Linea d'ombra - anno IV - n. 14 - maggio 1986

Heinrich Boll (Agenzia Grazia Neri). garla, l'abbiamo ormai sperimentata sulla nostra pelle, siamo questa società, e l'esigenza prioritaria è difendersi da questo processo di adeguamento e identificazione. L'esperienza politica fondamentale di Boll è stata di un genere che non richiedeva troppe riflessioni: la capitolazione dei cattolici tedeschi di fronte a Hitler. Boll ha sempre suddiviso il mondo secondo questa elementare distinzione tra chi capitola e no, e a ragione, perché ciò di fronte a cui non si deve capitolare oggi più o menò lo si sa in ogni caso concreto. L'impressione che il rifiuto degli eroi di Boli ci riguardi tutti è confermata dal fatto che eroi non lo sono proprio, sono persone semplici profondamente coinvolte nella vita quotidiana e piene di contraddizioni: non hanno nulla in comune con le trasfigurazioni aristocratico-estetizzanti del personaggio dell'outsider che si incontra ad esempio in Camus o in Emst Jtinger, ma non posseggono neppure l'abilità e la scaltrezza del Ziindelfrieder hebeliano. Boll è cattolico: non crede alla teoria della doppia predestinazione, sa che gli accecati e gli illuminati sono fatti della stessa pasta. La cecità collettiva da cui sono colpiti gli uomini che vivono tra Blaugau e Bemau, al punto da non chiedersi neppure perché i Balek abbiano introdotto il divieto di peso, è dunque la nostra stessa cecità, la sua inverosimiglianza è la nostra, e l'atto del piccolo Franz Briicher che mette fine a questa cecità è il nostro atto possibile. Certo, anche dopo una terza lettura non è chiaro se alla fin fine il problema sia quello dell'uso o si limiBibliotecaGino Bianco ti all'abuso. Boli non fornisce una risposta precisa, è il lettore a dover fare un piccolo sforzo. Questo sapore ultimo di insoddisfazione, anzi di ambiguità, non si riesce a eliminarlo. Ma probabilmente è proprio qui l'origine del grande successo di Boli. La sua cruda verità viene messa in vendita in cartocci nei quali si crede di ravvisare i fogli ingialliti, ormai quasi illeggibili, di antiche e edificanti storie tedesche, saghe familiari e paesane. Ciò non attenua la loro potenza esplosiva, ma la rende accetta al palato di chi peraltro è fermamente convinto che la giustizia può soffrire soltanto di soprusi. Ma poiché, come si è già notato, non importa tanto la comprensione quanto l'azione che Boll raccomanda, il suo grande successo va valutato positivamente. La conclusione della Bilancia dei Balek suona pessimistica: "E chi voleva ascoltarli poteva conoscere la storia dei Balek da Bilgan, alla cui giustizia mancava un decimo. Ma quasi nessuno li stava a sentire". Invece sembra che il narratore di questa· storia abbia moltissimi ascoltatori, anche se non è Kleist e Hebel, ma uno scrittore spesso stilisticamente mediocre, a volte cordialmente noioso. Ma chi oggi volesse valutare gli scrittori col pendolo della giustizia letteraria, compirebbe un errore imperdonabile. Qui la bilancia truccata è l'unica attendibile. Certo non quella dei Balek, ma una che si lasci sfuggire cinque decagrammi e mezzo di poesia a favore di una libbra di coraggio. (1968; trad. dal tedesco di Claudio Groff. rivista dall'autore)

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