44 della sinistra italiana - probabilmente i migliori, verrebbe da dire - concentrano altrove i loro interessi e si scelgono nuovi interlocutori, principalmente fra i dirigenti dei partiti di sinistra e i controllori delle leve del potere. Diventano prevalenti le questioni della riforma istituzionale e della riforma del welfare state, prioritario il ripristino del dialogo fra Pci e Psi, strategico il fine del partito unico della sinistra sul modello dei sistemi politici anglo-sassoni. Emblematico appare dunque, sul primo numero della rivista, lo scambio di lettere fra Claudio Martelli e Alfredo Reichlin: non solo per il suo curioso andamento, caratterizzato da un avvio soft bruscamente degenerato in un finale in cagnesco, ma proprio perché in questa scelta di interlocutori privilegiati si rispecchia tutto quanto l'idealismo su cui si fonda quella che invece doveva essere una svolta di realismo. Sia ben chiaro, non voglio qui negare la centralità delle riforme istituzionali e del welfare state per il futuro della società italiana e della stessa sinistra. Mi interessa solo sottolineare il netto spostamento dell'asse di interessi di questa categoria di intellettuali, che non a caso coinvolge anche chi, come Federico Stame e Michele Salvati (fra loro disomogenei politicamente), fino a ieri era impegnato in una ricerca come quella dei "Quaderni piacentini" tradizionalmente collocata sul crinale del rapporto fra "sociale" e "politico". Ma del resto non è un caso che l'esperienza dei "Piacentini" si sia conclusa, e che nonostante le loro divergenze politiche Stame e Salvati (schematizzando: il primo filo-Psi, il secondo filo-Pci) abbiano ritrovato proprio in "Micromega" un comune ambito di interessi più direttamente inerenti l' "arte del governo" e le loro stesse competenze professionali. Preso atto di questa cesura - direi addirittura di questa scelta di campo - per evitare che tale osservazione assuma malintese connotazioni di tipo basista o movimentista, vale la pena di sottolineare la correlazione diretta che pure le tematiche di "Micromega" hanno con il libero dispiegarsi dei movimenti e delle istanze sociali. Detto in estrema sintesi, non è affatto un paradosso il rapporto di buona sintonia che da tempo si registra fra i militanti del "sociale", siano essi verdi, esponenti del volontariato e dell'associazionismo, rappresentanti dei movimenti di liberazione sessuale, da una parte, e i cosiddetti intellettuali "liberal" della sinistra, dall'altra. Si può essere militanti del "sociale" e guardare con favore ad una riforma elettorale capace di smuovere l'immobilismo del sistema politico favorendo l'alternanza di governo, come quella propugnata dal "destro" Gianfranco Pasquino. Su questo terreno si sono ritrovati insieme, all'interno del Pci, persino Pietro Ingrao e Lanfranco Turci. E cioè ovvio che il libero dispiegarsi dei movimenti e delle istanze sociali abbisogna di un referente politico-partitico che non pretenda più di essere ecumenico e di sinBibliotecaGino Bianco tetizzare al suo interno l'insieme degli interessi progressivi (come pure insiste a fare il Pci). Ben venga, dunque, una rivista che propugna un'idea laica della sinistra, sapendo però che poi seguirà lo scontro sulle questioni di contenuto (fra cui la scelta nucleare costituisce l'esempio più classico). In definitiva mi pare che lo scopo ultimo di un'esperienza come quella di "Micromega" possa definirsi come lo sforzo di ricerca per la formazione di una classe politica dirigente alternativa, sforzo compiuto però perseguendo rapporti di tipo assai tradizionale. Obbiettivo più che degno, ma molto particolare ed in passato rivelatosi velleitario, al quale già da tempo lavorano intellettuali riformisti come Giorgio Ruffolo. Oggi ha radunato attorno a sé una nuova, composita aggregazione di cervelli. Staremo a vedere se ce la farà. Diverso, seppure analogo, è il discorso su "Società civile", associazione del tutto priva del bagaglio teorico-culturale di "Micromega", ma dalle ambizioni sulla carta ancor più vaste. Qui si vorrebbe, letteralmente, dar voce agli interessi e alle proteste della società civile, in contrapc posizione alle pratiche lottizzatorie di sopruso e di potere del sistema dei partiti. Ciò con particolare riferimento alle attività illegali, quando non mafiose, che del QU€LLO CHE:VOLEVO PEIT<ur,-, L'lloAVUfO PEI!.ME WSA \IOLET"E: [)I PW' o sistema di potere dei partiti costituiscono il corollario. In pratica però, l'attività del circolo pare ispirata da una sola esigenza, fondata sul primato della "questione morale": che le istituzioni funzionino come si deve, che le leggi vengano rispettate, che di conseguenza vengano tutelati i diritti dei cittadini oggi calpestati. Seguito alla fase di abdicazione da qualsiasi speranza di cambiamento o tra- · sformazione generale, questo obiettivo costituisce una sorta di nuovo impegno assai sintomatico. Per loro è un modo di rispondere positivamente alla complicatissima domanda: "si può combattere una battaglia civile, si può restare in prima linea come ai vecchi tempi, facendo di mestiere il magistrato, il cronista giudiziario, il libero professionista?". Cosl, ambizioni di impegno politico e ambizioni di pura e semplice carriera si mescolano spesso inconsapevolmente, ed il circolo più che la società civile sembra poter rappresentare gli umori di una generazione di giovane borghesia milanese trentaquarantenne di sinistra che vuole in tutti i sensi emergere. Non a caso "Società civile" è stata accusata, nel corso della sua battaglia d'opinione contro la mafia, di propugnare una visione autoritaria e antigarantista dello Stato. Non a caso vi si può individuare perfino qualche assonanza con esperienze del passato come lo "stalinismo borghese" del Movimento Studentesco della Statale di Milano. Il funzionamento "corretto" delle istituzioni e la loro efficienza sono divenuti infatti l'unico orizzonte di trasformazione praticabile. Come dicevo all'inizio, anche qui il bisogno di collegarsi attraverso strumenti più o meno informali ma comunque modellati sull'idea del circolo o della lobby, per garantirsi autoconservazione e autopromozione, produce un forte restringimento di quello che dovrebbe essere l'orizzonte d'interessi. E inevitabilmente, anche nel caso del circolo "Società civile", la società civile se ne resta, sconosciuta e poco esplorata, fuori dalla porta.
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