Linea d'ombra - anno IV - n. 13 - febbraio 1986

34 "Giallis1e" celebri: Aga1ha Chrislie in un rilra/- 10 di Olive Sne/1e in una /010 degli ul!imi anni. BibliotecaGino Bianco Cosa stai producendo in questo momento? Da una parte sto finendo il mio ottavo giallo, dall'altra sto lavorando a un saggio, di cui non so ancora il titolo, sulla scrittura biografica e autobiografica. Le donne della mia generazione non hanno potuto dire la verità, né tanto meno scriverne. È per questo che oggi mi occupo di teoria del genere bio e autobiografico applicata alla vita delle donne, con tutto quello che ci sta dentro: matrimonio, amicizia tra donne, mariti e amanti, storie dell'infanzia. li tuo lavoro teorico, ma anche i tuoi gialli, sono dichiaratamente femministi, eppure parli della tua come di una generazione tagliatafuori dall'esperienza politica delle donne. Come è avvenuto il tuo coinvolgimento nel movimento? Direi molto semplicemente attraverso il movimento delle donne. Ho scritto molto su questioni femminili. E pensare che per moltissimi anni sono stata l'unica donna in tutti gli ambienti in cui mi trovavo. Il fatto stesso di esserci, e lo dico senza alcuna arroganza, era del tutto inusuale. Non è un caso infatti che praticamente tutte le donne della mia età che conosco siano decisamente ostili al femminismo. Come se se ne sentissero minacciate e ne avessero paura. Io lo aspettavo, il femminismo. Ero pronta. Una tappa importante è stata per me, molti anni fa, la lettura degli scritti di Betty Friedan e di li secondo sesso di Simone de Beauvoir. Di quest'ultimo allora non si poteva neppure dire in giro di averlo letto. Si veniva immediatamente accusate di invidia del pene, come se desiderare una testa pensante volesse dire volere il pene. Le donne della mia generazione, adulte nel secondo dopoguerra, si sposavano, andavano a vivere nei suburbs e facevano figli. Il loro tempo si consumava in casa con i bambini e l'unico uomo in circolazione era quello che portava il ricambio dei pannolini. Questa non poteva essere la mia vita, ma non ammettevo di essere catalogata come maschio mancato. Il testo della Friedan in particolare arrivò come un fatto liberatorio per molte donne che non accettavano di stare chiuse in casa in compagnia di un bimbo di tre anni. Fu un cambiamento improvviso, che rivoluzionò la vita di tante di noi che stavano finendo l'università. Cosa significa per te, oggi, essere femminista? Scrivere certi libri, tenere conferenze, far sentire la mia voce. Nell'84 sono stata presidente della Modem Language Association. Il mio lavoro è stato riconosciuto un po' dappertutto. Bene il mio lavoro io lo faccio in quanto donna. È un incoraggiamento per tutte le altre, non nel senso che se ci sono riuscita io ci può riuscire qualunque altra, ma perché io non ho dimenticato in nessuna occasione il mio essere donna. Poi scrivo e tengo corsi sul femminismo. Aiuto le mie studentesse, cerco di farle assumere, favorisco la loro stabilizzazione nell'ambito dell'università. Non è difficile come una volta, ma c'è ancora da lottare. La cosa principale è comunque per me che, anche quando faccio discorsi ufficiali come presidente della MLA, li faccio come donna, che si è sposata, ha avuto figli, ha un corpo non maschile. Ti garantisco che è scioccante. Cosa vuoi dire esattamente quando affermi "come donna"? È in questione il contenuto dei tuoi discorsi o il linguaggio? Il linguaggio, senza dubbio. Abbiamo creduto per troppo tempo alla cosiddetta neutralità della letteratura. O forse, sarebbe meglio dire, la neutralità si è affermata, perché le donne hanno accettato di imparare a parlare con la voce degli uomini. Ma qual è il modo femminile di parlare? Ammettere che non esiste una lingua neutrale. D'accordo, ma questo non è che un primo passo. Poi si tratta di inventare. Ed è molto duro. Le francesi, la Cixous in particolare, dicono di andare indietro al sistema dei segni. L'intero sistema simbolico è maschile e noi non possiamo usarlo così com'è. Dobbiamo cercare un nuovo linguaggio, che abbia a che vedere con la semiotica del corpo, dobbiamo forse davvero imparare "a parlare con il latte". Noi americane, sempre più pratiche, ci siamo poste il problema della riscrittura. Come ha fatto Virginia Woolf, stiamo lavorando attorno a esperimenti sintattici e lessicali che non assumano la voce maschile e non accettino di venirne definiti. In questa ricerca proprio un uomo, Derrida, ci è stato di grande aiuto. Ti assicuro comunque che già soltanto alzarsi e, come presidente della MLA, prendere la parola e dire "Io sono il presidente e sono una donna, ho vissuto una vita da donna" determina dei cambiamenti. Come ha detto così bene Hellen Spendler: "Essere donne, sposarsi, avere dei figli è fare l'esperienza di sprofondare in

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