Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

Presa questa risoluzione di massima, mi sentii l'animo in pace e mi posi tranquillamente a pensare ai mezzi per attuare il mio proposito. Dopo averne scartati parecchi, ebbi un'idea. Andai a casa, e scrissi un dramma in quattro atti in versi. Non parlo di questo dramma per vanità d'autore, ma per necessità di narratore. Era un dramma semistorico. La scena era posta in una Stamboul immaginaria di parecchi secoli fa, regnata da un re egoista: Fitùf. Era la lotta tra l'egoismo del sovrano e il bene del popolo. Nelle prime parti del dramma si vedevano molti segni e prove di quel regale egoismo, e il popolo lo sopportava con pazienza. Ma Fifùf trascende a un misfatto cosl odioso, che ne nasce una rivolta generale nella città, e la catastrofe del dramma. Qui era il punto. Ecco il nodo: Stamboul è piena di cani: non c'è famiglia che non ne abbia almeno uno. Arriva un cane dall'Asia e morde alcuni cani stamboulesi: è preso e riconosciuto idrofobo. Anche i cani da lui morsi diventano idrofobi, e mordono altri cani della città: rapidissimamente una universale idrofobia si diffonde per tutta la canea di Stamboul. Il re Fifùf, come tutte le persone egoiste, è molto tenero della propria salute e ha paura di tutto. Raduna immediatamente il consiglio dei medici e si fa in breve spiegare le origini, i sintomi e i rimedi dell'idrofobia. Si può credere che questo sia per il bene del popolo. Niente affatto. Perché appena sente dire, dal protomedico, che il cane idrofobo non morde il proprio padrone, anzi lo sfugge, Fifùf ha una trovata infernale. Manda immediatamente in giro i suoi intendenti per tutte le case di Stamboul con l'ordine di comperare tutti i cani per conto suo. Cosl di colpo diventa padrone di tutti i cani della città, ed è sicuro che nessuno di essi lo morderà. Ma qui esplode (atto quarto) l'indignazione di tutti i padroni spodestati, ognuno dei quali si vede esposto non soltanto ai cani altrui, ma anche ognuno al cane che fino a un momento fa era stato il suo. Tutte le famiglie stamboulane si uniscono in una sola grande rivolta. Si viene a sapere che la diabolica idea era stata suggerita al re dalla regina sua moglie (che era sposata a lui sotto il regime della comunità dei beni, e perciò godeva della comproprietà dei cani e conseguente immunità). Il popolo muove in tumulto alla reggia col proposito di ammazzare la regale coppia inumana. Mentre re e regina, ignari di tutto, se ne stanno tranquillamente sul balcone a fumare il narkilè, il popolo invade la reggia, massacra i cortigiani e i servi, arriva al balcone, e taglia la testa al re Fifùf e alla sua consorte. Cosl finisce la commedia. Torniamo a me. Eccitato dal pericolo di vita che correvo e dalla necessità di superarlo, misi sùbito in prova il mio dramma, e stabilii che dovesse andare in scena appunto quel fatale 19 di giugno. Re e regina erano naturalmente il capocomico e la prima attrice; il resto della compagnia lo impiegai in parti di cortigiani, cortigiane, eunuchi, eunuche, servi, odalische, soldati: in una parola, la reggia. Le parti del popolo le riserbai a comparse avventizie. E attuai qui il mio pensamento magnifico, cardine di tutto il mio piano di battaglia. Cioè, distribuii quelle comparse - BibliotecaGino Bianco STORIE/BONTEMPELLI il popolo di Stamboul -:- non sulla scena, ma qua e là nella platea, mescolate con gli spettatori, producendo l'effetto che tutto il pubblico si trovasse a essere in certo modo incorporato alla rappresentazione, si identificasse col popolo stamboulese della finzione scenica (effetto che poi è stato imitato nel Kean, e più tardi da altri, ma allora era una novità). Collocai due scalette di comunicazione tra palcoscenico e platea. Mentre il popolo stamboulano fremeva qua e là mescolato col pubblico, il capo-popolo gli teneva un discorso eccitantissimo dalla prima fila delle poltrone: lo infiammava ad accorrere in turba alla reggia, passare sul corpo dei cortigiani, trucidare la coppia reale. Finita l'invettiva sublime, si lanciava per primo su per una delle scalette, e le comparse in corsa dietro lui. Ora, io seppi graduare e svolgere così bene la passione drammatica, e poi scrivere, per l'orazione finale del capo-popolo, un pezzo cosl travolgente, e così sottilmente e imperiosamente riuscii a confondere la realtà con la finzione e insinuare al pubblico la suggestione d'essere lui quel popolo vittima dell'egoismo del re, - che accadde una cosa maravigliosa, accadde la cosa che io avevo prevista, accadde che alle ultime parole appassionate del capo-popolo, (... eccolo l'empio: del tossico canin v'espose al morso, ed ei sicuro e in pancfolle stassi il freschetto a goder, con la signora, più can dei can comprati. Muoia! ...) e al grido ripetuto delle comparse: MU1Jia! ... e al loro correre iracondo sul palcoscenico, - accadde che furibondissimo il pubblico tutto cominciò a urlare Muoia, muoia!, e come mille belve ruggire e scaraventarsi forsennato, scavalcare poltrone, precipitarsi dai palchi, onde come una raffica si lanciarono sul palcoscenico, invasero la scena, e chi con temperini chi coltelli chi lame gillette, e le signore con gli spilloni, e i politicanti col revolver, ognuno con quello che si trovava addosso, ubriachi di furore - oh potere della parola e dell'arte! - fecero scempio, a destra e a sinistra, per un'ora buona, del capocomico, della prima attrice, del brillante e via via di tutta la compagnia man mano che se li trovava tra i piedi: il teatro era lacerato da una tempesta: dal palcoscenico un torrente di sangue colava nella platea e i pochi che per pigrizia o paralisi o stupefazione v'erano rimasti, miseramente in quel sangue annegarono. Io contemplavo dall'alto d'una torre la scena: non so dire se in me fosse più grande la soddisfazione dell'autore, o la contentezza dell'uomo che ha scampato un pericolo. Perché il lettore non deve dimenticare che appunto a quell'ora io avrei dovuto essere trucidato dai miei comici. M'ero premunito; e nessu- · no avrebbe potuto immaginare che l'accaduto corrispondeva a un mio preciso proposito, e chiamarmene responsabile. Anzi la cosa finì molto semplicemente. Perché in tutta quella confusione e travolgimento avvenne che alcuni svedesi, che come è noto prendon fuoco facilmente, lo appiccarono alle frange d'una poltrona; se ne sviluppò un incendio, il teatro bruciò con tutto il pubblico e il resto: e così la cosa finì col passare inosservata. 37

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