Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

Alain Tanner (foto di FulvuiFarassino). BibliotecaGino Bianco NOMAN'SLAND INCONTRCOONALAINTANNER a cura di Luca Bigav,i e Silvio Soldini L'accento svizzero Il tuo rapporto con la Svizzera è sempre stato molto presente nei tuoi film, da Charles mort ou vif fino a No Man's Land. Come pensi stia cambiando o come cambierà questo rapporto, tenuto conto anche del fatto che due film li hai già girati fisicamente all'estero? Non so. È molto difficile per me parlarne: ho un rapporto molto complicato con la Svizzera. Per di più, per quanto mi riguarda, la Svizzera si limita alla Svizzera romanda. Non parlo tedesco, e la Svizzera tedesca per me è un paese totalmente straniero. Non ho mai avuto voglia di filmare una sola immagine nella Svizzera tedesca: non vorrei essere aggressivo con i miei connazionali, ma è un paese che non mi dice assolutamente niente. La Svizzera francese, quindi. Il problema è che è molto limitata; ci sono un milione di abitanti e per me ora è un po' finita, non so più dove andare. Il cinema esaurisce molto velocemente un territorio. Uno scrittore può anche abitare in un paesino del Ticino e scrivere lì le sue cose; il cinema è diverso. Per esempio, una volta fatto Les petites fugues di Yves Yersin, non ci saranno film importanti per almeno altri venti o venticinque anni sul Vallese. Oppure Derborence di Reusser, un film tratto da Ramuz sul Vaud, la montagna... non se ne potranno più fare per i prossimi venti anni. Nelle grandi città è diverso: il cinema si riproduce da solo. A Parigi o New York si possono girare migliaia di film senza problemi. Oppure nel deserto - anche lì si può girare ancora molto. Sono i piccoli territori culturalmente definiti che si esauriscono molto velocemente. Quando abbiamo iniziato a fare film di finzione non erano tanto storie di territorio quanto di ideologia, e quando si parla di ideologia e si tocca il campo socio-politico, si è in qualche modo obbligati a parlare del proprio paese. Non posso dire cose che toccano la politica e la società se non sono nel mio paese, se sono di un paese che non conosco e non capisco. In più esiste anche una questione morale: non posso fare altrove film che trattano questi soggetti. Ora questo periodo è finito. L'ultimo film è stato Messidor, il cui territorio è tutta la Svizzera... ma è anche un film di morte, un film crepuscolare. Poi sono partito: l'Irlanda, il Portogallo. Sono ritornato, ma non completamente. Sono rimasto alla frontiera. Mi piacciono le frontiere, abito sulla frontiera, la passo anche molto spesso per andare in Francia a far la spesa, perché costa meno o perché i negozi sono aperti anche di domenica. Non ho più nessun rapporto reale con la Svizzera. Ho il passaporto, vado a votare se c'è qualcosa di interessante ... Ma non ho più rapporti neanche con Ginevra, che non mi piace: il suo territorio è completamente esaurito. È evidente che se si inventa una storia con quattro personaggi in un hotel la si può girare e ambientare ovunque; ma se appena hai un referente esterno, qualcosa che si vede dalla finestra - allora non funziona più. La Svizzera è un paese che per la sua storia, per il modo in cui la vita è organizzata, per come la gente pensa e tanti altri motivi, non mi dà più nessuno stimolo all'invenzione di storie. Non mi dice più niente. Non mi stimola a raccontare delle storie - e non sono il solo con questo problema. A Ginevra, siccome è una città, nonostante non ne abbia voglia, potrei ancora fare qualcosa; ma al di fuori per me è un po' finita. · Il fatto che i tuoi primi film tu li abbia scritti con fohn Berger, uno scrittore inglese, credi che sia in qualche modo collegato a questo discorso? Non è proprio così. Per La salamandre John è intervenuto dopo che la sceneggiatura era già stata stesa, unicamente per dei problemi di drammaturgia. Il primo film che abbiamo fatto insieme è stato Le milieu du monde. È vero che non è svizzero, ma già all'epoca abitava ormai da dieci anni in Svizzera. Più tardi ho scritto con lui Jonas. Per cui, in realtà i film sono due. E non hai mai più collaborato con nessuno in fase di scrittura? No. A parte il fatto che in questo momento sto lavorando con suo figlio. Ha 22 anni, e gli ho chiesto di parlare con lui per cercare di capire un giovane di 22 anni, visto

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