Linea d'ombra - anno IV - n. 13 - febbraio 1986

86 SCHEDE/VIVAN sday Weld, della quale Shepard adolescente si innamora vedendola comparire a piedi nudi in un'intervista televisiva che fece epoca: "Pensai che era il Marlon Brando delle femmine''. A volte invece l'occhio che Shepard apre sulla realtà è quello dell'adulto disincantato, troppo depresso, o compresso, per fare dell'umorismo: "Passarono due camionicini con le parole CROCIATA DEL REVIVAL DEL MIRACOLO dipinte sulla fiancata a vistose lettere rosse. Si chiese chi fossero i conducenti, se credessero in Dio, o se stessero solo guidando per altri che credevano in Dio". Il tono di queste "cronache'', di questi brandelli di vita e di America, è sempre molto pacato, trattenuto, addirittura represso, come se l'autore non volesse calarsi nella realtà che rappresenta e nemmeno violentemente rifiutarla, come se non volesse mescolarsi a Oggetti e Persone che mitizza scrivendoli con la maiuscola: dal Dipinto Religioso Italiano alla Macchina da Presa, dalla Spazzatura alla Vita Vera, dalla Cioccolata Calda allo Psicologo. Nelle poesie che si alternano ai brani di prosa del testo, il coinvolgimento dell'autore appare più evidente, gli intenti più chiari. Ma, se da una parte riesce a sintetizzare la dicotomia tra il mito e la realtà della Hollywood contemporanea con pochi versi eloquenti quali "la gente qui/è diventata/la gente/che fa finta di essere ", dall'altra, quando tenta di rappresentare "il vero rapporto tra uomo e donna", che lui stesso definisce "atroce e impossibile", passa dal dantesco "Ti girerei/Con la faccia al vento/Ti piegherei sulle mie ginocchia/Ti morderei la nuca/Fino a farti aprire la bocca a questa vita" all'abissale" Alza il culo e va' in cucina/Fa' del tempo quello che vuoi/Ma non bruciare il mio." Shepard sembra comunque ottenere i risultati migliori quando dimentica rimpianti e nostalgie del paese incontaminato e racconta, nelle pagine insopportabilmente angosciose del resoconto di un'emorragia celebrale che concludono il libro, per esempio, o in quelle, finalmente venate di ironia, sicuramente autobiografiche, in cui riferisce la fantasticheria vagamente mitomaniacale dell'avventuroso viaggio in treno di un ragazzo. Proprio queste pagine contengono gli elementi che lo Shepard autore teatrale sviluppa in Buried Child (Il bambino sepolto, una delle pièces comprese nella raccolta di Scene americane, che gli ha valso il premio Pulitzer nel 1979. L'avventuroso viaggio in treno finisce con una visita improvvisa alla casa dei nonni che il ragazzo non vedeva o BibliotecaGino Bianco sentiva da sette anni. Anche Vince, il personaggio chiave di Buried Child, è un nipote che, cresciuto, torna a esplorare le proprie origini, e trova, invece della famiglia radunata intorno al desco su cui troneggiano il tacchino e la torta di mele dell'iconografia del solito sogno americano, l'atmosfera dell'incubo in cui il sogno si è trasformato. Qui la famiglia americana viene presentata come metafora dell'intera nazione, con le sue speranze vistosamente effimere e i suoi cadaveri vistosamente sepolti: il cadavere del titolo è quello di un bambino frutto di una relazione adulterina e forse anche incestuosa (Shepard si limita a insinuarlo, ma ripetutamente e, se si vuole, si può optare per la metafora completa: la famiglia, la nazione, nascondono un cuore marcio, e l'origine del marciume è proprio nella famiglia, nella nazione stessa). Anche in True West (Vero West) la situazione di partenza è drammatica, e il compito di farla esplodere è affidato a due fratelli, Austin, uno sceneggiatore affermato e integrato, e Lee, il ribelle di famiglia che conosce la Vita Vera, dato che la passa a scorrazzare per il deserto, quando non