DISCUSSIONE nel dopoguerra). La seconda guerra fu, non meno della prima, uno scontro complesso fra diversi imperialismi; ma fu anche, in Europa, guerra di liberazione nazionale, guerra civile e guerra di classe. Nel nostro paese la rivolta, finalmente, dei subalterni contro il fascismo quale potere sopraffattore della borghesia si congiunse felicemente col sentimento di una ritrovata dignità nazionale nella resistenza agli occupanti tedeschi. L'alleanza contro il nazi-fascismo che fra mille contraddizioni e zig-zag si era andata formando negli anni trenta e durò nei quaranta si fondava nelle coscienze degli individui su motivazioni che oltrepassavano gli interessi particolari, le diverse fedi e l'appartenenza di classe. E tuttavia la componente della rivolta di classe è il nerbo della lotta di liberazione ed è quella che le attribuisce significato universale. La difesa della nazione si giustifica e torna attuale solo perché si fonde con la guerra civile che attraversa le nazioni e percorre l'Europa. La rivolta dei subalterni è il motivo profondo che non attiene al sapere delle élites ma alla gente comune e le restituisce una patria; e in qualche modo nega la soggiacente "realtà" dei rapporti fra i potenti e fra le potenze. Pur essendo il frutto di una alleanza interclassista, la Resistenza paradossalmente assume i caratteri di una rivoluzione. Dopo il '45 sotto la parvenza dell'accordo, o almeno del compromesso, la resistenza popolare si scontrò con la politica delle potenze, finché quest'ultima ebbe la meglio negli anni cinquanta. La cultura dell'emigrazione ha avuto la funzione positiva di trasmettere l'eredità della democrazia istituzionale; per il resto, si è fatta strumento e anzi soggetto attivo della politica delle potenze, quale interprete della già "borghesia nazionale" in corso di evoluzione in dirigenza periferica dell'impero d'Occidente.3 Tutto lo spazio del potere è concentrato nei due imperi. Col loro riferimento all'impero d'Oriente, anche i comunisti non seppero muoversi se non nel quadro della politica delle potenze4 - dove non ci si allontana dall'una se non entrando nella sfera dell'altra: a misura che si libera dalla sudditanza all'Oriente, il PCI s'impegna a provare da neofita volonteroso e subalterno la fedeltà all'Occidente. Si fa palese allora come oggi sia vietato formulare qualsiasi ipotesi alternativa al quadro costituito nel dopoguerra dalla cultura dell'emigrazione per conservare al potere le vecchie classi dirigenti e contro la carica di eversione portata dalla Resistenza. Fra queste ipotesi, assai pericolosa è quella di una coscienza nazionale italiana (o continentale europea) che metta in forse la dipendenza fuori discussione da uno dei due imperi. Infatti là dove la Resistenza antinazista fu guerra civile e la difesa della nazione tornò attuale perché legata alla rivolta dei subalterni, gli europei si trovarono inseriti nel grande movimento di liberazione delle classi e dei popoli che nel nostro secolo è la controcorrente fondamentale all'accentramento élitario e imperiale. Chiusa l'era del colonialismo, questo movimento prende forma anche nella resistenza all'alienazione imposta dalle metropoli e nella difesa dell'identità di ciascuno, come la storia lo ha conformato nell'ambito delle sue "patrie" di appartenenza - località, regione, nazione, continente. Con cura e insistenza i media trasmettono le immagini di strutture fisse, di modelli immutabili. Chiunque voglia spostare anche una sola componente di quelle strutture minacBibliotecaGino Bianco eia di far crollare l'intera costruzione. Per esempio a chi, europeo, è stato assegnato all'impero d'Occidente non è lecito dichiararsi mediterraneo piuttosto che atlantico. È il pericolo di un'infezione, come direbbe Noam Chomsky, che va bloccata prima che si estenda. L'eventuale legame coi popoli mediterranei sarebbe di straccioni con gli straccioni, conservatore contro la modernità, nostalgia del nazionalismo fascista. La solidarietà con le lotte dei popoli per l'indipendenza nazionale, intoccabile se espressa cinquant'anni fa in Etiopia dai colonialisti inglesi, espressa oggi in Palestina dagli italiani diventerebbe, si dice, connivenza coi terroristi arabi o levantini. Nota. Non per ingenuità ma per la scelta deliberata di evitare certi schemi limitativi ho ignorato in queste osservazioni le polemiche interne (repubblicani contro socialisti, ecc.) ai fini mediocri delle quali la corporazione politica strumentalizza tematiche di ben altro spessore. Pure per scelta deliberata ho fatto uso di concetti e termini fuori moda, quali "classe", "subalterni", "nemico di classe". I. "Ribelli" era il nome con cui allora si chiamavano - lo stesso loro attribuito dai fascisti di Salò e rovesciato in senso positivo. Il termine "partigiani" era scritto nei documenti ufficiali, e divenne di uso generale solo nel dopoguerra. 2. Di recente, nelle violenze esercitate dai tifosi di Liverpool sugli italiani a Bruxelles c'era anche la componente di disprezzo per questa gentaglia inferiore che sarebbero gli italiani, come ci spiegava un esponente della sinistra sindacale inglese. 3. Settori borghesi che intendevano seguire altre strade vennero bloccati senza complimenti. Vedi il "caso" Mattei. 4. Vie diverse seppero trovare partiti comunisti in altri paesi grandi e piccoli - Cina, Jugoslavia. IL LIBRODI EDOARDMAASI E I GUAIDELLASINISTRA Alfonso Berardinelli È strano: si può avere l'impressione che la Sinistra non faccia altro che discutere, che discuta ininterrottamentem che la discussione sia il suo pane quotidiano. Negli ultimi anni si è poi formata una vera e propria schiera o categoria di addetti permanenti e di specialisti della discussione. Noi italiani siamo degli ideologi e dei causidici nati. È anche per questo, credo, che il giornalismo di dibattito, di opinione e di commento ha toccato dei livelli produttivi mai raggiunti nei decenni precedenti. Eppure, se si prova ad uscire mentalmente dal circuito chiuso in cui si replica questo "effettodiscussione", ci si accorge che ben poco è stato detto e che a furia di autocoscienza la Sinistra ha perso da tempo ogni identità. Lo scopo realmente raggiunto da molte discussioni sembra anzitutto quello di esaurire il tema, di consumarlo e affogarlo nella noia. Per fare un solo esempio, il risultato più rilevante delle infinite, contorte e poco sincere discussioni sul terrorismo, è che queste discussioni sono diventate insopportabili e inascoltabili molto prima di aver fatto sufficiente luce sull'argomento. Confuso più che mai da tanto vaste e sottili disquisizioni, e in cerca di un'immagine semplice e chiara, qualche anno fa sognai questa scenetta: da un lato c'era il grifagno e allampanato "teorico" di Autonomia che insinuava con il suo sorrisino: "Do you remember revolution?", e dall'altra c'era una mia amica di "Quaderni piacentini" che voltandosi un po' schifata dall'altra parte rispondeva sarcasticamente: "Okei, Okei, come dicono gli
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