Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

VITADI SPAZZATURA PierreBesnard ~ ono sommozzatore nella 17" sezione di una grande E.I impresa di pulizie della città di Parigi (non posso dirne qui il nome). Il mio settore copre il XIX e XX dipartimento e il mio incarico, in particolare, consiste nella manutenzione degli scarichi della spazzatura. È un lavoro molto faticoso. Ma mi piace, si è indipendenti. Il lunedì mattina Georges (è il capo) ci riunisce al deposito, al Quai de la Rapée, e distribuisce i compiti, quelle che lui chiama "missioni". E ci si ritrova il venerdì mattina per "render conto". Ma siccome lui si sta sistemando una casetta vicino a Coummiers, in vista della pensione, le riunioni del venderdì durano poco! "Bene, ragazzi, sistemate gli attrezzi e il materiale e date una passata con la scopa. Forse ripasso a fine giornata". Succede di rado. Dopo si beve tutti un bicchiere al "Caveau" e si resta tranquilli. A parte i turni, i fine settimana sono dunque pacifici. D'altronde ho notato che la gente a Parigi il venerdì è molto indaffarata. Non si sa dove né in che, meglio non indagare. Adesso cominciano già dal giovedì. E non è certo peggio. Quando ero nella 32" squadra a Lorient era diverso. Là smembravo i relitti. Sempre sott'acqua, aveva il suo fascino. Ma con lo scatto di carriera sono stato ben felice di trovare 'sto posto. Cambia molto. E d'altra parte è più facile quando si viene dalla marina, "si sa con chi si ha a che fare" dice Georges. All'inizio avevo paura di annoiarmi, mi avevano messo al deposito, era monotono. Ora accetterei più facilmente, ma all'epoca, quindici anni fa, ormai, ne avevo trentasei ed era un po' presto per fare il lavativo. Avrebbe potuto nuocere agli altri scatti. Ne parlai col capo, e lui mi fece assegnare alle squadre di intervento. Ha fiducia in me, ache lui era nella marina prima, gli altri sono quasi tutti stranieri. Bisogna ammettere che è un mestiere sporco. Ma tutte le sere doccia obbligatoria: con e senza scafandro. Quello che non ci si attacca addosso. Da non crederci. "Se non fai attenzione" dice Georges, "diventi vecchio prima del tempo. Adesso con la crisi ti mandano via a cinquantacinque anni, presto sarà a cinquanta, vedrai Berger!" (È il mio nome, Jean Berger). È per questo che lui se ne va il venerdì alla sua baracca, per cominciare a vivere da pensionato, un po' alla settimana, prima di diventare vecchio davvero e che succeda così, tutto d'un colpo. Io cerco di non pensarci, ma ci penso lo stesso. È un fatto che mi butta giù, sarebbe meglio morire. Non è tanto la pensione, è soprattutto finire in una categoria che, anche se non hai l'età, sei vecchio. In fondo mi lamento ma non sono sfortunato. Ho un lavoro, l'azienda va bene, abbiamo solidi contratti col comune e lo stato. Per essere pagati bisogna aspettare, ma sono buoni clienti: regolari. In più ci sono le indennità per l'inquinamento e le malattie. È giusto, la gente è sempre più sporca. Getta negli scarichi della spazzatura qualunque cosa. Sono davvero il vomitatoio di Parigi. Ho letto sul giornale che un tale ha fatto su questo degli studi, per conoscere BibliotecaGino Bianco la mentalità della gente al riguardo. È impensabile, e non è granché bello a vedersi. Non parlo delle bucce, delle bottiglie (è proibito gettarle), dei prodotti igienici usati, degli stracci e della carne marcita o dei gatti morti: questo è il pane quotidiano. Ma abbiamo trovato anche pezzi di donna, feti e cose impossibili da identificare. Eppure credevo di averne viste, soprattutto in Algeria, e nella marina quando smembravamo relitti trasformati in bare da mesi. Ma qui è peggio di tutto quanto si può immaginare. Sono stato allevato cristianamente. Mi è stata insegnata la carità, cioè l'amore obbligatorio, sempre e dovunque. Con gli anni ho lasciato un po' perdere, ma qualcosa mi è rimasto, e ci sono fatti che non posso accettare. Quando sono entrato nella Società mi sono trovato in mezzo a tutta gente di colore. Ai francesi 'sto mestiere non piace, troppo ripugnante. Preferiscono la disoccupazione. Si dice che non è colpa loro se non c'è lavoro. Ma è anche una questione di mentalità, tanto è vero che i negri e gli arabi lo fanno 'sto mestiere, e come! A Lorient ero con dei bianchi, e qui sono l'unico. Sono salito di grado in un batter d'occhio e Georges mi ha preso come secondo, per i miei precedenti in marina. Alla gente di colore bisogna insegnare tutto. Ti guardano con dei grandi sorrisi, e a volte ti domandi se non ne sanno molto di più, e se non ti pigliano per i fondelli. All'inizio mi ci innervosivo. Non sono razzista, o almeno non lo sono più. Quelli del Malì, soprattutto: non solo ridevano sempre, ma avevano gesti lenti e maestosi da re negri, come se 'sto lavoro fosse la messa cantata. Di fatto è il ritmo che è diverso, e i modi. Adesso resterei delle ore a guardarli: è come un balletto. Per loro tutto è sacro: i loro gesti sono sacri, il loro corpo è sacro, e anche lo sporco, le bucce di banana, le scatole di conserva. E io credo che abbiano ragione. Non ne parlo a Georges perché ho paura che mi prenda in giro. Non credo che capirebbe. Ma so che ora faccio come loro, vivo come loro, la vita per me è diventata più sacra, anche nèlle minime cose. Questo lo dico quando tutto va bene. La sera, quando bevo un po', o tutto è bianco o tutto è nero, vedo come loro o tutto al contrario, e allora ne ho abbastanza e vorrei farla finita con 'sta vita di spazzatura. Siamo un centinaio per tutta Parigi. Con Albert (si fa squadra insieme), ho molto più lavoro di altri perché lavoriamo in quartieri ristrutturati, pieni di palazzoni. Abbiamo chiesto un rinforzo, abbiamo scritto, ma non serve a niente, non ci hanno neppure risposto, è come un muro, e anche questo ti butta giù. Eppure siamo sindacalizzati. Ma non bisogna lamentarsi troppo, l'interesse del lavoro è che è vario. Quando si va a sturare uno scarico non si raccoglie solo sporcizia o le cose orrende di cui ho già parlato. Spesso ci sono delle sorprese. Albert ha l'occhio per questo. A volte la gente butta via perché litiga; a sentirli è comico: "Ecco, il ritratto di tua madre!" "Il tuo quadro d'autore della zia Germaine ! via!".

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