Linea d'ombra - anno IV - n. 13 - febbraio 1986

che avvicinano Cali It Sleep all'opera di Joyce. Se poi si volesse cercare un filo conduttore dell'intera raccolta, direi senz'altro che esso è costituito dal comune interesse per i motivi del silenzio artistico di Roth. A questo proposito risulta piuttosto importante anche tutto quel materiale a cui Materassi attinge per delineare meglio la personalità artistica del!' autore e che consiste in interviste a Roth, stralci dalla corrispondenza personale Roth-Materassi e il brevissimo brano di un romanzo in forma di memoria che Roth ha continuato a scrivere per tutti questi anni e che, sembra, uscirà presto sotto il titolo di Mercy of a Rude Stream. Quello che emerge da questi ultimi scritti è una sorta di monologo interiore in cui Roth sembra spiegare più a se stesso che al proprio interlocutore le ragioni del suo silenzio. Commenta Roth nel 1964: "Ho visto la stessa cosa accadere a un'intera generazione di scrittori: Steinbeck, per esempio, che ha avuto il premio Nobel per roba scritta trent'anni prima ... E Farrell, se pure su un altro piano artistico. E Faulkner. "E ancora dice nel 1977: "That became the hallmark of the Thirties, incidentally, the decade that desabled an entire generation of writers". Roth entrò così a far parte di quella schiera di uomini di cultura che uscì profondamente scossa nei propri ideali e nelle proprie convinzioni dagli avvenimenti mondiali che caratterizzarono gli Anni Trenta e che culminarono nelle firma del patto di non aggressione russo-tedesco. Ma E. Mortara ipotizzò fin dal '65, con felice intuizione, un'altra forse più profonda motivazione del silenzio di Roth: la rottura con il mondo ebraico. E questa tesi fu più tardi avvalorata dallo stesso scrittore. Il giovane Roth, lasciato dietro si sè l'ambiente chiuso del ghetto, era entrato a far parte della cerchia di intelletuali di sinistra del Village, aderendo al Partito Comunista e sottoscrivendo il Manifesto degli scrittori radicali. Per sua stessa ammissione il cambiamento era stato però troppo repentino, ed egli non vi era preparato nè emotivamente nè mentalmente. Fallito il tentativo di indentificarsi con quel mondo, Roth sentiva di non aver altro da dire. La riscoperta del proprio retaggio ebraico avvenne per Roth allo scoppio della Guerra dei Sei Giorni. L'interesse per le sorti dello Stato d'Israele risvegliarono sentimenti sopiti e si ravvivò in lui il senso di appartenenza alla comunità d'origine. "La scoperta continuità con Israele - dice Materassi - ha significato l'uscita da una BibliotecaGino Bianco impasse psicologica di drammatica portata". Roth, pur non facendosi molte illusioni sul futuro politico di Israele, sente un profondo senso di identificazione con la sua gente: "Lo stesso East Side - dice Roth - non era un mondo creato dagli ebrei, ma un mondo lasciato agli ebrei". Da allora Roth ha ripreso a scrivere, ponendo così fine a uno "state of mind" negativo che era ali' origine della sua sterilità artistica. Quale sarà l'esito della ritrovata ispirazione è difficile prevederlo, ma conoscendo i precedenti si è autorizzati a ben sperare. VARIA LETTERATURA DALLAALLAZ Mario Barenghi La maniera più facile e più futile di accostarsi a un'opera come la Nuova Enciclopedia della Letteratura Garzanti (pp. 1296, L. 32.000) consiste senz'altro nell'andare a cercare i nomi degli italiani viventi, per vedere chi c'è e chi non c'è, e per chi c'è, quante righe siano toccate a ciascuno. Una operazione del genere risponde a un'ovvia, legittima curiosità, ed entro certi limiti è perfino necessaria; ma non serve molto a farsi un'idea dell'utilità del libro. E questo non perché la notifica delle assenze e delle