Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

26 STORIE/BESNARD Albert, lui, ha studiato un po; e ha trovato impiego da noi perché non c'era di meglio. Capisce le cose che hanno valore. Dice che è nei grandi caseggiati che si trova di più, perché la gente non sa niente: preferiscono i mobili in formica e gli oggetti di plastica, moderni insomma, e buttano via le cose vecchie. All'inizio lo prendevo in giro, raccoglieva sempre soprammobili che sembravano qualsiasi e che io non avrei mai notato, e andava a venderli al mercato delle pulci a Montreuil. Un sabato sono andato con lui, si è fatto un sacco di soldi: quanti per lo sgobbo di una settimana. E da quel giorno ho fatto attenzione. Ma ho un bel guardare da vicino, una volta su due mi sbaglio e mi ci incazzo. Albert cerca di iniziarmi, ma alla mia età è troppo tardi. Sento che ho buttato una parte della vita così, perché non ho avuto quel che serviva, quando serviva. Non sono più cretino di un altro. A scuola imparavo bene e il maestro disse a mio padre di farmi continuare. Sarei potuto diventare ingegnere, professore, adesso sarei magari nel governo. Mio padre guardò il maestro con gli occhi spalancati, mi mise a garzone da un fabbro, e si è preso il gusto di morire un anno dopo. Ora, me ne accorgo tutti i giorni, tutto questo lo sto pagando. I soldi non sono un problema, non c'è bisogno di essere geniali per farne, ma la cultura, come si dice, capire le cose, le sfumature, sapere che quella data statua ha una storia, sapere il greco, conoscere il mondo senza sbagliarsi, respirarlo distinguendone i diversi profumi, è questo che mi manca. Trovo che non è giusto, e mi ritrovo in questo mestiere di merda che nessuno vuol fare e mio figlio si vergogna di me, lo so, dice ai suoi compagni che sono un capitano. Ma quelli non sono idioti e non vengono mai a casa nostra. Mi sarebbe piaciuto essere capitano, è vero, e avrei potuto riuscirci come quelli che lo sono. Alla sua età (ha circa quattordici anni), anch'io avrei voluto essere capitano, di che non importa, all'inizio pensavo di squadra di calcio. È andata male. Certi mestieri hanno l'aria di essere più puliti, ma c'è da diffidare, a volte è tutto il contrario; tutto ciò che tocca il denaro, per esempio, i banchieri, i commercianti, sarà a causa della mia educazione cristiana, ma per me è sporco. Ho fatto fatica a spiegarlo a Snif (è mio figlio). Non credo più alla religione abbastanza da convincerlo. Eppure, se lo sapesse! Da vigilia di Natale del '67, me ne ricordo come fosse ie- .. ri, mi hanno chiamato per andare a Gonesse. Nessuno naturalmente era libero, e sapevano perfettamente che non avevo nessuno. Ho preso il mio scafandro a ventose, la camionetta e sono partito. La strada era ghiacciata e faceva un gran freddo, ma sono arrivato lo stesso alla svelta. Il guardiano dello stabile era seccato di essere stato disturbato in una serata come quella. Si sentivano gemiti nello scarico, uno di quelli nuovi, da ottanta centimetri di diametro, che BibliotecaGino Bianco avevano appena installato proprio per evitare le ostruzioni e che aveva solo peggiorato la situazione, perché la gente si era messa a buttarci di tutto. Ho capito immediatamente: era certamente un cane, e non era la prima volta. Via, come un giocattolo usato, qualcosa di incredibile! Mi sono fatto spazio rapidamente con il mio scafandro. Un B 528, interamente automatico, con prese laterali e pinze per stabilizzare. Il lavoro si fa sempre partendo dal basso dello scarico, perché dall'alto non è possibile chinarsi e individuare gli oggetti. Ma evidentemente questo complica un po' le cose, perché c'è sempre qualcuno che si affretta a buttare i suoi rifiuti proprio in quel momento. Ti arrivano addosso dappertutto, e meno male che i nuovi caschi di rame proteggono bene e permettono di vedere in alto attraverso l'oblò, grazie alla lampada autodetergente. Più andavo avanti, più le grida si facevano acute, e ben presto ho individuato un cartone di detersivo con la marca stampata sopra: SNIF. Ho cercato di salire il più vicino possibile, utilizzando le ventose delle anche e delle ginocchia. Le grida aumentavano, e ho capito che non era un cane. Passando le mani sopra la culla di cartone, ho afferrato il neonato e spinto via l'imballaggio. Era un bebè nero, un maschietto, aveva ancora il cordone ombelicale. Si calmò di colpo, e sarei potuto restare lì delle ore con il mio marmocchio. Era caldo, era dolce, era come la carezza del vento d'autunno, come un sole che si alza in piena notte proprio quando non lo si aspetta. Nell'oscurità lo vedevo appena, lo sentivo, eravamo soli al mondo, nella cavità del mio cuore, il tempo si era fermato. Mi chiamavano giù e io scesi con quello strano pacco. Si radunarono in tanti. Non fu possibile identificare il neonato. L'indomani ci furono fotografie sui ·giornali. Ero in qualche modo il suo salvatore. Non fu troppo difficile adottarlo. Lo sistemai nel mio bicamere in rue des Solitaires (vicino alla piace des Fètes) e la signora Perdreau mi aiutò volentieri ad allevare il bambino. Quattordici anni, di già! Paulette mi aveva appena lasciato per Fredo. La tresca durava già da un pezzo. Lei non voleva bambini. O non subito, o non con me, o, come le attrici, a quarant'anni, quando non c'è più che questo da attendersi dalla vita. Li ammazzava uno dopo l'altro, non appena ne aveva uno nella pancia. Questo mi feriva, a causa della mia religione, e mi faceva rabbia che avesse questo potere sulla loro vita, mentre io, che tanto avrei voluto averne, li avrei tenuti io nel mio ventre se fosse stato possibile. Ma lei voleva essere libera, così diceva, lavorare, vivere la propria vita. Vogliono lavorare tqtte, e già non c'è abbastanza lavoro per gli uomini; e allora come si fa; allora i figli chi li alleva? Glielo dicevo e mi cresceva la rabbia: venisse un po' a vedere cos'erano quegli scarichi pieni di porcherie! Quel che arriva sulla testa e dappertutto, non è mica una vita normale. Ma lei, invece: "Puzzi! Come ho potuto sposare un tipo come te, bisognava esser matti!" e si è messa con Fredo, un aiuto-parrucchiere, un vizioso, coi capelli biondo platino, e una brillantina che si sente a dieci metri di distanza.

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