va creato - veniva invitato in casa. Il colloquio con gli adulti, salvo qualche eccezione, si svolgeva, da parte loro, sospeso tra sincerità e pudore, banalità e commozione, desiderio e orrore di parlare. Egli attendeva le loro parole senza incoraggi~rle, fissandoli, rispondendo brevemente, ed essi capivano che se il dialogo fosse nato avrebbe dovuto scendere nell'inferno di cui quell'uomo portava con sé non il semplice ricordo ma - dentro il ricordo - la verità, la forza, il grido, l'eternità e il destino. Quasi ogni colloquio finiva rapidamente, e nei ringraziamenti finali egli avvertiva, nascosta, l'eco delle cose che la paura, la debolezza, la pena avevano impedito di dire. Nelle scuole, invece, assisteva sempre un insegnante, che gli sedeva accanto e che egli, appena iniziato, dimenticava, ritrovandolo a fianco, con un moto di sorpresa, alla fine. Se diceva qualcosa si voltava un attimo a guardarlo, e bastava a farlo tacere. Niente doveva incrinare o rompere la tesa profondità del rapporto che lo univa ai ragazzi, ed e_ssi'alui, e tramite la sua voce e le loro menti generava ogni volta, nell'aula muta, non la descrizione della tragedia fua la tragedia, non la rappresentazione del male ma il male, non il sentimento della sofferenza ma l'esperienza di quel soffrire, di un soffrire sconosciuto agli uomini fino a quel giorno, e il giorno non era soltanto quel mattino d'agosto ma, dopo quello, ogni giorno in cui egli parlava e i bambini vedevano e sentivano, ogni giorno in cui l'indicibile era detto. Mai cambiava lo schema del racconto, e quasi nessuna parola e nessun gesto. La verità necessaria scaturiva dalla necessaria monotonia, dalla ripetizione fedele, uguale, di quel che era avvenuto e di come egli, con gli occhi dell'infanzia, l'aveva visto. Mantenendo incorrotta la conoscenza infantile, immediata e totale, e unendola alla successiva, lunga, ostinata, risoluta comprensione razionale, aveva fatto in sé del bambino e dell'uomo una realtà sola, equilibrata e piena, in cui nessuna parte diminuiva o negava l'altra. Poteva quindi rivolgersi ai suoi coetanei - perché questo erano, coetanei di lui nel giorno della bomba, ed egli era sempre, nella memoria e nel giudizio, insieme all'uomo, il bambino di allora - essendo uguale a loro. La natura del racconto era la natura stessa del ricordare e dell'essere, ne aveva la definitiva, irrevocabile fissità. E la vita che egli restituiva al giorno della morte e ai successivi, quelli durante i quali la morte continuò, doveva essere immutata, immutabile come quei giorni. Ogni minimo cambiamento avrebbe significato menzogna, tradimento: di quella morte e della propria vita, e del senso di entrambe, che erano una sola cosa. Perché il loro significato doveva sorgere, manifestarsi, imporsi dal racconto. Egli non aggiungeva niente a ciò che era stato. ~ ndò avanti così per molti anni, solcando le acque di- ii.I una sua giusta esistenza. Ma intorno alla sua voce mutavano la città e gli uomini. Aveva sempre amato camminare, per la gioia di sentire nel moto il corpo vivo, per osserBibliotecaGino Bianco STORIE/MENEGHELLI vare gente e luoghi, per andare assorto nei propri pensieri in mezzo agli altri. Lentamente questo piacere finì, e camminò sempre meno. Strade si aggiungevano a strade, piazze a piazze, giardini a giardini, palazzi a palazzi, e nuovi negozi, e nuovi luoghi di divertimento e di lavoro, e grattacieli, una città sempre più ampia, sempre più alta, sempre più nuova, sempre più fatta di pietre senza passato e senza futuro, avvinta ridendo, e senza vita, alla illusione del presente, anelante di dimenticare e di accecarsi, deserto la cui sabbia erano l'allegria e il rumore. Si rese conto un giorno di muoversi in essa coperto di estraneità, di lontananza, di ostilità, di rabbia come era stato coperto - allora - dalla cenere dell'esplosione. Camminando guardava, ora, fisso i volti intorno a lui e aveva il sensò che il suo viso deturpato dovesse continuamente attraversare un muro di occhi che lo guardavano con paura, pietà, e schifo. Finì per andare soltanto alle lontane case di riposo per vecchi sopravvissuti malati. Sedeva sull'erba, fuori dai vasti giardini recintati che circondavano gli edifici, e lasciava errare lo sguardo su quegli uomini la cui memoria indelebile era impressa nella morte lentissima. Col passare del tempo anche il suo rapporto con i ragazzi cambiò, e furono i ragazzi a farlo cambiare. Rispetto, disciplina, pazienza, rassegnazione, stanchezza sostituirono visibilmente la tensione, lo stupore, il dolore di prima. Ascoltavano dalla sua voce, ormai, una pagina di storia, chiusa, qualcosa che era dietro di loro, non più, mai più dentro, e confinata in un tempo orribile dal quale non volevano essere contagiati. Essi - i loro corpi vivi, sani, rigogliosi, i sentimenti e le idee, gli anni, i giorni, i minuti della vita - erano altro da lui, altro dalla distruzione, altro dal pensiero costante dell'infinita vitalità della morte. Le sue parole rappresentavano per loro una interruzione incompresa e temuta nello svolgersi dell'esistenza. Un'interruzione, non una contraddizione. Appena egli taceva ritornavano all'unica vita che per loro valeva, ansiosi di ricuperare il tempo perduto con lui, e gettavano via quel che aveva detto. Uno alla volta, tutti i gruppi organizzati dai sopravvissuti si sciolsero, ed egli continuò a parlare soltanto nelle scuole. Le autorità, per compensarlo dell'isolamento in cui era caduto, gli proposero di ripetere il suo racconto davanti a migliaia di persone nella cerimonia che anche quell'anno, come sempre, avrebbe ricordato l'anniversario della tragedia. Chiese di pensarci prima di decidere. Attese il crepuscolo per salire ad una casa di riposo posta sopra una dolce collina. Contemplò immobile - dentro di lui passava un vento lieve di pensieri diversi, confusi, e di malinconia - i vecchi storpi e deformi che rimanevano in giardino fino all'ultima luce e cercavano nell'impallidire, nel finire del giorno il calore del sole scomparso. Calata l'oscurità, ritornarono dentro, alle loro notti che annunciavano la morte. Si volse allora verso la città sotto di lui, splendente di luci. Più tardi scese la collina, e il giorno seguente rifiutò. In silenzio, senza che lo dicesse apertamente nemmeno a se stesso, senza ribellioni dell'orgoglio né analisi della ragio81
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