presenze dei connazionali contemporanei, corredata dal computo comparativo delle righe (ohibò! solo quattro?) sia destinata a lasciare un po' insoddisfatto chiunque - tutti troveremo sempre, ciascuno secondo i vari gusti e giudizi, che manca questo o quello scrittore, o che al tale e al talaltro sarebbe stato meglio dedicare più spazio. Ma il fatto è che un'enciclopedia della letteratura, semplicemente, non è un dizionario degli autori italiani contemporanei. Se in questa nuova "garzantina" letteraria è evidente lo sforzo di fornire anche sull'attualità un'informazione, se non completa, compatta (cioè né troppo reticente, né troppo generosa) resta comunque chiaro che questo non è lo scopo principale del libro. Sugli italiani viventi, del resto, non è difficile procurarsi notizie: una recensione, un risvolto, una quarta di copertina (purché ben fatti) ci diranno sempre più cose, e più aggiornate, di qualsiasi dizionario tascabile. Una valutazione equilibrata dell'opera deve quindi poggiare su basi diverse. E cominciamo anzitutto con un breve confronto fra questa nuova edizione e la prima, del 1972: già comunque pregevole, non foss'alSCHEDE/BARENGHI tro perché colmava una lacuna nel panorama editoriale italiano (opere analoghe, come il Dizionario delle opere e dei personaggi Bompiani sono di tutt'altra mole e di tutt'altro prezzo, si rivolgono a un pubblico di addetti ai lavori, e non mirano all'utenza scolastica se non tramite la difficile mediazione delle biblioteche). Un metodo un po' empirico ma abbastanza indicativo è quello dei carotaggi casuali. Apro quindi il volume del '72 e la sorte mi propone la p. 754. Ci sono molti nomi: fra Trakl e Trilussa si affollano Pietro Trapassi (alias Metastasio), "trascendentalisti", Bruno Traven, "treno" (threnos), Demetrio Triclinio, Trifiodoro e Lione! Trilling. L'edizione 1985 aggiunge ben sette lemmi, dedicati rispettivamente al poeta svedese Transtromer, ai retori e filosofi Trasimaco di Calcedonia e Giorgio Trapezunzio (V sec. a.e. e XV d.C.), al narratore islandese Jòn Trausti, a un altro umanista del '400, Ambrogio Traversari, al settecentista russo Tredjakovskij, e a due sovietici, Tret'jakov e Trifonov. Dunque, le novità non consistono solo nell'inserimento di nuovi contemporanei (come Trifonov) o di autori di letterature, diciamo, periferiche: c'è anche un sensibile ampliamento nell'area delle grandi letterature del passato, compresa la nostra, fino all'antichità; con un'attenzione particolare per le scritture non strettamente letterarie. Inoltre, si registrano migliorie di rilievo nelle voci confermate. "Trascendentalisti" è diventato "trascendentalismo" e offre una descrizione senz'altro più precisa e accurata; e così "Trilussa" e "Trilling": lunghezza raddoppiata, informazione più puntuale e ricca. Facciamo un'altra prova. Apro alla pag. 332, che comincia con il ceco Jaroslav Hasek. Seguono vari nomi tedeschi; a pag. 333 comincia la voce dedicata a Nathaniel Hawthorne. Le integrazioni dell'edizione '85 riguardano il poeta arabo pre-islamico Hatim al Ta'i, il tedesco Cari Hauptmann (che si affianca così al fratello Gerhart) e il dadaista, più artista che scrittore, Raoul Haussmann. Ma il cambiamento più importante consiste nella diversa organizzazione di "Hawthorne": non solo riscritta per intero, ma suddivisa in paragrafi, con sommarietto ben evidenziato - quasi un breve saggio, di agevole consultazione. Ancora: nel '72 fra Gneo Nevio e Vitezlav Nezval c'era solo il teologo inglese J .H. Newman; ora ci sono anche "new criticism", "New Yorker" (il settore angloamericano sembra particolarmente curato, meno preciso e completo quello ispanico e 93

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