Linea d'ombra - anno IV - n. 13 - febbraio 1986

RICORDOIJUANRULFO Goffredo Fofi Dopo Boli, Calvino e Elsa Morante, scomparsi nella seconda metà dello scorso anno, l'inizio dell'86 ci ha portato la notizia della morte di un altro scrittore da noi molto amato, il messicano Juan Rulfo (Jalisco 1918 - Città del Messico 1986), di cui "Linea d'ombra" aveva pubblicato un racconto breve e folgorante in uno dei suoi primi numeri. Chi scrive aveva avuto l'onore e la gioia di conoscerlo, appena due anni addietro, a Città del Messico, e ha ora il rimpianto di non averlo conosciuto meglio, tanto Rulfo gli era parso uomo di rare civiltà e misura, profondità e serietà, appena corrette da un humor sottile e affettuoso. Con lui ho parlato a lungo, in un piccolo bar sovrastante una piccola libreria, dei suoi libri ma più ancora del Messico e della sua letteratura, dell'Italia e della sua letteratura.(Mi stupì e divertì una sua affermazione: che un buon film che spiegava efficacemente il disordine che è stato della rivoluzione messicana, uno dei pochi che ne "dava !"'idea", fosse Giù la testa di Sergio - che Rulfo pronunciava Serghio - Leone). E mi dispiace di non avere, per timidezza, portato un registratore per raccogliere le sue osservazioni, le sue idee, visto che rare sono le interviste con lui e ancor più rari i suoi scritti. Uomo di molti avventurosi mestieri, conoscitore profondo del Messico, l!vorava ali' Istituto Indigenista, e della stona e della cultura degli strati popolari del suo paese era un conoscitore straordinario. Una delle domande che avrei voluto fargli e non gli ho fatto riguardava Faulkner, chea me pare - e credo sia opinione diffusa · un suo punto di partenza fondamentale, come per tanti altri scrittori latino- ~ericani, da Onetti a Marquez. Un'altra il su · d' · ' , o g1~ 1z10sui film messicani di Bunuel. C è da ni:npiangere, in Italia, la quasi inesistenz~. di latino-americanisti almeno ag- :uernti e attivi quanto i lusitanisti. Persi P~resso al fantasma delle letteratura borghesiana o magari marquesiana essi non anno ' saputo far molto per aiutare la cono- ~enza, la comprensione e la giusta valuta- :n; della grande letteratura di quei paesi, -Seritton_un buon lavoro accademico (su _, on come Rulfo o Carpentier Argue- "'as o v , .delle d' arga_sLlo~a: si contano sulla punta O d ita gh studi mteressanti mentre ab- n an · ' é O sciocchezze sulle due mode citate) con un'azione - nei media e nell'editoria r la Promozione di traduzioni del nuovo ·ot va Gino Bianco Juan Ru/fo, Incontro musicale. davvero significati. Per fermarsi al Messico, scrittori importanti come Revueltas, o i viventi Poniatowska e Pacheco, attendono ancora che li si diffonda. La conoscenza di Rulfo è stata ostacolata da tutto questo, come anche dalle pessime traduzioni dei suoi due libri, Pedro Pàramo presso Feltrinelli e La morte al Messico (titolo banale e riduttivo per l'originale "Pianura in fiamme") presso Mondadori. Per fortuna, Einaudi ha riacquistato i diritti sulle due opere, affidandone la versione a una traduttrice valente, Francisca Perujo, e Pedro Pàramo è già disponibile in una buona edizione; anche se Einaudi non mi pare abbiamo molto fatto per pubblicizzarla. In morte di Rulfo, ci è capitato infine di leggere sulla stampa una sola nota seria, quella di Severino Cesari sul "Manifesto". Rulfo ha pubblicato solo due libri, quelli ricordati: il primo, la raccolta di racconti El I/ano en llamas (1953); il secondo, Pedro Pàramo (1955), un breve romanzo. (Un terDISCUSSIONE/FOFI zo piccolo libro di copioni per film sperimentali o documentari è stato tradotto dagli Editori Riuniti col titolo Il gallo d'oro nella collana dei David. Un secondo romanzo, El hijo del desaliento, sul disorientamento degli inurbati, Rulfo non ha mai voluto darlo alle stampe.) Sono bastati per farlo scoprire dai maggiori scrittori e critici del subcontinente e considerare un grande, e per farlo stimare in Messico come il maggiore dei messicani. Radicati nella realtà del paese, addirittura "regionalista" (Rulfo li ha ambientati nello stato in cui è nato, Jalisco); non privi di riferimenti storici (la "guerra cristera" della fine degli anni venti, tra stato e cattolici, di cui Rulfo bambino assistè a cruenti episodi); e tra loro assai simili per "aura" e tensione - sono due capolavori che di molto oltrepassano questi dati ambientali, pur esaltandoli essenziati, per la complessità e misura dei loro veri temi e del loro linguaggio. I primi: la violenza e la morte, la memo7

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