Linea d'ombra - anno IV - n. 13 - febbraio 1986

ILPOSSEDUTO Atsushi Nakajima Nakajima Atsushi (1909-1942)visse brevemente e in un periodo generalmente considerato piuttosto oscuro per la letteratura giapponese. Eppure è proprio negli anni più duri, quelli che precedono lo scoppio della Seconda GuerraMondiale, in cui più forte è ilpeso della censura sulle creazioni e le idee, che Nakajima produce le sue opere più importanti. La sua opera, trasgressivacome tutti gli autentici prodotti creativi, è tuttavia incensurabile per quel carattere di assenza proprio della letteratura fantastica. Scrittore eccentrico e raffinatissimo, Nakajima eccelse soprattutto nellaforma del racconto breve. Nei suoi racconti, storie di metamorfosi, magie, crudeltà, incantesimi, l'elemento visionario è governato da una padronanza assoluta dello stile, mediata da una prof onda conoscenza di quello severo e limpido dei classici cinesi. Sullo sfondo di paesaggi della Cina T'ang, della Grecia barbarica, dell'Assiria, dell'Antico Egitto, dei Mari del Sud, prendono forma brevi racconti, simili quasi a romanzi miniaturizzati, dalle trame ingegnose, sempre distillati da una feroce passione letteraria. Grande conoscitore delle letterature occidentali, Nakajima scrisse anche una autobiografia immaginaria di R.L. Stevenson a Samoa, Hikari to kaze to yume (Luce, vento e sogni), singolare coincidenza di sogno e critica letteraria. Di Nakajima sono stati finora pubblicati in italiano solo due racconti: Il virtuoso (Meijin-den, trad. di A. Ricca Suga in Narratori giapponesi moderni, Bompiani, Milano, 1965)e Cronaca della luna sul monte (Sangetsu-ki, trad. di G. Amitrano, in "li Giappone", Roma, 1983). mel villaggio di Neuri si era diffusa la voce che Shaku fosse posseduto. E si diceva che a possederlo fossero in molti: spiriti di falchi, lupi e lontre, che penetravano nel povero Shaku e gli facevano pronunciare parole misteriose. Tra le tribù barbare che i Greci in seguito avrebbero chiamato scitiche, quella del villaggio di Neuri si distingueva per le abitudini eccentriche. Per tenersi al riparo dagli attacchi degli animali selvatici, i suoi membri abitavano in capanne di legno costruite su una piattaforma sostenuta da innumerevoli pali conficcati nel fondo del lago. Qui e là sulla piattaforma si aprivano delle botole dalle quali, calando dei canestri nell'acqua, prendevano i pesci. E se uscivano con le canoe potevano prendere anche lontre e tassi d'acqua. Si vestivano di canapa, di cui conoscevano la manifattura, e di pelli di animali. Si nutrivano di carne di cavallo e di montone, di lamponi e di semi delle piante lacustri, e prediligevano il latte di cavalla e il liquore che se ne ricavava. La mungitura delle cavalle, secondo un metodo tramandato per generazioni, veniva affidata agli schiavi che, inserita una cannuccia d'osso nel ventre dell'animale, dovevano aspirare fin quando il latte non cominciava a gocciolare. In questa tribù, Shaku era sempre stato una delle persone più tranquille e comuni, ma da quando, la primavera dell'anno passato, suo fratello Dekku era morto, aveva cominciato a dare segni di stranezza. In quel periodo un'orda di feroci nomadi Uiguri, scesi dal nord a cavallo e armati di scimitarre fino ai denti, si era abbattuta sul villaggio come un uragano. Gli abitanti del lago tentarono una difesa disperata. Dapprima cercarono di fronteggiare il nemico sulle sponde del lago, ma resistere ai sanguinari cavalieri delle BibliotecaGino Bianco steppe del nord era impossibile, e furono costretti a tornare indietro e rifugiarsi nelle loro case sul lago. Ritirarono i pontili d1 accesso alla riva e, facendo feritorie delle loro finestre, risposero con pietre e frecce all'assalto nemico. I nomadi, che non sapevano usare le canoe, dovettero rinunciare a distruggere il villaggio. Si impossessarono solo delle bestie che erano rimaste sulla riva e di nuovo, come un uragano, ritornarono verso il nord. Dietro di loro, sulla sponda del lago tinta di sangue, non avevano lasciato che cadaveri in gran copia, tutti decapitati e amputati della mano destra. Del cranio, l'esterno veniva dorato e serviva come coppa. La mano destra invece, veniva scorticata: la pelle, a cui lasciavano attaccate le unghie, doveva servire come guanto. Anche il corpo del fratello di Shaku era stato abbandonato dopo aver subito questa ignominia. Dato che non c'era più la testa, non era possibile identificare il corpo se non dai vestiti o dagli oggetti che portava, ma quando Shaku si trovò davanti al cadavere del fratello più giovane, inconfondibile per il segno sulla cintura di pelle, e la decorazione sull'ascia di guerra, restò a lungo a guardare, come in trance, lo scempio che era stato fatto di quel corpo. In seguito ci fu chi disse che c'era qualcosa, nel suo aspetto, di diverso da quello di chi piange la morte del fratello,. Subito dopo Shaku cominciò a parlare in quella specie di strano delirio. Nessuno dei suoi vicini riusciva a capire cosa si fosse impossessato di lui e gli facesse dire parole così sconnesse. A giudicare da quello che blaterava, poteva trattarsi di un animale selvatico che era stato scorticato vivo. Ma, dopo averci riflettuto, giunsero tutti alla conclusione che a far parlare Shaku doveva essere senz'altro la mano destra del fratello Dekku, che era stata mozzata dai barbari. Dopo quattro, cinque giorni, Shaku cominciò a parlare con la voce di un altro spirito. Questa volta però fu subito chiaro di quale spirito si trattasse. Dal racconto della sua tragica fine sul campo di battaglia e dalla accorata rievocazione di come, dopo la morte, fosse stato tirato per il collo da un grande spirito dello spazio vuoto e lanciato in una tenebra senza fine, tutti capirono che lo spirito era quello del fratello Dekku. Tutti pensarono che lo spirito di Dekku si doveva essere insinuato in Shaku mentre stava in piedi a fissare il cadavere in quello stato di trance. Ora, fino a quel momento, nessuno aveva trovato niente da stupirsi del fatto che Shaku fosse stato posseduto dallo spirito del suo parente più stretto e da quello della sua mano destra, ma quando, dopo una pausa di tranquillità, Shaku riprese a parlare in quel modo delirante, tutti cominciarono a preoccuparsi. Anche perché questa volta parlava con voci di uomini e animali che non potevano avere nessun rapporto con lui. Fino ad ora c'erano stati sì uomini e donne posseduti dagli spiriti, ma quando mai s'era visto che una tale varietà di spiriti si impossessasse di una sola persona? Una volta una carpa che viveva nel lago su cui sorgeva il villaggio, raccontò per bocca di Shaku i dolori e le gioie della vita dei pesci.

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