STORIE UOMINIVERIE BAMBINISEPOLTI MarisaCaramella La recente pubblicazione di due libri di Sam Shapard, Scene americane (Costa e Nolan, pp. 184, introduzione di Paolo Bertinetti, traduzione di Rossella Bernascone e Ettore Capriolo) e Motel Chronicles (Feltrinelli, pp. 143, l'introduzione di Delfina, e non, come sostiene la redazione distratta, Cristina Vezzoli) è stata preceduta da un vero e proprio bombardamento di articoli sull'autore che poco hanno a che fare con la sua produzione letteraria e molto con il suo beli' aspetto e il successo che ha riscosso e continua a riscuotere come attore cinematografico (Frances, Uomini veri, Country). Se non fosse vero amore (ce lo assicurano settimanali d'attualità e riviste femminili) sarebbe una fantastica trovata pubblicitaria anche la sua relazione con la brava e bella Jessica Lange. Era dài tempi di Marilyn e Miller che non compariva sulla scena americana una "coppia (così) ideale", l'incarnazione di una delle tante facce del sogno americano riveduto e corretto, quella di gioventù, bellezza e intelli- ~enza che trionfano (meglio se appaiate). E passato molto tempo da quando Shepard bambino si esercitava allo specchio a imitare il sorriso di Burt Lancaster in Vera Cruz (come ci racconta in Motel Chronicles) senza rendersi conto di avere in realtà dei bruttissimi denti: ora i denti sono perfetti e, se non esattamente Lancaster, Shepard riesce a essere un buon Clint Eastwood di sinistra, la faccia alternativa del bellone tuttoamericano che fa strage di donne e cattivi. Questa almeno è l'immagine che di lui fornisce la stampa. Le fotografie che corredano gli articoli occupano di solito gran parte dello spazio riservato al servizio, e perfino la quarta di copertina di Scene americane ce ne offre una molto significativa: la faccia di Shepard sembra scolpita nella pietra del Mount Rushmore, e si capisce che, oltre a Burt Lancaster in Vera Cruz, l'attore dev'essersi divertito a imitare anche Gregory Peck nella parte di Abramo Lincoln. Un altro passo avanti nella comprensione, questa volta dello scrittore, più che del personaggio di culto Shepard, ce la fanno fare le immagini, curiosamente simili, che gli editori hanno scelto per le copertine dei due libri appena usciti: un grande spazio naturale di qualche stato del Sud violenteBibIiOteCaGino Bianco mente interrotto da quanto di più vistoso si può scegliere per rappresentare. la civiltà americana, insegne al neon e umaoità caricaturale e disfatta. Lo sguardo che Shepard getta sull'America dal finestrino di quel veicolo in continuo movimento che è la sua vita, è in effetti portato a perdersi nei vasti orizzonti del paesaggio naturale, altro diffuso simbolo del sogno americano, ma viene irrimediabilmente attratto dalla miseria estetica e morale del prodotto finale della corruzione di quel sogno, dalla volgarità degli oggetti e dall'infelicità delle persone. Insieme a Hawk Moon, Motel Chronicles è l'unica opera di Shepard che non sia stata scritta per il teatro o per il cinema, anche se alcuni brani di prosa e le poesie che la compongono sono serviti a Wim Wenders da spunto per la sceneggiatura di Paris, Texas, la cui parte finale è opera proprio di Shepard. Invece di un titolo, ciascuSam Shepard e, in basso, Ed Harris e Katy Baker in Fool for Love. SCHEDE/CARAMELLA no di questi racconti-fantasticherieimpressioni porta data e luogo di composizione (è un vero peccato che la redazione, sempre più distratta, non si sia ricordata che in inglese, nelle date, il numero che indica il mese precede quello che indica il giorno, e non abbia provveduto a invertirli per il lettore italiano, che, se non fatica a capire che Ca. sta per California e Wa. per Washington, resta invece un attimo perplesso davanti ai vari 9/24/80, 4/29/81, 7/17/80). Le date vanno dal 1978al 1982, e i luoghi sono quelli del sud-ovest degli Stati Uniti, dove Shepard, dopo lunghi soggiorni a New York e in Inghilterra, si è definitivamente stabilito. Ad aumentare l'impressione che si tratti di una specie di diario, contribuiscono le fotografie di cui è corredato il libro (fotografie di Shepard, del padre, di amici, di una ragazza, di una "curiosità" molto americana), che questa volta, però, non hanno nulla di patinato e oleografico. Ad attutirla, il fatto che la successione dei brani non segua quella delle date: appunti, aneddoti e poesie sembrano buttati lì a caso, senza un ordine, cronologico o di altro genere. Ma questo non ha alcuna importanza: i frammenti di Motel Chronicles possono essere letti indipendentemente l'uno dall'altro, e in molti modi, come sequenze, inquadrature, fotogrammi quelli in prosa, come versi di canzoni rock quelli di alcune poesie. Ciò che sorprende e attrae il lettore è la distanza che lo scrittore riesce a prendere da episodi che sono spesso rievocazioni, la freddezza di una scrittura che ha pochissimo di letterario, di enfatico, che non comunica messaggi, non analizza, non tira conclusioni, non giudica, non piange e non sorride: come se fosse l'occhio attonito di uno Shepard-bambino, a contemplare e assimilare brandelli di una realtà spesso violenta, senza possedere i mezzi per interpretarla. E infatti molti degli episodi che Shepard scrittore-adulto riferisce sono proprio quelli che hanno colpito la fantasia di Shef?ard-bambino-adolescente. E l'immaginario collettivo di una generazione, più che di una nazione, come sostengono i cultori di Shepard, a emergere da queste pagine, un immaginario che il cinema ha contribuito in gran parte a creare: chiunque sia nato, come Shepard, negli anni quaranta, ricorderà i guerrieri watussi de Le miniere di Re Salomone: " ... con strisce di creta rossa sul naso. Il petto costellato di nere cicatrici in rilievo. Denti affilati come punte di spillo." O il Cavaliere Solitario che "galoppava su Silver e faceva un'impennata sventolando il cappello verso una donna con un bambino in braccio." O Tue85
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