Linea d'ombra - anno IV - n. 13 - febbraio 1986

ti, ai gesti, all'immobilità di quell'uomo una calma raggiante e solenne, come di chi aveva raggiunto, scegliendo una vita deserta di pace, una sua grande, forte pace. Parlava poco, non rideva, sorrideva facilmente. Non gli si conoscevano abbandoni né collere. Si era innamorato di una sopravvissuta che la bomba aveva reso cieca. Ne aveva amato il volto, il corpo, i pensieri e il silenzio, i giorni e giorni di tenebrosa disperazione, quando la vita sembrava fuggire da lei, spaventata dalle sofferenze, e restare nelle sue membra unicamente in forma di respiro, e le risurrezioni, sempre, mute come l'angoscia e come quella indistruttibili, finché il dolore si era pacificato e l'orrore di vivere, vivo ma non più vittorioso, rinchiuso nel profondo dell'animo. Avevano avuto tre figli, tutti, per ora, sani, e da essi erano nati, per ora, altrettanti nipoti. Erano ricchi, ed egli continuava a lavorare duramente, curando, oltre ai sopravvissuti, anche gli altri, perché fosse un sopravvissuto a guarirli dalle malattie e a salvarli dalla morte. I due uomini si erano conosciuti e parlati anni prima, ed entrambi serbavano il ricordo del lungo colloquio. Il medico aveva voluto che i suoi figli ascoltassero il racconto dei giorni della bomba. Li lasciò soli, e soltanto dopo discussero, insieme alla moglie, della grandezza della loro memoria e del suo - quindi del loro - posto nel mondo. Poco importò, allora, che non su tutto fossero d'accordo, contarono molto di,più le profondità alle quali parlando discesero, la comunione dei ricordi, la chiarezza delle parole. Non si erano più visti, ma sapevano l'uno dell'altro. Ei sedettero di fronte. "Sono venuto a chiederle di ritornare nelle scuole e dai bambini", disse il medico. "lo non posso - disse l'uomo della memoria - ed essi non vogliono". "Lei non vuole". "Sì. In realtà io non voglio, ma perché essi in realtà non possono. Siamo, io e loro, dentro un cerchio fermo e chiuso, e dentro questo cerchio possiamo solo guardarci, non scambiarci parole. Qualche cenno muto, al massimo". "È un cerchio umano, e quindi può essere, da una volontà umana, spezzato. Credo che lei non abbia questa volontà, e che rifiuti di averla. Credo che lei abbia desiderato una prigione, e ora che l'ha avuta, che l'ami". L'uomo della memoria brevemente sorrise, perché entrambi conoscevano quello che si sarebbero detti e quel dialogo era, come puro dialogo, inutile. Nessuno dei due avrebbe cambiato nell'altro con parole (e nemmeno con atti, se atti fossero stati possibili) la forma che - come vita - il senso e l'idea della vita avevano assunto in lui. Nemmeno le comuni radici - quel ricordo, quel dolore, quella coscienza del ricordo e del dolore - ne avevano la forza. Ma essere lì, di fronte, a misurare e giudicare le ragioni del loro esistere, e ognuno al tempo stesso quelle dell'altro e le proprie, indivisibili, non era un puro dialogo ma in verità una contesa e una sfida, qualcosa di molto vicino ad una supreBibliotecaGino Bianco STORIE/MENEGHELLI ma, universale battaglia morale fra due eserciti costituiti ciascuno da un solo uomo. Non per convincersi parlavano, ma per dichiararsi, per sancire, consacrare, difendere i fondamenti del loro agire. E più ambigua, più crudele, più vana lotta perché ognuno dei contendenti era - in una parte di sé radicata, sognata, talvolta invocata, forse amata, alla fine sepolta - l'altro. Non semplicemente capivano gli opposti argomenti e motivi e principi, ma li possedevano dentro un segreto luogo interiore, li sentivano vibrare alle parole dell'altro e tendersi come per risorgere, riconoscevano nelle parole che udivano quelle stesse che avrebbero potuto pronunciare se altre, più forti, definitive cause non avessero, in loro, deciso altrimenti e, decidendo, reciso. Stavano come sospese nella piccola stanza una malinconia profonda, una limpidità amara, una pietà grave. Questo sotto il breve sorriso l'uomo della memoria pensò, poi rispose: "Io li ho visti per anni coltivare l'aridità, allevare l'indifferenza, fino ad esserne pieni. Le ho viste calare sui loro occhi, lamiera impalpabile, e coprirli, e oscurarli. Mi guardavano come se raccontassi un'orrida fiaba, come se venissi da tempi remoti e feroci per incutere in loro un terrore astratto, come se dentro di loro la sensibilità, la mente, lo spirito fossero morti. Lo so che sono stati voluti e fatti così, che sono imprigionati, come me, come lei e tutti, dentro il cerchio nel quale è stabilito e imposto a ciascuno il modo di essere. Ma essi, ignari e ridenti, stanno al centro, io al limite estremo. Amano lo stato in cui sono ridotti, non concepiscono l'idea di ribellarsi, hanno rinunciato a salvare di se stessi la libertà di conoscersi, la libertà di definirsi, la libertà di soffrire. Non tentano nemmeno. Per questa distanza siamo reciprocamente muti. Apparteniamo allo stesso mondo ma siamo due mondi. Apparteniamo allo stesso genere umano ma non alla stessa natura umana. Abbiamo in comune poco più del corpo, o piuttosto la struttura del corpo, perché sul mio corpo ci sono segni che i loro corpi non hanno. Per tutto questo io non posso tornare a parlare con loro perché in realtà non voglio, ed essi non vogliono ascoltarmi perché in realtà non possono. La separazione è assoluta. Sono assente in loro, sono assenti in me". "Un grande dolore, - disse il medico - una grande speranza delusa, una grande illusione perduta, il senso di una grande ingiustizia patita devono aver generato in lei questa grande semplicità di giudizio, questa grande ingiustizia e questa superbia. Lontani, assenti, muti? Strettissimi, invece, avvinghiati, profondo lei in quei bambini come paura, profondissimi quei bambini in lei come odio. E senza parlarvi, senza vedervi, semplicemente perché esistete, continuate a dirvi la paura e l'odio. Molto di quello che lei atrocemente pensa è vero, ma non esaurisce la verità, ne taglia via una parte decisiva, senza la quale il giudizio, muovendo da una verità incompleta e fissandosi in quella, diventa falso. Si sono incisi nella sua mente gli occhi spenti dei ragazzi e lei ha irrigidito nelle memoria quegli occhi, li ha strappati dagli esseri vivi cui appartengono e li ha gettati dentro di sé 83

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