Linea d'ombra - anno IV - n. 13 - febbraio 1986

due fecero in modo di richiamare l'attenzione di tutti sul fatto che Shaku trascurava i suoi doveri di abitante del villaggio. Shaku non pescava. Shaku non accudiva i cavalli. Shaku non tagliava gli alberi del bosco. Shaku non scuoiava le lontre. Da quando, tanto tempo fa, era venuto dalle montagne un vento pungente, carico di fiocchi di neve che sembravano piume d'oca, chi aveva più visto Shaku lavorare nel villaggio? La gente la pensava così, e per la verità era ormai da tanto che Shaku non faceva più nulla. E quando il tempo venne di dividere le cose necessarie ai rigori invernali, tutti se ne accorsero chiaramente, anche i suoi ascoltatori più entusiasti. Tuttavia, dato che erano tutti conquistati dai suoi racconti, anche se un po' a malincuore, finirono col dividere le provviste invernali anche con lui che non aveva lavorato. Protetto dal vento del nord da una robusta pelliccia, e sorseggiando liquore di latte di giumenta, passò tutto l'inverno accanto a un focolare di pietra, dove bruciavano alberi morti ed escrementi di animali. Quando le canne cominciarono a spuntare sulla riva del lago, tutti di nuovo andarono fuori a lavorare. Anche Shaku andò verso i campi come gli altri, ma la luce nei suoi occhi era spenta e sembrava completamente assente. La gente aveva già notato che Shaku non raccontava le sue storie come al solito. Per quanto potessero implorarlo, non riusciva più a inventare racconti come aveva fatto per tanto tempo. '' Ahimé, non è più capace di raccontare - diceva la gente - Anche le sue parole hanno perso completamente il loro splendore". Gli spiriti avevano abbandonato Shaku. Gli spiriti, che gli avevano fatto raccontare tante storie, ormai, non c'era dubbio, erano definitivamente scomparsi. Gli spiriti lo avevano abbandonato, ma l'abitudine alla diligenza di una volta non tornava. Ora Shaku non lavorava più, non raccontava più storie, ma passava le sue giornate a guardare il lago con sguardo assente. Nel vederlo in quello stato, gli ammiratori delle sue storie di un tempo si ricordavano con rabbia di essersi privati del cibo prezioso del loro inverno per quel povero deficiente. I capi del villaggio invece, che odiavano Shaku, si scambiavano sorrisi soddisfatti: secondo la legge, le persone che venivano giudicate inutili e dannose per il villaggio, potevano essere punite dopo una pubblica consultazione. Le persone più influenti del villaggio, dalle barbe fluenti e dalle collane di giada, si riunirono per l'occasione. Non ci fu nessuno che prese la parola per difendere Shaku, che non aveva più nessun parente. S-:, roprio allora cominciava la stagione delle tempeste, I.lii e tutti avevano un sacrosanto terrore dei tuoni. I tuoni erano la voce maledetta del feroce dio gigante da un solo occhio. Quando la voce risuonava, tutti dovevano abbandonare le loro occupazioni e ritirarsi per purificarsi dagli spiriti maligni. I due vecchi malvagi riuscirono a collegare il recente fenomeno dei tuoni con l'esistenza dello sfortunato Shaku, BibliotecaGino Bianco STORIE/NAKAJIMA con la collaborazione di un indovino che avevano corrotto con due tazze di corno di bue. Fu deciso allora così: se nel giorno stabilito, nel tempo che il sole impiegava, dal momento in cui si trovava perpendicolare al centro del lago, a raggiungere la cima del grande albero di butena, che sorgeva sulla riva occidentale, il tuono fosse risuonato più di tre volte, allora Shaku, il giorno seguente, sarebbe stato giustiziato secondo la tradizione ereditata dagli antenati. Il pomeriggio di quel giorno, ti fu chi disse di aver udito il tuono quattro volte, chi cinque. La notte del giorno seguente un grande banchetto fu allestito attorno a un grande fuoco sulla riva del lago. Nel calderone, insieme a carne di capra e di cavallo, ànche la carne del povero Shaku bolliva gorgogliando. Presso gli abitanti di quella regione, in cui il cibo non abbondava, naturalmente tutti i nuovi cadaveri, tranne quelli di chi era morto di malattia, venivano usati come cibo. Il giovane dai capelli ricci che era stato l'ammiratore più entusiasta di Shaku, con il viso avvampato dal fuoco, si riempiva la bocca della carne della sua spalla. Il vecchio capo invece assaporava la dolcezza della carne attaccata all'osso del femore del suo odiato nemico. Dopo che ebbe finito di succhiarlo ben bene, gettò l'osso lontano. Si sentì il suono dell'acqua, e l'osso scomparve nel lago. Nessuno sa che tanto tempo prima che il cieco Meonio chiamato Omero cominciasse a declamare i suoi bellissimi versi, un poeta veniva divorato così. pagine 180 (traduzione di Giorgio Amitrano) @ La Tartaruganera n. 4 t/NPEL/TT(J PEI? clAAIEScl()Y(!E & Traduzione di Giulia Niccolai L. 12.000 71

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