sono almeno quattro stili diversi: da conferenza, scientifico, lirico e monumentale. Lo stile della Stella, nella sua pluralità, è in un certo senso il Leitmotiv sotterraneo che percorre il libro come il suo fondamento e il suo orizzonte. In ciò tipicamente ebraica, la Stella non ha per nulla un procedimento lineare,"ma si sviluppa, per così dire, a spirale. I concetti e le immagini si accavallano e si respingono, l'esposizione di un problema si divarica in strade secondarie che conducono altrove e quasi si smarriscono per poi tornare di colpo, arricchite, al punto da cui avevano preso le mosse. La prosa ebraica non conosce la linearità dell'argomentazione greco-cristiana, ma si avvolge continuamente su se stessa, e soltanto in questo avvolgersi può esprimere la molteplicità del pensiero che vi soggiace. Dal Deuteronomio al Talmud ai libri di Lévinas, passando ànche per Rosenzweig, la contraddizione si accampa nel cuore del pensiero, ne è il motore interno, non vuole né può esserne eliminata. Il testo scritto diviene così la rappresentazione (e non la spiegazione) di una possibilità teorica che al proprio interno ne cova altre. Tipico a questo proposito è il procedere "all'indietro" della Stella: paradossalmente, soltanto l'ultima pagina permette di capire la prima, e ogni momento del pensiero si appoggia, per ciò in cui è valido, al momento successivo che, solo, lo può illuminare. Invece di piegarsi allo schema classico della ragione dimostrativa ("Se A, allora B"), Rosenzweig, nella costruzione di quel mosaico che è la Stella, preferisce rappresentare un concetto la cui fondazione (che non necessariamente è una giustificazione o una dimostrazione) proviene dal concetto successivo. In una serie di divaricazioni e di rimandi, di ripetizioni e di smarrimenti, la struttura della Stella è l'immagine (per la sua stessa natura incompiuta e "aperta") di quei "sentieri interrotti" (Holzwege) che Heidegger indicava come il luogo del filosofare: "Qui [nella Stella] una proposizione non deriva dalla precedente, ma, molto di più, da quella successiva". Rosenzweig non ricorre qui a un artificio stilistico o strutturale fine a se stesso, né ricerca l'originalità espositiva a tutti i costi. La forma filosofica riceve infatti una sua intrinseca necessità dall'andamento stesso del pensiero, dalle sue oscillazioni e dalla sua forma complessiva. Il pensiero della redenzione, che rifiuta la ricerca del fondamento ontologico, ravvisando nella metafora dello "ultimo giorno" la fonte del senso di ciò che è, impone una struttura formale che ne rispecchi l'immagine. L'attesa e la certezza del compimento della storia esigono che ogni concetto non ceda alla tentazione di voltarsi indietro, come Orfeo nell'Ade, ma prosegua verso la debole luce messianica cui allude ciò in cui è manchevole. Soltanto nel mondo redento, infatti, gli è dato di abbracciare Euridice. "Soltanto all'umanità redenta - scriveva Benjamin - tocca interamente il suo passato". La "filosofia come racconto" non è altro che lo scardinamento della forma filosofica tradizionale: mettendo in scena le cose, le fa essere nell'oceano profondo e allusivo della parola. LAPOLITICARIDEFINITA DI HANNAHARENDT CesarePianciola Il pensiero politico liberal-radicale di Hannah Arendt ha avuto un'influenza non trascurabile tra gli studenti americaBibliotecaGino Bianco DISCUSSIONE ni al tempo della ribellione nei campus universitari. Da noi il suo saggio filosofico fondamentale ( Vita activa del 1958, Bompiani 1964) non aveva avuto fortuna nemmeno tra gli addetti ai lavori, mentre Le origini del totalitarismo (1951, Comunità 1967) venne respinto da una cultura di sinistra urtata dall'accostamento tra fascismi e socialismi reali. Soltanto da qualche anno H. Arendt è stata riscoperta con un interesse crescente, anche a sinistra. Nel 1978 Bompiani ha ripubblicato nei tascabili i saggi sul totalitarismo; nel 1981 Lea Ritter Santini, una delle migliori conoscitrici della Arendt, ha curato per Il Mulino una bella raccolta di saggi (Il futuro alle spalle, su Heine, Kafka, Benjamin, Broch, Brecht e Chaplin); nel 1983 le edizioni di Comunità hanno tradotto l'importante studio Sulla rivoluzione (con un ampio saggio introduttivo di Renzo Zorzi). Nel settembre scorso, in occasione del decennale della scomparsa, l'Istituto filosofico di Napoli e la fondazione Gramsci le hanno dedicato un seminario (" Alphabeta" n. 74, dicembre 1985, ha pubblicato le comunicazioni di R. Esposito, A. Dal Lago, C. Galli, insieme ad alcune lettere del carteggio Arendt/ Jaspers uscito a Monaco da qualche mese). Infine Sugarco ha pubblicato sotto il titolo Politica e menzogna (citiamo d'ora in poi Vita activa con VA., Politica e menzogna con PM., Sulla rivoluzione con R., Il futuro alle spalle con FS). A riprova dell'attuale fortuna della Arendt il saggio centrale di Politica e menzogna è pubblicato contemporaneamente a cura di Teresa Serra (La disobbedienza civile e altri saggi, Giuffré, Milano 1985). Alcune delle citazioni che faremo sono tratte da questa traduzione, più precisa di quella di Sugarco, un 'intervista e tre saggi degli anni '70-'7 l, preceduti da un lungo studio di Paolo Flores d' Arcais. Facendo leva sulla compresenza in H. Arendt di motivi critici rispetto alle "democrazie realmente esistenti" e di un rifiuto radicale della tradizione marxista, Flores cerca di sistematizzare il suo pensiero filosofico-politico in un "esistenzialismo libertario" che dovrebbe rianimare il riformismo socialista. Impresa piuttosto azzardata se si tiene presente che la Arendt fu innanzi tutto un'intellettuale liberal nel senso più proprio, un'indipendente difficilmente riconducibile a un pensiero sistematico e a precisi confini di schieramento politico. E questo fa parte del suo fascino. Spazia in un'ampia produzione saggistica che poco si cura delle specialità accademiche, tra filosofia, letteratura, commento politico, sempre preoccupandosi di conservare un'autonomia di giudizio da scuole e partiti. La Arendt è interessante da leggere come un vasto campo di riflessioni talvolta paradossali, sempre acute, qualche volta anche contraddittorie: purché, come diceva Lessing, "siano pensieri in cui il lettore trovi materia per pensare da solo''. Lea Ritter Santini cita una dichiarazione illuminante della Arendt sul suo lavoro: "pensare senza balaustrata. In tedesco Denken ohne Geliinder. Se si va su e giù per le scale, si è sempre trattenuti dalla balaustrata, così non si può cadere. Ma noi abbiamo perduto la balaustrata. Questo mi sono detta. Ed è quello che cerco di fare" (FS., 49). Spesso H. Arendt nuota controcorrente e sembra trovare un criterio di validità del proprio pensiero nel fatto che urta pregiudizi e ovvietà sedimentate. Facciamo qualche esempio tratto dai saggi che compongono Politica e menzogna. Il primo articolo riguarda la pubblicazione dei Pentagon Papers commissionati da McNamara sulla guerra del Vietnam e resi pubblici dal New
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