Linea d'ombra - anno IV - n. 13 - febbraio 1986

68 STORIE/TRIFONOV Fillll lla vigilia della partenza tenni un discorso da '' Stock- liil man", la più grande libreria finlandese, davanti a clienti occasionali e, forse, miei lettori. Erano in molti, formavano una folla silenziosa, attenta, molto finlandese. Al pianterreno, fra gli scaffali e sopra, dietro la balaustra, si erano sistemate sulle sedie alcune vecchiette arrivate con un'ora di ant1c1po, come arrivavano sempre da "Stockman" a tutti gli incontri con tutti. Io stavo seduto su una piccola pedana accanto al professor Pessonen che stava dicendo qualcosa su di me. A fianco, sul tavolino, erano ammucchiate impudentemente pile dei miei libri in lingua svedese e finlandese, il cui aspetto sembrava supplicare i clienti a comprarli. Un'aria particolarmente afflitta aveva una lussuosa e cara edizione svedese di Impazienza - la comprò infatti solo una persona - e dopo il mio discorso che era durato, come sempre da "Stockman", esattamente 30 minuti, cominciò a venire verso di me una rada fila di persone con i libri in mano. Me li porgevano in silenzio, in silenzio io li firmavo. Ad un tratto una donna si chinò verso di me e disse piano in russo: - Ho letto un articolo sul giornale. Mia madre lavorava all'ambasciata, conosceva suo padre. Guardai stupito la donna. A Mosca non c'era più una persona che avesse conosciuto mio padre. - Quanti anni ha sua madre? - Ha superato i novanta. Ma sta ancora bene: ricorda tutto. Se ha il tempo e la voglia ... Mi sono ritrovato in un appartamento medio, tipico da cooperativa, simile ad alcuni appartamenti nei pressi del Metrò "Aeroport". Mi venne incontro una vecchietta, secca e diritta, con il naso aquilino e lo sguardo fisso e attento, che nel porgermi una mano leggerissima disse: - Che piacere parlare con un russo. Probabilmente lo diceva a tutti i russi che la andavano a trovare. Pensai: sì, la Finlandia somiglia alla Russia, ma è comunque un altro paese. E i russi che vivono qui non ci somigliano. Uno sguardo così aquilino, fisso e attento non l'avevo mai visto nelle nostre vecchie, ma forse mi sbagliavo. La novantaquattrenne Elena Ivanovna prima aveva lavorato all'ambasciata come guardarobiera, poi era passata alla rappresentanza commerciale dove era rimasta per 5 anni e mezzo. Alle sue dipendenze c'erano ventidue donne delle pulizie, era responsabile del mobilio e di altri oggetti. Un lavoro antipatico. I finlandesi sono molto orgogliosi. È difficile lavorare con loro, non sopportano le osservazioni. Il marito di Elena Ivanovna era finlandese, un socialista rivoluzionario, abitavano a Pietroburgo, poi il marito fu arrestato e messo nella prigione di Helsingfors e nel 1920 lei partì per raggiungerlo insieme ai figli. Il viaggio era stato molto difficile, come anche la vita a Helsingfors. Dopo la prima guerra mondiale dappertutto c'era la crisi. Suo marito, tra l'altro, un tempo aveva lavorato con Ejno Raja ... Bevevamo il tè sotto la lampada bassa con un antiquato abat-jour di seta che era l'esatta copia dell'abat-jour del nostro appartamento degli anni '30. Anche la tovaglia assomigliava alla nostra. E le sedie. Ma i biscotti nel piatto non BibliotecaGino Bianco erano come i nostri. Erano biscotti diversi. - Suo padre era simpatico - diceva Elena Ivanovna - lo ricordo. Andavo da lui per firmare i conti. Era gentile, corretto, e trattava molto bene il personale di servizio. Cosa che, devo dire, non facevano tutti. Soprattutto quelli di altre nazionalità ... Lo sguardo aquilino della vecchietta divenne fisso, in attesa. Io stavo scrivendo: che fare se la memoria di Elena Ivanovna non ha conservato niente altro? Parlava a bassa voce, con calma, in modo logico, troppo logico per la sua età quasi secolare. Ma nel suo modo di parlare c'era un difetto: come se ad un tratto il disco si incantasse. Elena Ivanovna cominciava a ripetere la frase già detta, che non ricordava di aver pronunciato. La ripeteva ogni volta come se fosse una frase nuova che le era appena venuta in mente. - Sì, ecco, ancora una cosa - diceva Elena Ivanovna - suo padre era molto gentile, corretto, e trattava bene il personale di servizo. Cosa che, devo dire, non facevano tutti. Soprattutto quelli di altre nazionalità ... Quando si apprestava a pronunciare la stessa frase per la terza o quarta volta, sua figlia, con qualche lieve movimento - spostando la zuccheriera sul tavolo, o facendo il gesto di offrire i biscotti - interrompeva la vecchietta a mezza frase e cambiava discorso. La vecchietta passava con facilità da un argomento all'altro. Raccontò che alla rappresentanza commerciale si organizzavano delle feste, si faceva l'albero di Natale, c'era sempre tanta allegria. Negli anni '30, poi, era cominciata la crisi, la disoccupazione, molti dipendenti della rappresentanza erano tornati in URSS, e lei non aveva mai più saputo nulla di loro. La rappresentanza si trovava nell'edificio del cinema "Apollo", e tutto l'edificio si chiamava "Apollo". Non lontano si trovava una fabbrica di birra. Oh, Helsinki era diversa allora! Sulla via dei boulevard c'erano basse case in muratura, e anche di legno. Cadeva sempre tanta neve che non veniva spazzata. La neve giaceva in grossi mucchi, la gente andava per strada con gli sci e con i pottkuri. C'erano tante slitte e carrozze, poche automobili. Tutto questo Elena Ivanovna tentava di intercalarlo con il racconto di come mio padre trattava il personale di servizio, ma la figlia interrompeva la vecchia con vari stratagemmi. E così arrivò a raccontare che alla rappresentanza commerciale lavorava il cocchiere Anderson, portava la biancheria dall'Apollo alla via dei boulevard. I ragazzini amavano salire sul suo carrettino e lui li portava per via Albertsghatan. Ho chiesto: di che colore era il cavallo di Anderson? - Sauro - disse la vecchia, un sauro che si chiamava Kalle. Il giorno dopo partii per Mosca. Era l'inizio di febbraio. Faceva molto freddo. Stavo solo nello scompartimento e pensavo: "Lo strano è che tutto trova il suo posto all'interno del cerchio. Al principio c'era il cavallo e poi è ricomparso di nuovo, in modo inaspettato. E tutto il resto è nel mezzo". (1981; traduzione di Ljudmila Grieco) Per gentile concessione di "Rassegna Sovietica".

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