Linea d'ombra - anno IV - n. 13 - febbraio 1986

70 STORIE/NAKAJIMA Una volta un falco pellegrino del monte Tooras parlò della magnifica vista dal cielo del lago, delle steppe e delle catene dei monti, e di un altro lago, ancora piu lontano, che sembrava uno specchio. E ci fu anche una lupa delle steppe che raccontò la crudele esperienza di vagare per tutta la notte, divorata dalla fame, sul suolo ghiacciato, sotto la luna di un gelido inverno. Da gente, incuriosita, andava ad ascoltare i deliranti monologhi di Shaku. E la cosa strana era che lo stesso Shaku (o, forse, gli spiriti che lo governavano) cominciava ad aspettarsi un uditorio numeroso. E in effetti il suo pubblico andava pian piano aumentando, ma c'era anche chi diceva: "Quelle di Shaku non mi sembrano proprio parole di spiriti. Ma non sarà lui a inventarsi tutto?" "Già, è vero - dissero altri - quando uno è posseduto da uno spirito di solito parla come un invasato e perde ogni controllo. Invece, nelle cose che dice Shaku non c'è niente di pazzo; anzi, le sue parole sono anche troppo logiche per uno spirito, e questo è un po' strano ... " E le persone che dicevano così diventavano sempre più numerose. Nemmeno Shaku capiva il significato di quello che gli accadeva da un po' di tempo. Naturalmente, anche lui si rendeva conto che i suoi sembravano diversi dai soliti spiriti. Ma siccome lui stesso non capiva come faceva, dopo ormai diversi mesi, a continuare in quello strano modo, e senza stancarsi, giunse alla conclusione che tutto ciò doveva per forza essere dovuto all'influenza di qualche spirito. Sicuramente tutto doveva essere cominciato quando, mentre piangeva la morte del fratello, e fremente di rabbia cercava di immaginare dove potessero essere andate a finire la sua testa e la mano, senza rendersene conto, aveva cominciato a pronunciare quelle strane parole. Non si può dire che quella fosse stata una invenzione volontaria, ma doveva essere servita a insegnare a Shaku, che aveva per natura tendenze visionarie, il gusto di trasferirsi in cose al di fuori di lui, usando la sua immaginazione. Mentre il suo pubblico pian piano cresceva, si era abituato a osservarne l'espressione dei volti, che rifletteva puntuale, in un alternarsi di sgomento e sollievo, l'andamento dei suoi racconti, e questo era per lui una inesauribile forma di interesse. La costruzione delle sue storie fantastiche diventava di giorno in giorno più ingegnosa. La descrizione di paesaggi immaginari acquistava sempre maggiore vivacità. Cosa inaspettata anche per lui, gli scenari più disparati venivano a galla nella sua mente con dettagli sempre più precisi. Ma, pur essendone sconcertato, l'unica cosa che poteva pensare era che tutto ciò fosse dovuto a qualche spirito che lo possedeva. Ma non poteva ancora arrivare a pensare che potesse esistere un mezzo chiamato scrittura, capace di trasmettere alle generazioni future quelle parole create così, una dopo l'altra, senza saperne la ragione. Né tantomeno poteva sapere con che nome in seguito si sarebbe chiamato il ruolo che lui adesso svolgeva. BibliotecaGino Bianco Nemmeno quando si era cominciato a capire che era probabile che le storie di Shaku fossero sua invenzione, il pubblico aveva accennato a diminuire. Anzi, la sete di sempre nuovi racconti sembrava insaziabile. Anche se essi erano opera di Shaku, il pubblico concordava con l'opinione dell'autore: solo gli spiriti potevano avere ispirato a una persona come Shaku racconti così meravigliosi. Infatti loro, che non erano posseduti dagli spiriti, non erano nemmeno sfiorati dall'idea che si potesse parlare con tanta dovizia di particolari, di cose di cui non si aveva nessuna esperienza. All'ombra delle rocce sulla riva del lago, sotto gli abeti della vicina foresta, o sull'uscio della casa di Shaku, ornato di una pelle di capra, seduti attorno a lui in semicerchio, ascoltavano le sue storie col fiato sospeso. Il racconto dei trenta banditi che infestavano le colline del nord, il racconto dei mostri delle foreste di notte,· quello delle giovani mandrie delle steppe, e tanti tanti altri. Gli anziani del villaggio, vedendo che i giovani, stregati dai racconti di Shaku, trascuravano le loro occupazioni, storcevano il naso. Uno di loro disse: "Il fatto che sia venuto fuori un tipo come Shaku è un segno di cattivo auspicio. Ammesso che sia veramente posseduto dagli spiriti, non ci_ sono mai stati spiriti così strani; e se non è posseduto, non si è mai visto uno così pazzo da farsi venire in mente tutte queste storie folli e assurde. E comunque sia, che un tipo del genere sia apparso è senz'altro una cosa contro natura". Il vecchio che aveva parlato così apparteneva a una delle famiglie più potenti del villaggio, che aveva per stemma un artiglio di pantera; la sua opinione ricevette subito l'appoggio degli altri anziani. Tutti, segretamente, decretarono ostracismo a Shaku. m elle storie di Shaku i personaggi presi dall'ambiente che lo circondava avevano cominciato a comparire sempre più frequentemente: il suo pubblico non poteva accontentarsi in eterno di racconti su falchi o mandrie di buoi. E Shaku raccontava la storia di un uomo e una donna, tutti e due giovani e bellissimi, di una vecchia rosa dalla gelosia e dall'avarizia, di un vecchio capo, superbo e sprezzante con gli altri, che solo davanti alla vecchia moglie non osava alzare la testa. Quando raccontò la storia del vecchio dalla testa nuda come quella di un avvoltoio, che si era battuto con un giovane per una bella fanciulla ed era stato pietosamente sconfitto, il pubblico scoppiò in grandi risate. Shaku chiese quale fosse la ragione di tanta ilarità, e gli fu risposto che quella pietosa esperienza era accaduta di recente anche a un vecchio del villagggio, proprio quello che aveva aperto le ostilità contro Shaku. Ciò non fece altro che accrescere l'ira del vecchio capo. Tirando fuori l'astuzia di un serpente bianco, egli decise di tramare un piano ai danni di Shaku. Un altro, che poco tempo prima era stato tradito dalla moglie e che aveva creduto di scorgere in un racconto di Shaku un'insinuazione sul suo conto, lo affiancò nella realizzazione del piano. I

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