Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

60 DISCUSSIONE/CLERICI-FALCETTO fondare ragionevolmente la propria autorità narrativa che - abbiamo visto - oggi risulta essere perciò piuttosto debole. Rimane allora in sospeso una domanda: in concreto, quale tipo di prodotti letterari questi narratori ci propongono in tale situazione complessiva? La riduzione del personaggio La personalità del protagonista de Il palio delle contrade morte di C. Fruttero e F. Lucentini subisce, al termine della storia raccontata, una trasformazione significativa, perdendo la sua consistenza fisica per divenire uno spettro: "Ginevra piega e ripiega il fazzoletto fino a farne una sottile, languida striscia, e con tenerezza avvolge la vipera di seta al collo dell'avvocato Maggioni, sorridente, consenziente fantasma" (p. 165). Ormai preda di "un vasto disinteresse, una dilagata incompatibilità" per il mondo contemporaneo dell'inautenticità televisiva e pubblicitaria nel quale, dopo un singolare apprendistato, si è scoperto a vivere il personaggio - in un pessimismo e ironico finale a sorpresa - rinuncia letteralmente alla propria umanità ed esistenza. Non molto diversamente, d'altronde, ne Il raggio d'ombra (1983) di G. Pontiggia, è attorno alla fisionomia di un protagonista assente e, in fin dei conti, inconsistente - il professor Losi - che si organizzano e ruotano le vicende di un gruppo di esili personaggi ai quali lo sfondo storico evocato (la lotta clandestina al fascismo) non riesce tuttavia a conferire alcuna corposità, per la costante incertezza della scrittura tra un registro realistico e un registro allusivo-simbolico. In modo emblematico e insieme paradossale, i due romanzi sembrano mettere consapevolmente in scena, far giocare in maniera diretta sul piano della costruzione del racconto, un processo complessivo e articolato di indebolimento del personaggio che, in forme diverse e meno esplicite, pare caratterizzare molta narrativa di questi anni. Giovanni e Fiodor, per esempio, personaggi principali dei due primi libri di A. De Carlo Treno di panna (1981) e Uccelli da gabbia e da voliera (1982), sono figure umane la cui esistenza ha subito una programmatica compressione della dimensione emotiva e sentimentale. L'egocentrismo del loro carattere, il senso di forte sradicamento umano che li percorre - di evidenza particolare nel caso del protagonista di Treno di panna, del quale non ci è dato in alcun modo di conoscere il passato e il cui presente è quello di chi, straniero, più che cercare di avvicinarsi e inserirsi nella nuova realtà, la osserva con distacco e curiosità - sono due aspetti del personaggio che, legati a quella specifica attenzione per la visibilità che è la cifra più riconoscibile dello stile dell'autore, contribuiscono a delineare il profilo di figure romanzesche assai vicine alla depsicologizzazione. Il personaggio diventa così quasi l'occhio attento di una telecamera che esplora il mondo esterno, intimamente perplesso sulle sue effettive capacità di intervento. In Rimini di P.V. Tondelli, la volontà di raggiungere a ogni costo il successo e una spiccata ipertrofia dell'io individuale - a volte quasi narcisisticamente esibito sulla pagina: "scrissi il mio nome lentamente, un tasto dietro l'altro, poi lo riscrissi, e poi ancora finché la macchina cominciò a carrellare velocemente e le mie dita spedite batterono i tasti con BibliotecaGino Bianco furia e il ticchettio della macchina, sempre più veloce e ritmico, tasti, spaziatore, carrello, tasti, tasti, interlinea, spaziatore, divenne una musica, la mia musica, e il canto" (p. 14) - sono i tratti principali della fisionomia del protagonista Bruno Bauer. A risultarne, in sintonia con quanto si è visto accadere nei libri di A. De Carlo, è una decisa limitazione della ricchezza interiore del personaggio, palese per esempio nella rappresentazione pressoché desentimentalizzata dell'esperienza d'amore (certo non compensata ma semmai messa in risalto da una sublimazione dell'incontro erotico vissuto come strumento di una sorta di comunione cosmica). Su un altro versante, sul piano di una strategia di caratterizzazione non più mimetica ma prevalentemente di matrice e ispirazione letteraria, l'indebolimento del personaggio, l'assottigliarsi delle figure. romanzesche, è evidente nella silhouettes poetico-teatrali di lunaria di V. Consolo, certo capaci come il Vicerè o Messer Lunato di Lucca, "ascensore e viaggiatore per il cielo in globi di taffettà e gistre di castagno" (p. 21), di imporsi limpidamente alla memoria del lettore, ma non perciò di costruzione complessa e articolata. Un fenomeno analogo riguarda il non-personaggio che, con la sua corporeità stravolta, incessantemente metamorfosata e offerta come spettacolo a una coscienza dissociata e intellettualistica, costituisce il filo precario attorno al quale si svolge la narrazione di Dall'inferno (1985) di G. Manganelli. Testimonianza di una difficoltosa sopravvivenza dell'umano, oppure rappresentazione della sua dissoluzione in atto, la creazione del personaggio sembra in entrambi i casi offrire l'occasione per dar conto letterariamente dell'incertezzaantropologicachecaratterizzal'individuocontemporaneo. In senso non molto differente - anche se nell'ambito di soluzioni espressive assai meno barocche ed elaborate - si presta ad essere letta un'opera come Na"atori dellepianure di G. Celati, con la sua scelta di affidare il racconto di una varietà di tragici destini a fragili personaggi, le cui movenze elementari e cadenzate sui ritmi lenti di questa pianura ormai planetaria ricordano quelle di semplici marionette. Della figura umana pare conservarsi, e poter essere rappresentata, solo una sagoma appena accennata: sradicamento e inappartenenza sono i segni di un rapporto col mondo dal quale l'uomo non trae conferma e rafforzamento di sé, ma piuttosto la ragione della difficoltà a definire la propria individualità in modo autonomo e rilevato. E non è poi certo un caso che anche chi, come A. Tabucchi in Piccoli equivoci senza importanza, concede spazio e attenzione alla ricostruzione minuziosa delle psicologie, più che darne un ritratto diretto e vivace, preferisca filtrare costantemente l'interiorità dei propri personaggi attraverso la dimensione del ricordo e della memoria. La materia di cui tratta viene così allontanata e attutita, mentre alle fisionomie psicologiche individuali è conferita la levità elusiva di un trascolorare impercettibile di stati d'animo. · In un panorama dunque vario ed eterogeneo, attraverso un insieme di testi differenti per generi e strategie discorsive, sembra però trasparire con evidenza il disegno di un processo unitario: i connotati dei ritratti fisionomici delineati dalla narrativa attuale paiono stentare a chiudersi in un'immagine compiuta

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