va che sempre più diviene pleonastica ("ragazzi" basta a significare "bravi ragazzi, bei ragazzi", ecc.). Al plurale - come si è visto - "ragazzi" è un collettivo di facile e vasto uso eppure vitaminico al massimo, di salubre interclassismo appena venato di nostalgico e retrò; comunque non è "giovani" che è sostantivo tradizionalmente affascinante, ma è imprendibile e perfino periglioso, e soprattutto non è "studenti", come avrebbe potuto essere, parola oramai rovinata dalla ribellione e passata dalla brillantezza luciferina all'opacità decadente e grottesca della scuola tutta intera. Al plurale e al singolare, come anche al femminile, "ragazzi" è il succedaneo moderno dei piccoli uomini e delle piccole donne della letteratura migliore, quella delle avventure sane, della crescita e della solidarietà sentimentale con i genitori e i loro sacrifici. Infine in negativo, gli errori dei ragazzi sono innocue chiassosità, le lotte dei ragazzi sanguinano solo al naso, o invece, se feriscono alla fronte, sono immacolate e gracili come il biondo gratuito eroe dei ragazzi, appunto, della via Pal. Nonostante si possa proseguire con altri precedenti illustri, si ha però la certezza di dover cercare altre illustrazioni, che più certamente stanno all'origine spontanea e concorde della scelta del nome. Se infatti si sfoglia nel giusto si vedrà altresì che smette decisamente di incuriosirci, anche se non cessa di infastidirci. Sono in effetti le scenette o i sorrisi della pubblicità casalinga, soprattutto alimentare, che fanno da base culturale diffusa e sottintesa alla scelta e alla voglia che, nell'anno di grazia millenovecentottantacinque, ha la gente di riscoprire i "ragazzi". E la gente non può non entusiasmarsi davanti alla genuinità e alla comunione che vive in questa parola: "ragazzi" proprio come "nutella" è il minimo comun denominatore di tutte le generazioni televisive che si abbracciano, si spalmano paté di tonno, aspirano fragranze di brodo, pasteggiano disinvolti nel rimodernato desco, sentimentalmente ritrovati attorno al salutare cuore del mais. Ecco perché ragazzi sono tutti, e ci rimangono fino a Pertini, fino a novant'anni. .. Più che una scelta è un obbligo conveniente, che costa appena un impegno epidermico e che dà il vantaggio di una corrispondenza immediata (e permette di concorrere al sorteggio di un miracoloso effetto di rimbalzo). Così il Generale che li chiama a sé, può sentirsi ragazzo grande fra ragazzi inesperti, così il Giornalista che ne parla non può sottrarsi alla tentazione o alla confusione di sentirsi rappresentato in BibliotecaGino Bianco quel nome. "Ragazzi" è un nome dall'ampia possibilità di Partecipazione, dalla vasta necessità di Decentramento: è il distintivo più egalitario che sia sopravvissuto, forse per la sua insostenibile leggerezza rispetto al greve uniformismo di "compagni" o al sanguigno misticismo di "fratelli". "Ragazzi" sa un po' di casermaggio, ma è rispettoso delle distanze. Non viola l'anonimato eppure lo abolisce, tutela la privacy eppure la penetra, allude all'età, al sesso, al censo e insieme li trascende: è l'epiteto più comune e democratico che esista! Infine da parte dei diretti depositari di questo marchio ("ragazzi") non c'è la gelosia e l'avarizia di una volta, di quando ci si affrettava a liquidare i "matusa" smascherandoli dietro gli abiti vivaci e dentro le balere minorili. I ragazzi non sono più.possessivi con il loro nome, come non vogliono essere esclusivi con gli altri attributi della loro identità. Sembrano anzi soddisfatti della dilatazione e abuso dei propri segni, ansiosi di far parte di un continente sociale globalmente giovane: hanno un buon rapporto con i ragazzi più vecchi o vecchissimi, chiamano da tempo per nome i propri geniDISCUSSIONE/GIACCHÈ tori e talvolta i nonni, vivono in confidenza e in armonico e paritario disinteresse con tutta l'altra umanità, tanto che sono avvezzi a mescolarsi in santa pace al mare difforme della generalizzata ragazzeria di tutte le età, nei fast-food e nelle discoteche, fra le boutiques e i computers, senza mai azzardare una derisione, una presunzione, una sgabata distinziòne ... : che cari ragazzi! Sembrano dunque lontane e superate per sempre le prepotenti e impotenti discriminazioni, che una volta contrapponevano le giovani generazioni emergenti a quelle che le avevano nutrite e avevano fatto da guida. Quelle odiose emarginazioni a cui si dovevano sentire indegnamente sottoposti i detestati adulti, ''borghesi, ipocriti, conformisti, integrati, conservatori, capitalisti, fascisti, eccetera", feriti con insistenza da appunti che si arrampicavano assurdamente sui dettagli della loro innocente normalità: che senso aveva attaccare il "buon senso", o agitare le piccole guerre fra lunghi e corti capelli, fra magliette e cravatte, fra urlatori e melodici, e decine e decine di sottintese ed esplosive liti che parea dovessero separare in eterno i ragazzi in blue-jeans dagli uomini in lebole? I ragazzi di oggi finalmente vivono e lasciano vivere e, specialmente, vestono e lasciano vestire come si vuole, a perdersi fra le infinite gamme che il mercato offre a loro come a tutti gli altri (ragazzi). Sarebbe pazzesco pretendere "di più", e nondimeno cercare "altro" o parlare "contro", come istigavano le strumentalizzazioni di un tempo. Adesso i ragazzi vogliono semplicemente "il meglio", ed hanno ragione. Anzi hanno tutte le ragioni e quindi tutti i consensi. Chi non vuole il meglio? Dai progressisti ai conservatori fino ai neonati miglioristi, tutti logicamente ... (e ci sembra appena di intuire che "guai a chi non lo vuole!", ma si tratta certamente ancora di una evocazione irriflessa di antiche malignità, provocata dall'inerzia colpevole di ingiuste abitudini e di forzate frustrazioni...). I "ragazzi dell'85", invece, fanno la loro parte e, senza buttarla in politica, la stanno cantando chiara la loro lista di rivendicazioni cristalline. Non ci scandalizza la sapida elementarità delle loro richieste: non sono affatto nuove ma, a dispetto delle cattive memorie, sono le stesse del fatidico '68, che non trascurava banchi, aule, edilizia e affini in quelle assemblee gremite anche di democristiani e di piccoli laici - dai volti tutti sinistri-, che ogni giorno dichiaravano la loro lontananza dalla politica partitica, proprio 9
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