Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

culte o meno che siano le sue interne strutture, non è in fondo diversa, e non bastano parole come efficienza e democrazia per convincerci del contrario. Credo insomma che l'autorità morale del gruppo di cui in questo libro si racconta non abbia più avuto una legittimazione morale sul piano di una sua presunta dedizione agli interessi collettivi, dal momento stesso in cui da gruppo è diventata lobby, o portavoce, confluenza di lobbies. Le posizioni di questa ampia e variegata lobby sono contestabili, e le sue scelte vanno analizzate sul piano degli interessi di chi ne fa parte - che non sono solo Scalfari e i giornalisti di "Repubblica". Scalfari ha ben ragione ad affermare una centralità del suo ruolo - di mediatore, influenzatore, propagandatore di linee e di scelte - ma resta tuttavia l'uomo di un capitale non meno cinico e spregiudicato di altri, difensore degli interessi della parte che rappresenta più che di quelli collettivi. E quando definisce a p. 333 "l'obbiettivo dei poteri paralleli" tipo P2, basta togliere il primo (''impedire ogni evoluzione in senso progressista del quadro politico ed economico") e salvaguardare gli altri per definire, lasciando da parte la morale, anche altri raggruppamenti: "proporsi come interlocutori privilegiati di tutte quelle forze che dall'estero avessero i medesimi obbiettivi e interessi, creare al di sopra dei partiti e delle sigle un vero e proprio 'superpartito', una gigantesca lobby, che avesse come fine prevalente la carriera dei propri membri, il loro inserimento in posizioni di potere sempre più rilevanti, il procacciamento di lucrosi affari, l'incasso di cospicue tangenti, l'uso del ricatto personale e .politico, l'occupazione delle istituzioni per meglio proseguire e allargare il campo d'azione della lobby". lo 5oNo coMTR.o LA VIOLElll!A ~ Se.OSATE SE VI HO CO.5T"(~Elì/ A LE:C,CiER~ QVE.SfE PAROLE! Questa e le altre vigne/le del "Contesto" sono di Ivan Kulelwv, a cura di Danilo Manera. BibliotecaGino Bianco E se questa non fosse altro che una "regola" del capitalismo contemporaneo, del gioco politico contemporaneo? Non ci scandalizziamo molto, proprio perché sappiamo che questa è una regola, per cosl dire, sociologica della società contemporanea avanzata. Ma se si vuol parlare di morale (che in politica è: rapporto tra i fini e i mezzi) abbiamo qualche dubbio sul trionfante laicismo contemporaneo. E crediamo ancora e più che mai nella necessità di un "radicalismo" nuovo, all'altezza di compiti assolutamente impari, quasi certamente votati a perenni sconfitte, ma la cui morale non sia solo quella del potere, e che anzi continui a discutere e criticare i modi del potere sempre e doINTELLETTUALIE PARTITI Gad Lerner vunque. Quantomeno, non si sarà degli intellettuali come quelli il cui compito viene efficacemente definito da Scalfati a p. 293 quando, esponendo il progetto del suo quotidiano, afferma: "la cultura collocata nel paginone centrale, quasi a dividere in due - con una zona di riposo e conforto intellettuale - la grande attualità politica collocata nella prima metà del fascicolo e la grande attualità economico-finanziaria". Non siamo poi cosl lontani, cari confortevoli intellettuali del più importante quotidiano italiano, da una visione del vostro compito di scelbiana memoria, mentre siamo invece lontanissimi dalle pagine del vecchio "Mondo". Se uno dei dati caratterizzanti le innovazioni sociali in corso è il frantumarsi della società per gruppi d'interessi nonché l'esasperarsi di spinte corporative, perché mai gli intellettuali, e quelli di sinistra in particolare, dovrebbero fare eccezione? Non è dunque per ostilità preconcetta, anzi, èhe ritengo utile discutere su alcune aggregazioni politiche recenti - fra cui la più rilevante è quella creatasi intorno alla rivista "Micromega" - nel loro significato particolare di veri e propri circoli o lobbies, laddove a questi termini assegno un connotato per nulla polemico, ma semmai letterale, di strumenti di autoconservazione ed autopromozione in campo culturale, politico e profes-· sionale. Potremmo accomunare, in questa osservazione, l'esperienza di "Micromega" con due altre realtà sintomatiche: l'una, circoscritta alla città di Milano ma qui assai influente, è il circolo "Società civile" promosso da Nando Dalla Chiesa insieme a un gruppo di giovani magistrati e di più illustri giornalisti, avente fra le sue regole costitutive la rigida esclusione di tutti i militanti di partito che abbiano incarichi dirigenti o pubblici elettivi; l'altra, di tipo puramente informale, è consistita nell'aggregazione di numerosi Indipendenti di sinistra per un intervento a più voci nel dibattito congressuale del Pci (di cui il libro Lettere da vicino costituisce la sintesi più nota). Ma procediamo con ordine, cominciando da "Micromega", rivista che per gli stessi componenti del suo comitato di redazione e per i suoi interessi prevalenti trova proprio fra gli Indipendenti di sinistra molti suoi promotori. Ebbene, se c'è un dato di partenza comune fra i promotori di "Micromega", credo lo si debba rintracciare nella netta cesura da essi accettata nei confronti di un dibattito che pure fino a pochi anni fa li aveva visti in gran parte impegnati: cioè il dibattito sulla crisi della partecipazione politica, sulla separatezza della politica, sul contrapporsi fra la società civile e il sistema politico-istituzionale. Certo, quel dibattito oggi nessuno potrebbe riproporlo negli invecchiati termini della contrapposizione fra un'indistinta entità definibile come gente o come masse ed il suo opposto ricondubile ai concetti di politica o di potere. La crisi della forma tradizionale dei movimenti sociali, l'affermarsi talora di alcuni movimenti attraverso canali inediti ed intermittenti (come l'effetto ridondante dei mass media nel caso dei "ragazzi dell'85"), oppure la loro strutturale ambiguità come nel caso degli abusivi siciliani, alimentano la tentazione di rincantucciarsi nella peraltro poco esplorata sfera dell'arte di governo e - come si diceva una volta - della politica separata. Ma davvero il complicarsi di questa contraddizione si risolve cosl, saltandola a pié pari? Solo l'anno scorso non sembrava questa l'intenzione, per esempio, del condirettore di "Micromega", Paolo Flores d'Arcais, che allora propugnava l'impegno degli intellettuali in favore della formazione di liste verdi, teorizzava il "bricolage della politica", il "riformismo spicciolo", una sorta di fai-da-te fondato sulle iniziative dal basso capaci di rigenerare su base concreta i contenuti programmatici e le finalità che la politica aveva distorto. In "Micromega", invece, alcuni fra i più onesti e intelligenti intellettuali l\tlicroMega1186 43

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