pur implicandosi reciprocamente mal si conciliano, e danno così vita a un composto non ben amalgamato - di cui si hanno echi anche sul piano della conduzione stilistica della pagina, in equilibrio precario fra l'intenzione di suggerire l'immediatezza di uno slang parlato e la tentazione ricorrente dell'immagine metaforicamente ardita che ben poco ha a che fare con quel registro 61

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