è occupato a rubare elettrodomestici. Nella scenografica claustrofobica e ossessiva di una casa suburbana e piccolo borghese che è la stessa per tutte le nove scene (e che ricorda quelle dei serial girati in interni per ragioni di budget), irrompono, evocati da Lee, i grandi spazi esterni. Austin, che ha inseguito e raggiunto il successo, è attirato dal mito della libertà; Lee, che di libertà ne ha avuta fin troppo, è attirato dal mito del successo. Alla situazione conflittuale già esistente tra i fratelli si sommano, in crescendo, motivi sempre più reali ed espliciti di rivalità, e, come in Buried Child, alla tensione esplosiva della situazione reale si sovrappone quella metaforica: qualunque personaggio si dibatta nel tentativo di ritagliarsi un'identità propria tra mito e realtà è destinato alla delusione; crolla, alla fine, il mito del successo, crolla il mito della American Family, e anche quello del West si rivela illusorio. Ma il vero pezzo di bravura di questa raccolta mi sembra quello scritto da Shepard nel '72, The Tooth of Crime (Rock Star, nell'edizione italiana): in un'atmosfera fantascientifica si svolge il duello, verbale, ma non per questo meno violento, tra una star del rock e il rivale emergente. Il linguaggio è quello del mondo del rock, al quale si intreccia e si sovrappone, con il quale si fonde, grazie all'eccezionale bravura e inventiva di Shepard, quello del mondo del crimine organizzato. E la lotta per il "territorio" è sì quella di due cantanti rivali, ma, come sempre nelle pièces di Shepard, si allarga a comprendere la conflittualità e la violenza di tutta la realtà americana dalle quali Shepard è, per sua stessa ammissione, ossessionato. L'America di Shepard, anche se popolata da personaggi-emblemi attualissimi, è ancora una volta quella dei massimi scrittori ottocenteschi, dove il fischio della locomotiva che lacera la pace dei boschi del New England è un segno funesto del progresso che avanza. Bisogna dire che nel creare il concerto di suoni funesti che pervade una realtà dove ormai gli spazi bisogna contenderseli coltello alla mano, Shepard è abilissimo. Cavalca in quel rodeo che è l'America contemporanea con la disivoltura di un vero cowboy, e se il risultato delle sue contraddizioni non risolte è l'eclettismo di cui è riuscito a dar prova in parecchi anni di lavoro, non resta che ammirarlo, questo attore-scrittore-sceneggiatore-musicista che interpreta Chuck Yeager in Uomini Veri e non presenzia alle prime dei suoi lavori teatrali a New York perchè ha paura di volare. "VOLEVAMORIBALTARE QUESTOPAESE COMEUNGUANTO" Itala Vivan "Volevamo ribaltare questo paese come un guanto. Capovolgere questo paese, proprio come si distrugge un formicaio, con un calcio, per dare nuova vita a tutta quella gente che corre da mane a sera senza sapere dove diavolo va": così afferma, dolorosamente, dinanzi alla delusione dell'indipendenza incompleta, il leader nero Edward Shinza, uno dei personaggi più attraenti del romanzo Un ospite d'onore di Nadine Gordimer (Feltrinelli, pp. 490, L. 22.000). Infatti tutte le nuove nazioni africane sono nate con l'intenzione di rovesciare il mondo, capovolgendo le posizioni, rifare la società: cosa sia accaduto di tali intenti e di tale sperahza è il tema politico che si è posta la Gordimer in un libro per lei insolito e diverso. Per la prima volta la Gordimer lascia infatti il Sudafrica, sebbene non l'Africa, visto che si arresta in una ex colonia inglese della zona australe di recente divenuta indipendente e che sembra assomigliare molto allo Zambia: anche se lo Zambia non è, dato che quest'ultimo si trova nell'interno, e il luogo del romanzo ha la costa sul mare. Un

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